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Saakashvili, Bush e Putin

Fa una certa impressione sentire il presidente Bush accusare l'ex grande amico Putin di aggressione contro la Georgia. Proprio lui che da anni conduce una sistematica occupazione militare di uno stato, l'IRAK, nel quale vuole stabilire la democrazia all'americana. Anche se, in effetti le motivazioni che hanno condotto alla morte di piu' di 4000 soldati americani e centinaia di migliaia di iracheni sono da ricercarsi nel controllo del secondo bacino petrolifero mondiale dopo l'Arabia Saudita, nell'avere vendicato il mancato assassinio di papa' da parte del dittatore Saddam Hussein, ma, soprattutto, nell'aver messo un piede in una regione da cui puo' controllare militarmente le mosse dell'odiato avversario iraniano e proteggere Israele.

L'invasione della Ossetia da parte dei tanks russi inviati da Putin a salvaguardia dei filorussi separatisti e l'ingresso in Georgia erano nell'aria da tempo e stupisce che le 'anime belle' in giro per il mondo si strappino adesso i capelli.

L'amministrazione Bush ha sostenuto con ogni mezzo il proprio uomo, il presidente Misha Saakashvili, laureato alla Columbia University, dottore in giurisprudenza (che in America e' un titolo di grande importanza), esperienza di alcuni anni presso una delle law firm piu' importanti d'America, poliglotta.

Il fatto che Saakashvili sia diventato uno dei piu' strenui sostenitori dell'ingresso della Georgia nella Nato rende evidente che era supportato dalla amministrazione Bush, che del resto non ha mai taciuto pubblicamente il suo appoggio alla causa di questo statista.

A questo punto mettiamoci nei panni di Putin, ex direttore del KGB ed uno da sempre abituato a lisciarsi il pelo sullo stomaco. Putin sopporta malamente la presenza di un piccolo stato indipendente ai confini con la Russia, che, oltretutto, controlla una regione l'Ossetia che si considera russa e non georgiana al punto di avere armato le sue milizie grazie al sostegno dei parenti russi.

Si aggiunga che attraverso la Georgia scorre un fiume di petrolio attraverso l'oleodotto che raggiunge la Turchia e lascia fuori la Russia.

Nato, petrolio e separatismo. Questi gli ingredienti alla base dell'azione militare di Putin. Agevolata dalla miopia diplomatica di Bush che chissa' cosa voleva ottenere dando un appoggio incondizionato al suo uomo a Tbilisi. Trascurando oltretutto i ripetuti ammonimenti di Putin.

Putin ritira ora le sue truppe, ma il messaggio lanciato alla Georgia ed alle altre repubbliche islamiche della ex Unione Sovietica e' univoco.

Quanto ai morti innocenti degli scontri in Georgia ci auguriamo che quelli che protestano per i monaci buddisti del Tibet, si armino di striscioni e pennelli per protestare contro l'orso russo che sembra avere perso il pelo ma non il vizio.
Ricordare la teoria di Breznev della 'sovranita' limitata' degli stati satelliti dell'Unione Sovietica.

Quanto all'America la mossa di Putin ha ridato fiato al candidato repubblicano McCain e a tutti gli estremisti di destra, mentre ha messo in difficolta' il democratico Obama da sempre assertore dell'utilizzo della diplomazia al posto dei cannoni.

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