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Diario Indiano #1



Questa volta l'ho presa un po' larga: sono partito da Washington per Brusselles dove dovevo vedere un tale. Ho proseguito per Milano Linate. Mi sono imbarcato su un Alitalia, Embraer 175, pilotato con grande maestria in mezzo ad uno storm da far paura sopra Fiumicino (grazie, Comandante).
Un paio di giorni a Roma ospite di una cara amica all'Olgiata, dove abbiamo venduto le nostre proprieta'. Non ricordavamo che le ville all'Olgiata hanno tenperature interne che non superano i 19 gradi d'inverno, nonostante le migliaia di euro che vengono spese per il riscaldamento di strutture fatte di cemento. Ecco perche' molti proprietari dell'Olgiata stanno sostituendo le fornaci degli impianti con un tipo che brucia, mi hanno detto, dei pelletts con un costo molto ridotto rispetto al gasolio o, poveri loro, al gas.
Chilometri a Roma nel traffico bestiale ad accompagnare la consorte in giro per i suoi laboratori di moda. Rispetto allo scorso novembre noto che ormai in tutte le strade si parcheggia in seconda fila, complice la vertenza, forse,dei vigili  con il sindaco Marino.
Per andare in India, questa volta ho deciso di volare con una compagnia del Golfo, gli Emirates. Durante le cinque ore fino a Dubai (anche li' devo incontrarmi con un conoscente) ho tutto il tempo per ammirare la bellezza regale delle assistenti di volo che sembrano principesse e apprezzare il menu fornito in economy (le mie finanze non mi consentono di volare in business come un tempo), stampato su cartoncino, posate vere di metallo, vini gratis. Si paga solo per lo champagne, ammesso che uno non ne possa fare a meno. A differenza della United i film sono in prevalenza in molte lingue meno che Italiano, nonostante che i connazionali siano tra i piu' assidui frequentatori della citta' nata dal deserto. Il comandante si chiama Gambardella o qualcosa di simile. Forse si tratta di uno dei vari pitoli Alitalia che si sono fatti attrarre dall'alto stipendio e dai benefits offerti dalla compagnia.
Arriviamo a Dubai alle cinque del mattino e passiamo qualche ora in uno dei Costa Coffee, catena italiana di grande successo con le ragazze che lavorano indossando magliette marrone con sulla schiena la scritta "Barista". Il tempo di apprezzare le scelte architettoniche di questo aeroporto che dichiara 70 milioni di passeggeri all'anno, anche se mi sembrano un po' tanti. Alle nove prendiamo un giro turistico di un paio di ore, guidato da una guida tedesca segaligna che si esprime in un inglese germanizzato. Splendidi i nuovi grattacieli e gli alberghi costruiti in maniera avveniristica negli ultimi anni. Tornati in aeroporto ci avveleniamo in un locale definito "Delicatezze', dove una focaccia 'Genova' mi fa stramazzare in una profonda depressione psicofisica.
Il nostro volo per Bangalore, India, parte alle dieci di sera. Dopo il meeting con chi dovevo vedere, si tratta adesso di riempire quella mezza giornata in qualche modo. Mia moglie ed io scartiamo l'idea di prendere un taxi che devi pagare in moneta locale (cambio 3.6 a dollaro). In un altro caffe Costa ci addormentiamo su un paio di capaci poltrone dopo avere sorbito cioccolate in tazza e cappuccioni (tazza grande) tanto per giustificare la nostra permanenza.
Da Roma abbiamo spedito i nostri bagagli direttamente a Bangalore. Mi trascino dietro un carry on della mia sposa, maculato e strapieno di tutte quelle infinite cose di cui ogni donna di qualsiasi eta' non puo' assolutamente privarsi. Sara' la mancanza del sonno, la stanchezza accumulata in tante migliaia di chilometri, insomma: comincio a sentire il peso del mio zainetto.
Le batterie del cellulare e del camcorder si sono scaricate. Cerco un pilone di ormeggio elettrico. Ma dopo molto domandare mi suggeriscono di aprire un tombino dal quale partono i cavi di ricarica di due cart. E cosi' riesco a mantenermi in contatto via telefono con il mondo occidentale.
Alle ore 9 di sera iniizia l'imbarco. Una assistente di terra degli Emirates, graziosa ma un po' stronza, adocchia il carry on maculato che sto trascinando e mi impone di consegnarlo ad un addetto perche', secondo lei, supera le dimensioni consentite. Arrivati al gate paragoniamo il nostro bagaglio incriminato con gli altri carry on dei passeggeri e ci rendiamo conto che la tizia ha voluto applicare la legge solo per noi. E cosi' ci imbarchiamo senza consegnare il maculato ad alcuno.
L'aereo questa volta e' un AB 330 (quello del volo precedente un B 777) con cappelliere quasi irraggiungibili non solo per un bassotto come il sottoscritto, ma anche per le hostess che sono costrette a salire sulle poltrone per aiutare i passeggeri a sistemare i bagagli.
In questo volo da Dubai a Bangalore il livello di eccellenza delle assistenti e' un po' piu' scarso e lo steward mi appiccica un vassoio vegetariano nonostante avessi chiesto il pollo.
Dopo tre ore di volo e due fusi orari in piu' arriviamo a Bangalore alle tre del mattino. L'aeroporto e' intasato da migliaia di persone che partono e arrivano. Per 40 minuti siamo inseriti nella fila che si snoda per raggiungere gli ufficiali dell'immigration. La gente intorno parla sottovoce e nessuno cerca di passare avanti. Una donna scoppia a piangere mentre parla al telefono perche' forse ha avuto la notizia della morte di un familiare.
Ad attenderci nostro figlio Marco che lavora da un anno emezzo a Bangalore dove ha creato una sua azienda e Mae, la sua compagna. Saliamo sull'increedibile Tata Nano, l'auto meno costosa del mondo, sulla quale carichiamo le valigie che abbiamo recuperato.
All'uscita dal parcheggio l'addetto alla biglietteria cerca di rifilare a Marco un biglietto che Marco rifiuta perche' si tratta di una banconota dello Shri Lanka. Anche qui cercano di fare i furbi.
Imbocchiamo l'autostrada sopraelevata che hanno appena aperta e che ci consente di arrivare nel resort dove Marco abita e lavora con i suoi ingegneri in meno di un'ora. Talvolta per andare o venire dall'aeroporto ci abbiamo messo tre ore. Fantastico.



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