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Dalla Loggia “P2” al Comitato “P3”

Il nostro Lettore Alessandro Petti (Roma) ci invia questa riflessione
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Ieri e oggi
“AUTOBIOGRAFIA DI UNA NAZIONE”

Rimettendo un po’ d’ordine nella documentazione storico politica del mio studio, mi è ricapitata tra le mani un’intervista rilasciata (settembre 2003) a “La Repubblica” da Licio Gelli, gran capo e burattinaio – ricorderete - della Loggia massonica segreta denominata “P2”. Una struttura che dalla Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da Tina Anselmi, fu definita come uno dei pericoli più gravi attraversati dalla democrazia italiana.
Tra mandati di cattura, il primo è del 1981, arresti, latitanze, estradizioni e nuovi arresti, il “venerabile maestro” così si racconta in quell’intervista di sette anni fa: “Guardo il Paese, leggo i giornali, e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la TV, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa”.
Nel Piano di Rinascita scritto da Gelli – formatosi, è bene ricordare, nell’humus peronista, demagogico, populista, autoritario e giustizialista dell’Argentina degli anni ‘50 e poi ‘70 – si trova ancora più chiaramente scritto: “ Dissolvere la Rai-tv in nome della libertà di antenna, impiantare tv via cavo a catena in modo controllare la pubblica opinione media nel vivo del paese”. E, quanto ai tempi e alla possibilità di realizzo di quel piano: “Qualora le circostanze permettessero di contare sull’ascesa di un uomo politico (o di una equipe) già in sintonia con lo spirito del club e con le sue idee di ‘ripresa democratica’ è chiaro che i tempi dei procedimenti riceverebbero una forte accelerazione”.

Viene la pelle d’oca. Quell’accelerazione nefasta si è infatti verificata e chi ha condiviso quel progetto è oggi alla guida del paese. Quell’uomo politico tanto atteso è Silvio Berlusconi, affiliato alla Loggia P2, e nessuno delle centinaia di affiliati alla sua corte - o equipe come la definisce Gelli - si è mai pentito (vedi tra i tanti Fabrizio Cicchitto, attuale Presidente del gruppo PDL alla Camera dei Deputati. Unica eccezione: Maurizio Costanzo).
“Berlusconi è un uomo al di fuori del comune – sottolinea nell’intervista Gelli -. Ricordo bene che già allora, ai tempi dei nostri primi incontri, aveva questa caratteristica: sapeva realizzare i suoi progetti. Un uomo del fare. Di questo c’è bisogno in Italia: non di parole, di azioni”.

Tanto “uomo del fare” da aver realizzato in tre mandati di governo – e nell’ultimo con una trionfale maggioranza, di cui parlerò tra breve – un abuso dello Stato e del Parlamento, per portare avanti interessi personali, che non ha pari nelle democrazie del mondo. Un “uomo del fare” che amministra il paese col più alto debito pubblico d’Europa ed è tra quelli che meno investono nell’istruzione e nella ricerca, costringendo i suoi giovani e i suoi talenti ad espatriare. Un primo cittadino che, facendo tesoro degli insegnamenti appunto di Gelli, controlla l’80% dei media televisivi nazionali: un indice non certo né di modernità, né di democrazia, ma di arretratezza.
Che “imprenditore” può essere mai e come può parlare di mercato e competitività un “uomo del fare” la cui Azienda, pagando solo 30 milioni di euro di diritti per le concessioni tv, beneficia di utili per 4 miliardi di euro?
Ma si illude – scrive Curzio Maltese in “La bolla. La pericolosa fine del sogno berlusconiano”, Feltrinelli – chi pensa che tutto si risolverà con la fine di Berlusconi, magari accelerata dagli scandali e perfino dallo sfrontato, e speriamo non impunito, aggiornamento della P2 in una più “moderna” P3, cioè in un nuovo Comitato segreto d’affari, vietato dalla Costituzione italiana.
Come si illudeva che bastasse mandare in galera o ad Hammamet qualche leader corrotto per sanare la nostra Repubblica.
L’egemonia berlusconiana – scrive ancora Maltese – ha agito in questi anni profondamente nella società, svuotando a poco a poco le istituzioni democratiche e attaccando sistematicamente gli organi di garanzia preposti alla compensazione dei poteri e alla vita stessa dello stato di diritto, dei diritti cioè di tutti noi cittadini. Ha snervato il parlamento, la magistratura, l’informazione e la scuola. “Un vero collasso culturale”, lo definisce acutamente Maltese.
L’egemonia berlusconiana ha significato il trionfo del populismo, che è base di ogni fascismo, e il populismo abolisce la complessità, vive di certezze, di controllo dell’informazione. “E’ una sequela infinita di progrom contro l’ebreo di turno: … gli immigrati, i magistrati, i giornalisti disfattisti, gli insegnanti, i ‘fannulloni’, i cattolici dissidenti e così via… ed è questo che colpisce all’estero: non tanto le vicende di Berlusconi, quanto la regressione dell’Italia intera in una visione premoderna”.
Ma, oltre alla debolezza delle nostre istituzioni, che hanno consentito che ciò avvenisse, sono gli italiani i veri protagonisti di ciò che è accaduto e ci sta ancora accadendo. Se infatti per far carriera in qualunque campo la strada principale mostrata non è quella del merito e delle competenze ma quella della corruzione, non c’è da stupirsi allora se gli italiani eleggono alla guida del loro paese il maestro di questa “arte”.
Il berlusconismo cioè siamo noi, riprendendo il celebre paradigma di Piero Gobetti. Secondo il quale il fascismo era l’ “autobiografia di una nazione”. Una nazione che non riesce a liberarsi da patologie, inclinazioni, comportamenti che partono da lontano e verso i quali dimostra di non trovare più anticorpi, come sosteneva Sylos Labini. Un certo modo di essere italiani che attraversa costantemente la storia del nostro paese. E chiama in causa anche l’incapacità delle opposizioni di costruire e promuovere modelli alternativi e una vera e propria “resistenza” culturale.

Ieri e oggi. Ieri, il Piano di Rinascita di Gelli, oggi, la nuova P2 (la P3) guidata da “Cesare” – nome ancora in codice del suo capo – e dalla sua equipe, parte della quale dimissionaria dal governo o finita in galera.
Cominciò in un clima argentino circa quarant’anni fa. Mi auguro che non finisca con un disastro argentino. Come quello, ad esempio, che ci ha mostrato Nanni Moretti nel finale del suo bellissimo film “Il Caimano”.


Alessandro Petti

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Commento di Roberto Cirimbelli

Sono anni che mi logoro e mi arrovello il cervello ragionando, dibattendo anche vivacemente, che il problema non è Berlusoni in sè, ma parafrasando Giorgio Gaber, è il Berlusoconi in me, ossia gli italiani.
Che indignazione!!!
Ti abbraccio con solido affetto.

roberto

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Commento di Maurizio Volkhart

Carissimo Oscar,
che tristezza leggere le tue righe (non sono l'autore anche se condivido, ndr). I difetti di molti italiani li conosciamo bene sia tu che io. Ma come fai a prendere a modello Curzio Maltese? Lo conosco bene, fin dai suoi inizi a " la Stampa" di Torino. Adesso e' alla corte di Carlo Debenedetti ed e' giusto che sia così. A me viene l'orticaria solo a vedere l'intestazione di " la Repubblica", figurati i contenuti vari. Capisco che chi ha in odio Berlusconi si attacchi a qualsiasi cosa, ma c'e' un limite o e' sufficiente un qualsiasi Travaglio o Curzio Maltese per essere considerato un oracolo solo perché randella Berlusconi? Io, questa volta non sono proprio d'accordo con te. Ti voglio bene comunque.
Maurizio.

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