Translate

Ci vorrebbe un marziano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 Il Paese dell’indifferenza                       

 Il senso civico  che gli italiani non hanno

 

E’ il 1954 quando Ennio Flaiano, gran liberale e soprattutto maestro come pochi di satira di costume e di rigore morale in un Paese che si preoccupava già allora di tutt’altro, dà alle stampe un  racconto: Un marziano a Roma, destinato a diventare celebre.

Un racconto che contiene in sé forse l’intera sua opera, fatta di narrazione ingegnosa, sarcasmo, aforismi che non si lasciano dimenticare, battute fulminee e lucido dolente pessimismo. E che diventa subito celebre perché riesce a rappresentare in modo impareggiabile quel cancro dell’indifferenza, della paura del cambiamento e quel non senso della cosa pubblica che esprime fin da allora il carattere nazionale italiano.

La storia che vi si narra è semplice e diretta: è il 12 ottobre del ’54 quando a Roma, a Villa Borghese, nel prato del galoppatoio, scende con la sua aeronave un marziano. Tutta la popolazione, appresa la notizia, si riversa al centro della città come un fiume in piena, in preda a una curiosità “mista in tutti – scrive Flaiano – ad una speranza che poteva sembrare assurda ieri e che di ora in ora si va invece facendo più viva. La speranza ‘che tutto cambierà’”.

Il 15 ottobre quel fiume scorre ancora per Roma e le persone sembrano come formiche impazzite, cercano un amico al quale comunicare la loro felicità e ogni cosa – annota Flaiano – appare in una nuova dimensione: “Quale il nostro futuro? Potremo allungare la nostra vita, combattere le malattie, evitare le guerre, dare pane a tutti? … Sentiamo che qualcosa di nuovo si prepara. Non è la fine del mondo, ma il principio del mondo”.

Poi, dopo che il marziano, di nome Kunt, sarà stato ricevuto dalle massime autorità istituzionali, politiche e religiose, invitato a ogni genere di manifestazione e fotografato e ripreso in tutti i modi possibili, incomincia a manifestarsi intorno a lui una più calma curiosità, via via degenerante in indifferenza – “ma che è venuto a fare?!” – fino a venir inesorabilmente fagocitato, il nostro Kunt, dalla banalità e normalità della vita quotidiana. E a nulla serve che, per attrarre un po’ di attenzione, dica a un certo punto a chi l’incontra, puntandosi il dito sul petto: “Io, marziano!”.

Arriviamo al 6 gennaio, ultimo giorno del diario-racconto, sono trascorse anche le feste natalizie, è notte, e Kunt, sempre più sconsolato e solo, viene anche ripetutamente spernacchiato “da un suono lungo, straziante, plebeo” proveniente naturalmente dall’oscurità, mentre sta attraversando via Veneto per raggiungere il luogo dov’è la sua aeronave. Sopra le chiome dei pini di Villa Borghese brilla il rosso puntino di Marte. Kunt si ferma a guardarlo (meditando certamente di ripartire al più presto).

Non ci sono a mio avviso molte altre storie capaci di raccontare con tanto psicologico sarcasmo come, in fondo, siamo fatti (ora come allora) noi romani, noi italiani, insomma, noi: indifferenti nel nostro animo più nascosto, capaci di digerire tutto, di appiattire qualsiasi novità e diversità, con un senso innato della caducità delle cose ma condito con l’ignoranza civica popolare, privi come nazione di una filosofia civile superiore a ogni altra manchevolezza. Privi di una vera e propria “religione civile”, come la definisce il teologo Vito Mancuso, capace di legare responsabilmente l’individuo alla società e che in Italia, a differenza degli altri paesi occidentali, manca del tutto ed è questo il suo problema più grave.

Il nostro non è un paese - scrive Giampaolo Visetti nel suo ultimo bellissimo libro-viaggio Ex Italia, edizioni Baldini Castoldi Dalai -  ma “un Paese di paesi”, che coabitano sotto lo stesso tetto, nello stesso spazio, ma che sono in realtà una collezione di contesti e di realtà locali di cui è difficile trovare il denominatore comune.

Tante identità e tante realtà locali – municipali, provinciali, regionali – così marcate e dotate di tradizioni storico-culturali e socio-economiche così diverse, che ci vorrebbe un marziano

per tenerle tutte insieme, io credo.

Ma che cosa penserebbe questo marziano se, atterrando di nuovo a Roma dopo 55 anni, sempre a Villa Borghese (il galoppatoio del resto è sempre là), s’imbattesse in questa Italia di oggi?

L’atterraggio dell’astronave produrrebbe senz’altro lo stesso spavento, poi stupore, poi impazzimento della gente, che si riverserebbe di certo ancora a fiumi verso il centro, con la differenza – questa si – di un più caotico gigantesco ingorgo di tutto il traffico, dovuto al centuplicarsi dei mezzi di trasporto rispetto a 55 anni fa. L’effetto mediatico dell’evento, considerato lo sviluppo e il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione di massa in questi anni, sarebbe poi incalcolabile e non vi sarebbe momento o gesto della sua presenza che non verrebbe subito captato e mandato in onda, discusso e commentato, sviscerato e rimandato in onda.

L’enorme potenziale mediatico dell’evento non farebbe poi mai perdere l’occasione al Presidente del Consiglio italiano (si chiama Berlusconi) di raggiungere, tra i primi, l’ospite di un altro pianeta, per accoglierlo con il miglior sorriso, invitarlo a Palazzo Chigi (non gli parrebbe opportuno infatti, per il momento e per rispetto del senso dello Stato, ospitarlo in Sardegna a Villa Certosa) e per rilasciare infine la seguente dichiarazione: “Anche io in fondo sono un ‘marziano’ nel mio Paese”.

 

In quale paese democratico del mondo, infatti, il sistema politico è fondato su un partito – che è anche il partito di maggioranza – fondato su una sola persona?. Un partito che non prevede  congressi elettivi, che non ha dibattito interno, che non produce di conseguenza ricambio di classe dirigente e persegue come unico sistema di selezione quello della cooptazione e della fedeltà al capo?

In quale paese democratico occidentale il Governo esautora ogni giorno il Parlamento, imbavaglia la stampa e la tv, ponendole per di più “al servizio” non di un progetto politico di interesse generale, ma di interessi personali?

E ancora, in quale paese democratico del mondo vengono approvate leggi a colpi di decreti o a colpi di una maggioranza cortigiana (fra poco toccherà a quella sulle intercettazioni, rigettata in extremis dal Presidente Napolitano per palese incostituzionalità), leggi “ad personam” finalizzate esclusivamente a tutelare l’incolumità giudiziaria del premier?

Il nostro marziano - membro di una civiltà superiore capace di viaggiare oltre il tempo e lo spazio e quindi sicuramente ben documentato sul paese in cui ha scelto di atterrare, sarebbe probabilmente informato anche sull’imbarbarimento politico e culturale presente oggi in Italia, che si manifesta col populismo e con molta virulenza. Ma probabilmente, come già il Presidente Obama a L’Aquila, non mancherebbe di diplomazia, e per non guastare i rapporti interplanetari appena intrapresi  tra Marte e il Popolo delle Libertà, si limiterebbe a proporre al premier Berlusconi di ricambiargli appena possibile la visita, per un soggiorno sul Pianeta rosso (ma non comunista, specificherebbe subito) foriero di scambi galattici di nuovi prodotti, di nuove tecnologie e anche di nuove serie di fiction Tv su amori stellari, destinate queste ultime al pianeta  Mediaset. Intorno al quale, il marziano apprenderebbe certamente prima di partire, il satellite Italia gira da quasi un ventennio (un dato che sconfessando Copernico, riabilita dopo molto tempo sia Tolomeo, sia Dell’Utri, che di Mediaset è il  creatore). Questo farebbe probabilmente  il marziano.

E gli italiani? Che cosa faranno invece gli italiani per evitare che il proprio Paese rimanga – come la Birmania - un Paese “a sovranità limitata”?

Gli italiani preferiscono non schierarsi…, “non essere”, convivere con il potere per far tranquillamente carriera. Meglio stare coperti, apatici, mostrarsi affidabili.

E’ solo così, con l’eutanasia delle passioni e delle ragioni, che può proliferare il berlusconismo, un cancro che ha trovato un ambiente perfettamente favorevole al suo sviluppo – esattamente come il fascismo - in un tratto permanente della società italiana: la sua anima demagogica e populista, plebiscitaria e autoritaria, antiparlamentare. Un tratto congenito che sembra per alcuni periodi sparire e che in determinati momenti riemerge in tutta la sua pericolosità, oggi amplificato dai mass media.

E allora non c’è niente altro da fare, nessun’altra speranza: ci vorrebbe un marziano. Solo un marziano potrebbe portarsi via Berlusconi  (parlo naturalmente di una visita di stato), metterlo in  orbita nel sistema planetario di un altro sole lontano - un pianeta che potremmo chiamare simbolicamente Escort (che in inglese, ironia della sorte, oltre che accompagnatore-trice, significa anche “Cavaliere”) - fino a una lieta conclusione dei suoi giorni.

Staccati per sempre dal “cordone” del loro capo, anche i suoi cortigiani-baccelli sparirebbero per sempre.

Amici marziani! Per favore, aiutateci dove gli italiani non sanno, non vogliono fare. Portatevelo via,  sparatecelo fuori!

 

 

 

                                                                                          Alessandro Petti

 

 

 

No comments:

Post a Comment