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Roma e Washington: capitali agli antipodi per i servizi

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Dario De Marchi (da Marco Polo News)

Abitare a Roma o risiedere a Washington DC? Non che la scelta riguardi tutti. Ma è piuttosto un interrogativo che, con normale sensibilità civica, lo si può usare per tentare di “leggere” il modo con cui queste due capitali occidentali mondiali si pongono nei confronti della qualità e quantità dei servizi forniti ai loro cittadini, ai residenti, e a quelli della comunità internazionale che transitano o vi vivono. Quel che è certo è, ahimè, che la capitale italiana sfigura pure nei confronti di qualsiasi città di un Paese cosiddetto “emergente”. E, purtroppo, per molti troppi punti. Né fa titoli ricordare che Roma e Parigi sono formalmente riconosciute da Washington DC come “città partner” per loro posizione internazionale. A parte questo e l’enorme e inesplorato patrimonio storico-artistico-monumentale (ma purtroppo degradato) della Capitale italiana, essa non regge ai paragoni con la ‘gemella’ sul Potomac.
Se non si hanno i soliti vetero pregiudizi, imposti dalla demagogia politica e partitica, infatti, è sotto gli occhi di tutti che in riva al Tevere vigono sempre più il degrado, il caos, l’assenza di pulizia, il traffico incasinato, l’inefficienza dei servizi a partire da quelli di trasporto e igiene urbana, l’arte di arrangiarsi, il doppio pesismo, la mancanza di rispetto delle regole, soprattutto per l’incapacità a farle rispettare, alimentando così un crescente senso di impunità, tipico del Far West dove impera la legge del più forte. Purtroppo nessun amministratore e nessuna sua Giunta in questi 30 anni è riuscita ad invertire la tendenza. Senza addentrarsi nei dettagli giudiziari di queste ultime settimane.
Ma senza tanti discorsi, vale la pena fare solo alcuni esempi, una sorta di gioco delle differenze che, ahimè, mette impietosamente in risalto questa incredibile disparità di cui soffrono i cittadini romani, ormai diventati incapaci di reagire, rispetto a quelli di Washington DC. Questi ultimi, infatti, sono forti nel rivendicare i loro diritti al punto che, a ragione, si lamentano civilmente riportando sulle targhe delle loro auto la dicitura:“Taxation without rappresentation”, ossia ‘paghiamo le tasse ma non abbiamo diritto di essere rappresentati’. Ma finisce qui, perché lo status della capitale federale americana la fa essere una città in cui, tra luci e ombre, i cittadini godono di servizi pubblici che funzionano e fanno invidia. A Roma la rappresentatività l’abbiamo, ma poi vediamo a cosa serve…La capitale degli Stati Uniti d’America, nota anche come District of Columbia (D.C.), coincide col distretto federale previsto dalla Costituzione dell’Unione Washington. Da qui l’assenza di rappresentanti dei residenti ai vertici dello Stato federale.
romanavolidarte-marcopolonewsVa detto subito che il paragone tra Roma e Washington D.C. non può essere azzerato dalla questione delle apparenti diverse dimensioni: se infatti la città dei Sette Colli conta quasi tre milioni di abitanti e Washington D.C. quasi 650 mila, non va però dimenticato che questi ultimi in realtà sono oltre 5.600.000 se si contano quelli dell’area metropolitana, gran parte dei quali giornalmente dagli agglomerati urbani sorti a ridosso della capitale federale nel Maryland e in Virginia, vengono al centro per lavoro.
In questo gioco delle differenze, per non infierire con la capitale dei Sette Colli non serve ripetere una situazione a tutti nota e, quindi, diremo in sintesi solo come funzionano alcuni servizi essenziali a Washington DC.
Cominciamo dai trasporti. La rete di superficie è ben sviluppata e servita con autobus efficienti, puliti, dove si può salire solo dalla porta anteriore esibendo al conducente l’abbonamento, il biglietto o pagando in contanti in un apposito contenitore “intelligente”. Il personale è tanto cortese nel fornire informazioni, quanto fermo nella gestione dei passeggeri. Insomma, senza un titolo di viaggio non si sale e il mezzo non parte. Tutti i conducenti indossano la divisa nera e bianca con molto decoro e dignità, quasi con orgoglio per la categoria che rappresentano (altro che jeans, scarpe da ginnastica, magliette e camice colorate!). La loro regola è l’elevata professionalità.
E poi ci sono i trasporti sotterranei. Ben sei linee le linee della Metro: confortevoli, ben radicate nella città ma che si estendono in tutto il vasto hinterland dell’area metropolitana. Carrozze molto pulite, confortevoli come salotti, di color nocciola chiaro. Nelle intersezioni, le linee arrivano sullo stesso binario per cui lo scambio non comporta tortuosi tragitti. Le indicazioni di percorsi e mezzi sono molto chiare e, quindi, è facile muoversi anche se si è turisti.
Questo sistema di trasporto pubblico regge ben il 40% dei movimenti delle persone all’interno della capitale federale e dall’esterno verso essa (un dato tra i più elevati tra i 50 Stati), anche nella “rush-hour”, ossia l’ora di punta.
A tale proposito sia di mattina che di pomeriggio la presenza in strada degli appositi controllori del traffico (divisa marrone) diventa nodale per facilitare i flussi dei veicoli rendendo quindi la situazione meno complessa. A Roma li vediamo, tanti, solo la mattina. La sera, rare tracce!
Stiamo in tema di traffico. Poche regole ma precise per gli automobilisti di Washington. Inderogabili. Perché la Polizia Metropolitana (non divisa in tanti corpi non interconnessi tra loro) è onnipresente, vigile e intransigente. Nelle automobili bianche, ben riconoscibili per le lucette blu sempre accese, un solo agente ma con una sofisticata dotazione tecnologica e, soprattutto, mai solo perché altri colleghi sono nei paraggi.
I pedoni hanno la precedenza: sempre e comunque! È un pilastro del codice della strada a cui nessun automobilista e centauro deroga. Poi i semafori non sono ‘lampade colorate’ e guai a non rispettare le loro indicazioni. Idem per la velocità, ben indicata e tassativa. La segnaletica è chiara per ogni evenienza e quello che si può fare è scritto in modo semplice. Anche per dire quando è possibile girare a destra con il semaforo rosso. I parcheggi sono a pagamento e anche in centro, grazie alla continua rotazione dei posti (i mezzi pubblici sono efficienti e non conviene usare quelli privati), non è difficile trovare posteggio. Ma non all’infinito! Non ci sono mai veicoli in doppia fila o, peggio, sui passaggi pedonali. La contravvenzione sarebbe rapida e certa! E tanta!
Nelle zone periferiche i residenti nella loro strada hanno libertà di posteggio illimitato, ma con targhe registrate al più vicino posto di polizia (tutti sono aperti h24 anche per le pratiche amministrative); gli altri automobilisti, compresi i loro ospiti, hanno solo due ore di concessione. La Polizia Metropolitana passa di frequente e i mezzi di servizio hanno lettori digitali e gps che memorizzano automaticamente targhe e posizione. Per cui le contravvenzioni fioccano per i trasgressori over 120 minuti. Questo è possibile non solo per l’intransigenza dei tutori dell’ordine, ma perché la percentuale di quelli operativi in strada, al servizio della comunità, è di gran lunga superiore a quelli in ufficio. No comment per la zona Tevere!
Le strade sono tutte pulite. I contenitori di immondizie non si ergono su una base di rifiuti abbandonati all’esterno. Nelle vie, anche in periferia, non ci sono sporcizie in giro, nè ciuffi di erba che sbucano selvaggiamente e imperiosi tra il selciato e i bordi dei marciapiedi o che escono dai tombini. Gli scolatoi sono ampi e ben puliti. La pioggia abbondante defluisce subito senza allagare le strade al primo acquazzone. Gettare una carta o altro per terra, ossia fuori dai frequenti contenitori, farebbe scattare la contravvenzione.
In USA e, quindi, anche a Washington DC, vige una regola (che fa venire il voltastomaco a noi finti bigotti e pseudo liberali): “I vicini ti guardano”! Non è però la bieca delazione come la pensiamo strumentalmente noi, ma una collaborazione civica attiva che aiuta a segnalare al mitico “911” – unico numero di emergenza e segnalazione nazionale – quando qualcosa non funziona, o peggio (dati i tempi!) è sospetto. I cartelli sono affissi dovunque e soprattutto in tutti i quartieri residenziali che circondano il centro. E si vede che questa collaborazione aiuta a tenere ordine e pulizia dando sicurezza ai cittadini che si sentono protetti.
Tra le differenze è la quasi totale assenza di “opere d’arte” dei writter sulle pareti di case e monumenti. Se qualcuno tentasse “profanare” il muro di una casa, di un edificio pubblico o, peggio ancora, di un monumento deturpandolo con segnacci spray, sarebbe subito bloccato dalla Polizia Metropolitana. Tracce di graffiti moderni si trovano solo su edifici abbandonati e su qualche casa diroccata.
Washington DC non ha reperti archeologici da esibire al mondo, ma si è attrezzata per essere comunque una città molto bella (tra l’altro senza grattacieli) e mèta di moltissimi turisti, non solo dall’America, ma dal mondo. A parte la Casa Bianca e il Campidoglio, veri simboli degli USA, e l’inconfondibile obelisco, la città ha una fitta serie diversificata di musei molto attrezzati e fruibili, in particolare la catena della Fondazione Smithsonian (che qui gestisce diversi dei 19 musei sparsi negli USA, con circa 142 milioni di pezzi nelle sue collezioni, una dotazione che fa dello Smithsonian il più grande complesso di musei al mondo), con opere eccezionali e rare, pure di artisti italiani. Ma i turisti si spingono anche nei sobborghi. Ci sono i suggestivi quartieri di Georgetown e Dupont Circle, immersi nel verde e con uno stile originale, una casa diversa dall’altra; il toccante e vasto cimitero di Arlington, la casa museo di George Washington a Bridges Creek, in Virginia, sul Potomac.
Con questa breve carrellata di differenze non si vuol dire che nella Capitale federale tutto sia ottimale e perfetto, ma sicuramente lo scenario qui è molto più funzionale ed efficiente rispetto a quello che si vive in riva al Tevere, dove il cittadino si sente vittima e ostaggio di degrado, illegalità e disorganizzazione. Per questo il sindaco del Campidoglio romano dovrebbe fare una visita didattica (ma senza codazzo di giornalisti ad esaltarne le gesta!) di alcuni giorni nella città del Campidoglio sul Potomac per rendersi conto che ai cittadini bisognare innanzitutto dare sicurezza e servizi efficienti, piuttosto che fregature, tasse e limitarsi al vecchio anacronistico “panem et circenses”!
Un ultimo dettaglio, che fa la differenze. Roma è l’unica capitale europea a non avere alcun volo diretto con la capitale americana. Con il collega Oscar Bartoli ci eravamo battuti in passato (raccogliendo migliaia di firme in pieno agosto) contro la chiusura del volo Alitalia tra Milano Malpensa e Dulles (l’aeroporto internazionale della capitale USA) ottenendo dopo pochi mesi l’apertura di un diretto con Roma della United Airlines. Ma nonostante fosse sempre in overbooking (soprattutto tra turisti e funzionari) anche questo collegamento diretto è stato da poco soppresso. Così bisogna passare per altri Paesi e in particolare dalla Germania (con diverse connessioni da Monaco e Francoforte, da Berlino almeno 5 al giorno!) con Lufthansa o altre compagnie straniere. Tanto che venendo a Washington la presenza di italiani sul volo tedesco è sempre rilevante. Ma i nostri amministratori sono impegnati a guardare la magnificenza internazionale del loro … ombelico!
La dignità di un Paese che vuol essere grande e che vive pure di turismo passa anche attraverso scelte logistiche di respiro e non di bassa miopia provinciale. Ma forse sarebbe meglio fare i paragoni tra Roma e una capitale africana. Ma la vittoria non è sicura!
di Dario de Marchi