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Mosca, in fase di stagnazione economica, riscopre il ruolo di grande potenza. Ma i "grandi numeri" non la favoriscono

Guido Colomba

Finchè gli Stati Uniti erano in crisi (insieme all'Europa) i Brics hanno avuto vita facile. Con essi la Russia di Putin. Ora il quadro geopolitico è mutato radicalmente con l'incedere impetuoso dello "shale gas" americano e la ripresa dell'euro giunto a 1,38 sul dollaro a conferma del ritorno degli investimenti sul suolo europeo. Puntualmente Mosca, tornata in una fase di stagnazione economica, riscopre il ruolo di grande potenza come dimostrano il G8 di San Pietroburgo nel settembre scorso, i movimenti della flotta nel Mediterraneo come background della crisi siriana ed oggi con i seimila marines sbarcati in Crimea. Vi è qualcosa di più nello scenario economico. La crisi delle commodities ha anticipato il mutamento geopolitico. Molto ha inciso anche la battaglia di Obama a favore del manifatturiero. Una scelta strategica, avviata due anni fa, che sta avendo successo (Pil e occupazione sono in crescita) ed ha per corollario l'accordo di libero scambio tra Usa ed Europa in fase di avanzata trattativa. Cosa significa tutto ciò? Sul tappeto vi sono i "grandi numeri" che muovono la storia economica mondiale e che non favoriscono i disegni di Mosca. Il dato di fondo è che le tensioni sociali stanno diventando ingestibili: la sola Europa conta venti milioni di disoccupati. Il pallino resta in mano alle banche centrali che muovono le borse. Ecco perchè Obama ha visto, come uscita dal rompicapo della crescita, il ritorno al manifatturiero. Ed ha messo in campo un programma che prevede in quattro anni 300 miliardi di investimenti in infrastrutture, nove miliardi per incentivi sul territorio, la creazone di 40 centri di eccellenza per l'innovazione nell'industria, nuovi uffici federali di assistenza all'export, insieme ad un "Job Act" che facilita le piccole aziende dello "small business" nel reperire direttamente i capitali. Uno di questi strumenti è il "crowd funding". Per Putin tutto ciò è lontano anni luce. ed è pressochè irraggiungibile. E' straordinario come, in questa congiuntura, Merkel e Renzi, pur così diversi, approdino alle stesse motivazioni. Il cancelliere tedesco, parlando ieri a Berlino ("Ricordo il muro e penso ai sogni degli ucraini"), ha sottolineato che superare la crisi dell'euro ha anche una valenza culturale non solo politica e finanziaria. Ed ha invocato come leit motiv le tre idee forza: Diritto, Molteplicità e Solidarietà. Renzi, al convegno romano del Pse, ha citato Kennedy ed ha invitato l'Europa a eliminare "lo spread sociale" ponendo tra le priorità gli investimenti a favore della scuola e dei giovani. C'è dunque in tutto l'Occidente un cambio di registro che vuole rimettere al centro della navigazione una crescita con meno diseguaglianze. Un tema che rende più lontani i Brics e la Russia di Putin ma necessariamente più bisognosi di una collaborazione con Stati Uniti ed Europa. Sarà bene che Putin impari in fretta questa verità. (Guido Colomba -