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DITTATURA A RETI UNIFICATE

Riceviamo dal Dr. Petti e volentieri pubblichiamo

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L’80% degli italiani si informa solo attraverso la TV

Riusciranno i nostri italiani a riaccendersi la testa?

Si, è veramente accaduto! E non è una storia raccontata e deformata dalla solita prevenuta e faziosa sinistra italiana. Una menzogna insomma dell’opposizione. E’ realmente accaduto che martedì 15 settembre 2009, una data storica da mandare bene a memoria, 13 milioni di italiani - seduti davanti alla TV per assistere a reti praticamente unificate al messaggio di Berlusconi “ospite” del salotto buono di Bruno Vespa - questa volta non abbiano capito niente di quel che stava dicendo! Non siano riusciti proprio a capire di che cosa stesse mai parlando, contro chi ce l’avesse, perché fosse tanto infuriato, si agitasse e – diciamolo – si mostrasse anche un pò isterico il nostro premier!

Dalla TV, prima di allora, non avevano saputo nulla di quelle cose, nessun giornalista televisivo, sia dei canali della RAI (con una sola eccezione, quindi passata sotto silenzio) sia di Mediast, gli aveva mai raccontato alcunché degli indicibili guai di cui Berlusconi stava in quel momento parlando, per i quali si stava infuriando: festini con compiacenti signorine vestite rigorosamente di nero – maggiorenni e pare anche minorenni - organizzati presso la sua residenza romana; frequentazioni di personaggi perlomeno discussi che gli avrebbero a ripetizione procacciato donnine e piaceri vari anche presso la sua residenza estiva; aerei di Stato utilizzati per tasportarle nel suo harem sardo, e così via.

Ma di che cosa diamine stava parlando? Ma come è stato possibile che la fida televisione non li avesse informati di tutte queste storie?

E così è effettivamente accaduto che chi di Tv aveva ferito, di Tv, quella sera indimenticabile, sia perito! Per aver parlato in TV di questi guai ad un pubblico incredulo e impreparato, che proprio lui Berlusconi aveva impedito venisse dalla TV informato. Imponendo un silenzio a reti unificate circa tutte le critiche gli erano state mosse sui suoi discutibili comportamenti privati e pubblici, censurati tanto dalla pubblica opinione e stampa internazionale, quanto dalla Chiesa italiana stessa.

E così è accaduto che proprio larga parte di quel “suo” pubblico, non capendoci un bel niente di ciò che stava dicendo e sentendolo ossessivamente sbraitare di queste cose, si sia infine annoiato e abbia cambiato canale, per distrarsi chi con una fiction, chi con una partita di calcio.

Si, è veramente accaduto che il grande Comunicatore quella sera non sia riuscito a comunicare, ed è soprattutto accaduto che, proprio lui …, sia stato spento!

Spento da quell’80% di italiani che per informarsi si affida solo alla TV, un intero popolo che vive in uno stato di “autarchia mediatica” - come la definisce Nadia Urbinati, una delle tante intelligenze italiane emigrate negli USA - chiuso al mondo del suo Paese e a ciò che del suo Paese il mondo dice e scrive. E così definisce la situazione italiana sempre la Urbinati in uno splendido articolo su “La Repubblica” del 5 settembre u.s.: “Berlusconi considera e tratta l’Italia come il suo cortile di casa: con collaboratori domestici o addomesticati che si preoccupano di allontanare ogni sospetto di dissenso, che confezionano notizie con lo scopo di nascondere la verità ai cittadini e passano leggi per accomodare il diritto alle necessità del premier; con intrattenitori e intrattenitrici che rallegrano la sua vita; con ministri che come ‘visir’ sfornano politiche che falcidiano la cosa pubblica, dalla scuola alla sanità, e dirottano risorse non si sa bene dove e per fare che cosa. Perché tutto questo si tenga, il dissenso deve essere azzerato con tutti i mezzi: dal mercato alle strategie intimidatorie. L’obiettivo è terrorizzare e ridurre al silenzio chi pensa liberamente per infine circondarsi di yes men e yes women. Che sia un segno di impotenza – conclude la politologa – invece che di forza è evidente, tuttavia per chi tiene ai diritti e alla libertà gli effetti di questo potere di dominio sono disastrosi”.

Ma dove sono finiti, ma come possono stare in silenzio, i molti liberali - presenti anche nel Pdl - convinti che i diritti di libertà siano un bene prezioso che non può essere sacrificato a nessuna maggioranza? O siamo piuttosto in presenza proprio di una dittatura della maggioranza?

Insomma, un Paese che tollera una dittatura televisiva a reti unificate può ancora considerarsi una vera democrazia?

Berlusconi conosce perfettamente una verità: la TV è ormai il luogo centrale dove si fa la politica. Ma che diamine di democrazia è quella dove il “luogo” della politica è di proprietà del leader del partito di maggioranza, che è anche Presidente del Consiglio?

Io amo i miei diritti, amo lo stato dei diritti, amo lo Stato di diritto. E penso che in una democrazia il mandato popolare legittimamente ricevuto con le elezioni non possa mai legittimare una qualsiasi forzatura al sistema di diritti, di principi e valori sui quali si regge la democrazia stessa.

Questa forzatura è in corso ed è il prodotto del Berlusconismo e della sua corte serva e obbediente che ci governa, “forma degenerata e degenerativa del bipolarismo” secondo Massimo Giannini.

Se un uomo del genere danneggia costantemente l’immagine del nostro Paese e toglie dignità alle istituzioni, se tutto ciò può accadere nella generale indifferenza, se può avvenire - senza incontrare alcuna vera opposizione - che venga demolito il sistema democratico liberale e lo stato di diritto, fondato sulla separazione dei poteri e sulle istituzioni di garanzia che ne sono la più alta espressione, allora è proprio vero che ogni Paese ha la classe dirigente che si merita.

C’è in Italia un grande problema di rinnovamento della classe dirigente e ci sarebbe davvero un gran bisogno di una generazione nuova. E di una politica che, andando tra la gente ed ascoltando la gente, torni poi nelle stanze delle decisioni e decida.

Ha scritto Alastair Campbell, uno degli uomini che più hanno contribuito al successo della lunghissima esperienza di governo del premier inglese Tony Blair, sulla situazione italiana: “Troppi politici parlano una lingua diversa dai loro elettori, quella delle élite. L’interlocutore principale invece non dovrebbe essere la classe politica o i media, ma l’opinione pubblica”. E ancora: “La chiave è rendere i dibattiti che si sviluppano nei partiti di interesse per la gente, per i non addetti ai lavori, e non solo fonte di infinito fascino e introspezione per la ristretta cerchia della classe politica…La strategia vincente è concentrarsi sulle questioni strategiche importanti, conquistando consenso politico e sostegno alla loro realizzazione. La tattica, quella di studiare il modo di comunicare adeguatamente al pubblico la strategia e le sue implicazioni politiche”. “Solo concentrandosi sulla strategia e sul lungo termine – sottolinea Campbell – si possono prendere le decisioni giuste giorno per giorno nel gestire il rapporto coi media. Si tratta della lente attraverso cui la gente guarda la politica. Se la lente è creata dai media o dagli avversari politici, non sarà quella desiderata. Createne quindi una vostra, e non smettete di graduarla”…

Povera Italia! Quanto siamo distanti da tutto questo!

Immaginiamo allora, per darci una speranza - noi che siamo testardi e liberali, che non vogliamo arrenderci e che non vogliamo diventare né cortigiani, né baccelli del cancro populista berlusconiano - una possibile via di salvezza. Proviamoci, almeno!

Sappiamo che il potere degli apparati viene meno quando i cittadini rivendicano la loro sovranità e decidono di esercitare attivamente il loro diritto di partecipare. In questo stesso momento crollano il qualunquismo e il populismo, che sono il prodotto della cattiva politica e dei suoi apparati.

Se, contro la dittatura televisiva a reti unificate impostaci dal regime oggi al potere. Se, contro l’arroganza di un potere sguaiato e privo di cultura politica, che vede il prevalere dell’ingiustizia sulla giustizia, la gente, noi cittadini, noi, riprendiamo fiducia nelle nostre capacità e nei nostri diritti. E se la politica che deve rappresentare questo interesse generale si fa carico di rimettere in moto un movimento civile di opinione che chieda “a voce alta” giustizia, libertà di stampa, trasparenza, rispetto dei diritti, se, se, se, se…, allora forse sarà possibile rimetterlo in moto questo nostro addormentato, docile, furbetto e un po’ codardo Paese.

C’è scritto nella nostra Costituzione.

Alessandro Petti

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