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F-35 si, F-35 no (Proviamo a fare un discorso serio?)


Handout photo of three F-35 Joint Strike Fighters flying over Edwards Air Force Base

Angelo Falco
L’attenzione politica e mediatica che il programma F-35 ha subito in questi ultimi anni pone molti interrogativi sulla reale necessità che un Paese come il nostro si doti di un sistema d’arma di ultima generazione, al di là dei costi di sviluppo, acquisizione ed esercizio, che pur importantissimi in un periodo congiunturale come quello attuale, non possono e non devono essere l’unico elemento discriminante.
Occorrerebbe, a guisa di quanto accade in altre democrazie evolute, un’accurata analisi del quadro geopolitico attuale e degli interessi presenti e futuri del Paese, una valutazione dettagliata e oggettiva delle eventuali minacce e dei possibili scenari d’intervento. In sintesi, servirebbe tracciare in modo onesto e trasparente una strategia nazionale, cosi’ come accade in USA o in UK, ovvero una serie di obiettivi che un Popolo deve porsi nel lungo termine per garantirsi il proprio stile di vita, la propria cultura, la propria sicurezza interna.
Nel nostro Paese, un po’ per mancanza cronica di lungimiranza, un po’ per quella pigrizia tutta latina, questo processo deduttivo, diventa induttivo e quindi, passando dal particolare al generale, si acquistano le armi e poi si cerca nel Libro Bianco quasi una giustificazione a posteriori…
Al libro Bianco della Difesa, in uscita a Natale come un cine-panettone, spetta quindi il compito primario di stabilire obiettivi e responsabilità della Difesa italiana.
E invece l’Italia, un Paese ormai incapace di guardare oltre la punta del proprio naso per risolvere le mille beghe interne che assorbono completamente l’attenzione della classe dirigente, ha da tempo abdicato ad una politica estera consona al proprio rango e al momento quest’ultima risulta, quasi per paradosso, interpretata unicamente proprio da quelle Forze Armate, che una considerevole parte del Paese considera un costo passivo dello Stato. La tradizionale posizione di equidistanza dagli estremi, di assoluta fedeltà al grande alleato americano, senza disdegnare di strizzare l’occhio al potente “amico” russo, ci pongono come al solito in mezzo al guado senza aver il coraggio di assumere una posizione netta, inequivocabile e rispettabile. Nella formazione delle coalizioni internazionali arriviamo quasi sempre per ultimi e ci tocca prendere gli scarti o gli obiettivi piu’ “delicati” che altri hanno rifiutato!
Perche’ il termine guerra è ormai, anche giustamente, diventato un tabu’ e allora bisogna parlare di difesa “attiva”, di “imposizione” della pace, di risposta alle “crisi”, perche’ l’opinione pubblica, soprattutto in questo momento storico di difficolta’, è sensibile a questo argomento e basta un nonnulla per far cadere un Governo. Si preferisce far ricorso alle FF.AA. per le alluvioni, per i terremoti, per sgombrare i rifiuti, per le “strade sicure”, tutti doveri di indubbio interesse pubblico, ma la ragione sociale delle FF.AA. è diversa e spesso si dimentica che la Costituzione intima al “cittadino” e non solo al militare il Sacro dovere della Difesa della Patria fino all’estremo sacrificio.
L’Italia è un Paese che storicamente non ha ancora fatto i conti col proprio passato e l’antagonismo tra i reduci del passato, pseudo-pacificisti da un lato e gli ignaro-interventisti dall’altro, vive e si alimenta ancora di tanta demagogia e retorica che non consentono all’opinione pubblica di conoscere la vera essenza delle cose. E cosi’, anche l’F-35 finisce per essere il pretestuoso campo di battaglia per le scaramucce e le schermaglie di bassa lega a cui ormai il teatrino della politica nazionalpopolare ci ha abituati.
All’occhio del lettore questa potrebbe sembrare una levata di scudi a protezione del programma di acquisizione del sistema d’arma piu’ complesso e costoso di sempre.
Ebbene non lo è! Prima di saltare a conclusioni affrettate, parziali e faziose, sarebbe bene saperne un po’ di piu’…
In primis, i detrattori si appellano alla fonte del diritto nazionale, la Costituzione Italiana, laddove all’Art.11 recita:” L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;…”, ritenendo quindi le spese militari non in armonia con il dettato costituzionale e pertanto inutili.
Ma l’art.11 continua:”consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Tale ratio ci ha consentito di entrare a pieno titolo nell’ONU (vedasi l’art.43[1] della Carta), nella NATO e di essere uno dei membri fondatori dell’Unione Europea, organizzazioni in cui le cessioni parziali di sovranita’ nazionale ci hanno consentito finora di vivere il periodo piu’ pacifico della storia d’Europa. Cio’ puo’ indurre all’errato convincimento che la pace sia gratis e ormai scontata.
In sintesi, piu’ che interrogarci su quali strumenti debbano usare le nostre Forze Armate, dovremmo piuttosto rispondere, in maniera quasi provocatoria, al quesito se ci occorrono realmente le FF.AA., anche in virtu’ di tanti altri programmi di acquisizione in corso che, ancorche’ piu’ costosi del F-35, non godono di altrettanta notorieta’. I futuri programmi di ammodernamento navale e degli equipaggiamenti terrestri assorbiranno nei prossimi decenni diverse decine di miliardi di euro. E allora perche’ si usa la grancassa per l’F-35 e la sordina per gli altri?
Perche’ le altre acquisizioni sono tutte ad appannaggio esclusivo dell’industria nazionale, quindi poco importa se in questo caso gli euro li spendiamo per le armi piuttosto che per gli asili, tanto rientreranno nel computo del PIL e muoveranno la stagnante economia. Nel caso del F-35, buona parte del costo va a ingrassare le casse dello Zio Sam. Peccato che le capacità di quinta generazione (bassa osservabilita’, precisione di ingaggio, autoprotezione, etc.) che il JSF sarà in grado di esprimere al raggiungimento della piena maturità del programma (fra qualche anno) non sono assolutamente paragonabili a quelle degli aeroplani di quarta generazione, costruiti anche in Europa.
Ma queste caratteristiche ci serviranno?
Considerando che l’F-35 avrà come orizzonte temporale la metà di questo secolo, sarebbe come chiedere a Nostradamus di azzardare una previsione. O forse sarebbe meglio chiedere agli esperti dell’Intelligence che hanno “previsto” con infallibile precisione il 9-11, la primavera araba e la nascita dell’ISIS, per citare solo i fallimenti più clamorosi! Certo è che se guardiamo all’ultimo quarto di secolo, la caduta del muro di Berlino ci ha fatto passare dalla Guerra Fredda alla “guerra calda” (Golfo, Somalia, Bosnia, Kosovo, Iraq, Afghanistan, etc.), conflitti a cui il legislatore italiano ha “deliberatamente” deciso di partecipare inviando contingenti italiani. Il clima di latente e profonda instabilità nel panorama internazionale non ci consente purtroppo, nemmeno volendo, di vedere un mondo in via di pacificazione, quanto piuttosto è vero l’esatto contrario (Siria, Iraq, Afghanistan, Ucraina, Gaza, Iran, Corea del Nord, Cina-Giappone, etc.).
Il potenziale di minaccia quindi esiste e farvi fronte con gli attuali equipaggiamenti in dotazione alle forze aeree equivale al tentativo del buon padre di famiglia di volere estendere la vita alla propria automobile. Se è pur vero che si evita l’impegno di capitale per l’acquisto di una nuova auto, occorre fare in modo che la sicurezza sia salvaguardata con interventi manutentivi di crescente entita’, che per gli aeroplani in servizio, diventano molto onerosi e invasivi, andando a erodere ineluttabilmente il vantaggio economico della scelta iniziale e il livello delle performance.
Il dimensionamento della flotta è funzione unicamente del livello di ambizione del Paese e comprarne 131, 90 o qualsiasi altro numero (a fronte delle 250 unità circa che verranno sostituite tra Tornado, AMX e AV-8B) dipende esclusivamente dalla volontà politica di impiegare tale strumento militare. Purtroppo la capacità operativa di un velivolo del genere non si compra al mercato un tanto al kilo, è invece frutto di lunghi anni di addestramento e impiego.
La campagna di disinformazione mediatica che nel nostro Paese ha minato il programma si basa essenzialmente su informazioni di dominio pubblico contenute nella documentazione che alcune agenzie governative producono in assoluta indipendenza per la valutazione dei costi e delle performance dei programmi di procurement a stelle e strisce.
Tutti i problemi riportati finora (protezione dai fulmini, casco di volo, motore e quant’altro) rientrano nel novero normale e statistico delle possibili complicazioni che un programma cosi’ ambizioso e complesso puo’ attraversare e che sono gia’ avviate a risoluzione nel breve termine.
Il “too big to fail”, che non ha risparmiato Lehman Brothers, salvera’ sicuramente il JSF non solo per l’enormi risorse gia’ impiegate nel programma, che con oltre 100 aerei che volano oggi è molto piu’ reale di quanto si possa pensare, ma per l’enorme peso politico internazionale che il programma ha assunto negli anni; basti pensare ai 9 Partner nello sviluppo e al numero sempre crescente di nuovi acquirenti.
E tra questi l’Italia è l’unico Partner ad aver ottenuto la possibilita’ di impiantare un sito per la costruzione di alcune parti e l’assemblaggio dei velivoli italiani e, probabilmente, di altri partner europei, con tangibili ricadute di occupazione e di ritorno industriale in termini di know-how acquisito.
Se la politica italiana riuscisse a sprovincializzarsi e a pensare alla risoluzione dei veri mali endemici della nostra societa’ come la corruzione politica (tangenti all’EXPO e al MOSE), l’evasione fiscale, la criminalita’ organizzata, gli sprechi della PA, forse si riuscirebbe a risolvere anche nel corso di una legislatura i problemi atavici del Paese (disoccupazione, infrastrutture, edilizia scolastica, efficienza sanita’) senza dover ricorrere al blocco degli stipendi di chi gia’ paga tutte le tasse, alla cancellazione dell’art.18, agli esodati e ai cococo’… Alla fine avanzerebbero anche i fondi per la Sicurezza interna e per la Difesa esterna del Paese, incluso l’F-35.
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Un articolo veramente equilibrato che mi fa desiderare il conoscere personalmente questo Angelo Falco, e' possibile?

Grazie Oscar

Armando
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Caro Oscar, come sempre, grazie infinite. Ho letto tutto con grande interesse. Circa gli F35 sono in mezzo al guado anche se leggendo e pensando, forse sono più per il no. L'Italia, grazie ai colossali errori de passato e poi a quelli di una certa parte della UE,è con l'acqua al mento e in questi casi il nostro primo dovere sta nel soddisfare i bisogni essenziali per la nostra famiglia in primis e poi quelli dei nostri fratelli. La mia domanda è : gli F35 sono bisogni essenziali? Non riesco a convincermene. Non so.  Un saluto cordiale,
Maurizio.