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Una nazione in via di sottosviluppo



 Rosario Amico Roxas

La tendenza delle nazioni del terzo mondo è quella di transitare dallo stato di sottosviluppo a quella di nazione in via di sviluppo, avente come miraggio finale la condizione di nazione sviluppata.
Per l’Italia si sta perfezionando l’itinerario opposto: da nazione industrializzata degli anni 60, quelli del miracolo economico, durata per i decenni degli anni ’70  e  ’80, siamo passati negli anni ‘90, con quella immediatezza che non lascia spazio ai dubbi, a nazione sviluppata prima, a nazione in difficoltà successivamente, per sbracarsi nel primo decennio del nuovo secolo, a nazione in via di sottosviluppo, con un retromarcia che ha penalizzato prima le classi del lavoro, quindi le classi intermedie, favorendo quella striminzita fetta della popolazione, non superiore al 10% , che possiede ben il 50’% dell’intera ricchezza nazionale, con politiche di sostegno che hanno incrementato la ricchezza in mano ai già ricchi.
Venuto a mancare il capitale da investimento, che ha preferito le speculazioni finanziarie alla tediosa incombenza dell’imprenditoria, del lavoro, del rischio, della ricerca, della concorrenza, è venuto meno il lavoro, gli investimenti, il potere di acquisto  e, di conseguenza, i consumi.
Senza consumi non c’è produzione, senza produzione non c’è lavoro, senza lavoro non c’è alcuna possibilità di risollevarsi da una condizione penalizzante, che, però colpisce sempre più le classi più deboli.
La meta che è stata raggiunta non si può che definire “in via di sottosviluppo”, per cui l’ipotesi di una ripresa non potrà partire dall’ultimo punto positivo che è stato lasciato indietro, ma molto più in basso, costretti a ricostruire ciò che una politica sventurata ha distrutto.
Questi ultimi venti malaugurati anni ci hanno riportato agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, anche se in assenza di distruzioni materiali, perché la distruzione ha colpito il capitale che favorì la rinascita dell’Italia: il lavoro.