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Da dove viene il numero due dell’Isis?



Alberto Pasolini Zanelli
Da dove viene il numero due dell’Isis? È ceceno di nazionalità. Ha militato nell’esercito della Georgia. Ha combattuto contro i russi. Ed è stato addestrato dagli americani. Questa la complessa esperienza di Omar al-Shishani, oggi considerato il braccio destro del Califfo che imperversa come leader della più sanguinaria organizzazione terroristica islamica. La sua identità è stata scovata e la sua carriera ricostruita da uno specialista Usa, il professor Gordon Ahan della Geostrategic Forecasting Corporation per la catena radiotelevisiva Npr. Essa conferma che l’Isis è un “caso” non senza precedenti ma a livello massimo, che conferma diverse realtà da tempo sospettate. La prima è che l’Isis è una organizzazione internazionale nata e tenuta assieme, oltre che dalla fede islamica, da cento passati diversi, molti dei quali attraverso delle compagnie di ventura. La seconda è che nell’organizzazione i ruoli maggiori sono tenuti da militari e non da estensori di fatwe. La terza è per molti di loro nazionalistica oltre che religiosa. E la quarta è che il nemico numero uno non è un capo di Stato arabo e neanche gli Stati Uniti, bensì la Russia. Una conclusione che potrebbe essere sorprendente se non ce ne fossero altri casi. Nessuno però di questa importanza e di grado così elevato nelle gerarchie del terrorismo.
Omar al-Shishani viene da una contrada montuosa nel Caucaso, al confine fra la Georgia e la Cecenia, un angolo del vasto territorio conquistato da Mosca nel diciannovesimo secolo a prezzo di lunghe e sanguinose guerre, descritte fra l’altro da un partecipante: un giovane ufficiale russo di nome Leone Tolstoi. Omar si arruolò nell’esercito georgiano e, in conseguenza delle forti tensioni che regnavano fra i musulmani caucasici e il Cremlino (in una logica di post Guerra Fredda che tanto fredda da quelle parti non fu mai) fu istruito nell’uso delle armi moderne da uno specialista americano in una speciale unità antiguerriglia. Vi rimase fino a quattro anni fa, quando fu espulso dall’esercito ed arrestato perché scoperto ad avere rubato armi per costituire un deposito personale. Appena fuori dal carcere egli si arruolò in un reparto di Combattenti della Fede.
Per quello che se ne sa, lo aveva spinto l’odio profondo dei ceceni per la Russia, acuito dalle repressioni condotte da Vladimir Putin, autore della riconquista – ma non della pacificazione – della Cecenia. I ribelli avevano già proclamato la propria fedeltà a un Califfo del Caucaso, che aveva in programma l’indipendenza e la riunificazione di tutto il territorio conquistato dai cosacchi e da altri soldati russi nel diciottesimo e diciannovesimo secolo. Formalmente la Repubblica Cecena di Ichkeria si stava trasformando in una branca di una armata “sanfedista”, incoraggiata e aiutata da qualche autorità di Washington, dove evidentemente si prevedeva un nuovo conflitto con Mosca e contro l’“oppressore” Putin. Non è questa una sorpresa: l’attuale presidente russo ha sempre considerato i guerriglieri del Caucaso, con i loro legami con Al Qaida, una minaccia alla sicurezza dello Stato. Analogamente i servizi segreti americani mostravano “interesse” per i tipi come Omar, in base alla massima secondo cui “il nemico del mio nemico è un amico”.
L’addestramento militare Usa è probabilmente uno dei motivi della rapida carriera di al-Shishani nei ranghi della Isis. Sono note almeno due offensive recenti condotte da reparti ceceni. Entrambe in Siria, una ad Aleppo e un’altra, più recente, in cui sono stati assassinati 170 prigionieri dell’esercito regolare siriano. Esiste anche una registrazione in cui si sente che alcuni degli esecutori della sentenza parlano russo, che è la seconda lingua per molti ceceni. Quanti Omar al-Shishani partecipano attivamente alla guerra in corso? Presumibilmente molti, ma fra tutti quello che ha fatto più carriera è proprio lui, una conferma vivente della portata globale di questa guerra, una spiegazione in più dell’attenzione con cui entrambe le Superpotenze seguono gli eventi, in proprio e anche – forse soprattutto – attraverso i fanatici e i mercenari di questo nuovo genere di Brigate Internazionali.