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Autoblu, New York e la retorica europeista



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                                                                                               di Guido Colomba

(The Financial Review n 797) La foto dell'anno e' rappresentata dal sindaco di New York, Bill De Blasio che, accompagnato dalla moglie e dai due figli, ha preso la metropolitana per andare a giurare. Pochi giorni prima, i giornali italiani hanno diffuso la foto della piazza del Quirinale affollata di auto blu (con relativi autisti) in occasione della giornata degli auguri tra Napolitano e le cariche dello Stato. Un confronto inequivocabile. Eppure gli Stati Uniti sono in forte ripresa (Pil +4,1%) mentre l'Italia ha perso in sette anni di crisi un decimo del PIl, il 25% della produzione con oltre un milione e duecentomila nuovi disoccupati. Non e' questione di antipolitica ma di fatti che suscitano una forte rabbia tra gli italiani. Invece di ridurre la macchina dello Stato (le 8100 aziende municipali da sole producono 23 miliardi di deficit all'anno) per favorire gli investimenti, la spesa pubblica e' aumentata tanto che, nonostante la crisi, il fabbisogno dello Stato nel 2013 e' peggiorato di altri 30 miliardi portando lo stock del debito al 134% del Pil. Nel frattempo il fisco ha colpito le imprese portando il total tax rate al 65,8%, un record per tutto il mondo occidentale. A sua volta il peso fiscale sul lavoro (contributi compresi) e' salito al 42,3% (secondi dopo il Belgio). Ecco perche' l'arrivo sulla scena politica di Matteo Renzi sta terremotando tutte le previsioni. Il neosegretario PD e' anche fortunato poiche' il suo annunciato 'job act' potrebbe coincidere con il recente esempio inglese. In soli tre anni il governo di Londra ha ridotto la spesa pubblica di 16,6 miliardi di euro con il risultato di un forte calo della disoccupazione scesa al 7,6% (il piu' basso livello da cinque anni) con un mercato del lavoro salito dal 70% al 72% riassorbendo buona parte dei 400mila statali licenziati. Il premier Cameron traduce questi risultati in una ricetta di politica economica: "Abbiamo ripreso a crescere voltando le spalle a chi voleva piu' spesa pubblica e piu debito" con chiara allusione a Francia e Italia che hanno pareggiato i conti solo con maggiori tasse. L'economista Giavazzi sul "Corriere" ha contestato il falso mito del 3% del debito imposto da Bruxelles, proponendo una ricetta espansiva basata su una riduzione immediata di 23 miliardi sul costo del lavoro (portandolo cosi' a lilvello tedesco) insieme a tagli graduali (triennali) sulla spesa pubblica. Chiaramente, ragiona Giavazzi, superando il 3% del deficit di bilancio saremmo sottoposti alle verifiche e ai controlli di Bruxelles. Basta ricordare che la Spagna ha accettato senza drammi questi controlli, ha chiesto e ottenuto prestiti per 40 miliardi ed ha potuto pagare i debiti della PA verso le imprese, rimettendo in moto le banche, l'economia e l'occupazione. L'Italia non ha chiesto aiuti speciali ma non ha ancora rimborsato i debiti verso le imprese (stimati tra 90 e 110 miliardi) se non in minima parte (16 miliardi) peraltro utilizzando generose anticipazioni della Cassa Depositi e Prestiti. Le dimissioni del viceministro dell'Economia Fassina riflettono l'attuale netto contrasto. Renzi vuole uscire dal "modello CGIL" che ha fin qui dominato la politica economica italiana. Appena ieri la Camusso, segretario CGIL, ha nuovamente chiesto un intervento tampone di 1,3 miliardi per l'emergenza occupazionale. E' l'ennesima richiesta di interventi a pioggia che hanno portato l'Italia al collasso del debito. IL governo guidato da Enrico Letta ha finora avallato questa politica aumentando la tassazione sui pensionati e sulla casa (la mini Imu e' tornata per dare piu' soldi ai comuni..). Non a caso Fassina aveva ottenuto lo scorso ottobre le deleghe per il varo del DEF e della legge di stabilita', inserendo le molte spese a pioggia, rifiutando la logica delle privatizzazioni, bloccando sul nascere il tentativo di utilizzare la spending review e la lotta all'evasione per finanziare la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. Una politica economica, guarda caso, condivisa dal ministro Saccomanni che nel giugno scorso si affretto' a sostenere che "non erano rinvenibili tagli di spesa pubblica". C'e' da domandarsi se la Banca d'Italia sia veramente "indipendente" dalla politica. Il pasticcio creato con la rivalutazione a 7,5 miliardi del proprio capitale, effettuato con un parere di un comitato interno che ha inviato la delibera con soli cinque giorni di anticipo alla Bce, suscita piu' di un dubbio. Di certo, non sorprende il conflitto tra Renzi e Fassina che rappresenta il primo passo verso quella "svolta" necessaria per porre fine alla fallimentare politica ventennale che ha mortificato lo spirito e il coraggio degli italiani. (Guido Colomba, copyright 2014, edizione italiana).