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Il nostro 11 settembre del 2001



Dopo la chiusura del discorso del Presidente a Camere riunite, si e' diffusa la voce che un tentativo 'attendibile' di attacco terroristico era sotto investigazione. La notizia ha ripiombato i cittadini di Washington e New York nella plumbea atmosfera che ha caratterizzato la fine del 2001 e l'anno seguente. E che sembrava essersi dissolta per sempre. Quella maledetta mattina ero al computer, quando sono stato raggiunto da una telefonata. Era mio figlio Marco che stava andando con il suo Durango al Campus di AOL dove lavorava. "Papa', mi dice, la radio informa che un aereo si e' infilato dentro una delle torri gemelle. Forse si tratta di un piccolo aereo, un Cesna o qualcosa di simile." Ho acceso la televisione. Ed ho assistito in diretta al piu' veritiero film dell'orrore. Tutto sembrava consueto e gia' visto, ammaestrati come siamo al cinema dei disastri holywooddiani. I grattacieli che crollano, le immense nubi di polvere e detriti, la gente che corre trafelata, gli occhi sbarrati, sporchi di cenere, cercando di mettersi in salvo, i poliziotti che non sanno cosa fare, i pompieri che corrono a salvare qualcuno, ma corrono verso la morte certa. E insieme a noi stavano davanti ai televisori quei 90 del Pentagono, alcuni dei quali hanno chiamato al telefono i familiari prima di essere vaporizzati dall'aereo che ha perforato i cinque anelli della fortezza. Mia moglie era in Italia insieme all'altro figlio. Marco mi ha chiamato di nuovo: era bloccato e non sapeva quando e come sarebbe tornato a casa. Washington era una citta' in delirio, strade deserte solcate da decine di ambulanze carri dei vigili del fuoco, sirene , nessuna notizia del Presidente Bush, migliaia di passeggeri bloccati negli aeroporti, i telefoni che ormai non funzionavano. E la televisione che continuava a scandire e ripetere sino all'ossessione le scene gia' imparate a memoria della tragedia delle Torri e del Pentagono, l'immagine di quelli che decidevano di mettere fine al tormento gettandosi dalle finestre. E' facile dire che tutto si dimentica. Certe immagini rimangono scolpite a fuoco nella memoria e si riaffacciano come incubi notturni. Da allora tutto e' cambiato nelle nostre vite di americani. La sfera della nostra autonomia e della nostra liberta' ha subito pesanti limitazioni. Al controllo prima del volo accettiamo ormai rassegnati ogni indagine, anche le piu' scabrose, perche' ci auguriamo che siano utili a identificare e sconfiggere il potenziale demonio terrorista. E nonostante il nostro antico liberalismo ci sorprendiamo a osservare con preoccupazione un turbante, un velo, una fisionomia olivastra , una barba che ci insospettisce. E proviamo poi un brivido di orrore perche' epidermicamente ci siamo scoperti razzisti.

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