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Hollande e Putin



Alberto Pasolini Zanelli
Forse qualcuno sta prendendo l’iniziativa per diminuire le tensioni fra l’Occidente e la Russia. Con cautela perché il momento è difficile e le forze piuttosto gracili: però ci prova. In prima fila sembra muoversi ancora una volta la Francia, che si riallaccia ad antiche tradizioni ma che soprattutto deve constatare che nessun altro Paese europeo “importante” può o vuole assumersi questo compito. Francois Hollande ha espresso per la prima volta queste sue intenzioni e ambizioni al termine di una sua visita in Kazakistan verso la fine di dicembre, lasciando intendere che Parigi sarebbe pronta a prendere la guida di una svolta verso un alleggerimento delle tensioni nate in  Ucraina e mantenute alte da una escalation di contromisure economiche e diplomatiche da parte degli Stati Uniti e dei Paesi dell’area Nato. Hollande non si fa illusioni ma ritiene necessario che almeno vengano avviate iniziative mirate a “salvare la faccia” un po’ di tutti “comprando” tempo per i Paesi europei tormentati dalla crisi economica che le tensioni con la Russia non aiuta certo a sedare, anche se è vero che Mosca ha pagato finora un prezzo più pesante.
Parigi potrebbe fare da battistrada riaprendo in qualche modo il discorso con Mosca a proposito della fornitura alla marina russa, promessa e sospesa, evidentemente su richiesta di Washington, delle navi portaelicottero “Mistral”. Sarebbe un piccolo passo ma qualcuno a Parigi spera che potrebbe a cambiare l’atmosfera in modo da facilitare il ritorno al tavolo di trattative che portino alla graduale fine delle sanzioni. Un compromesso potrebbe essere raggiunto non tanto attraverso iniziative di rilievo a proposito dell’Ucraina, ma al contrario operando in modo che dell’Ucraina si parli meno, facilitando così il graduale “spegnimento” delle operazioni militari attraverso gesti come lo scambio di prigionieri. E rinunciando a una soluzione definitiva. Il Cremlino sembra  disposto ma rimane invece intransigente a proposito della Crimea la cui “riannessione” alla Russia non è trattabile.
Se dipendesse dalla Francia, il do ut des sarebbe forse a portata di mano, ma Parigi è in questo momento isolata. I suoi due principali partner europei hanno assunto posizioni da “falchi”: tradizionali e coerenti nel caso della Gran Bretagna, assai meno per quanto riguarda la Germania. Prima dello scoppio della crisi era semmai su Berlino che si pensava di puntare come “interlocutore privilegiato” di Mosca. Putin e la Merkel  avevano vissuto e operato nella defunta Germania Orientale, parlano l’uno la lingua dell’altro, avevano portato a termine e inaugurato un trattato bilaterale di grande importanza economica come l’oleodotto e gasdotto “diretto” nel Baltico che mette le forniture energetiche al riparo da interferenze dei Paesi rivieraschi. Si chiama “Northstream”, è in piena funzione, avrebbe dovuto essere completato da un “Southstream” operante nel Mar Nero e nel Mediterraneo, attraverso la Bulgaria e la Turchia con una destinazione importante in Italia. La crisi ucraina, con i suoi venti di Guerra Fredda, lo ha bloccato. La Germania ha dunque intascato il contratto a lei favorevole e ha potuto disinteressarsi dell’altro; anche perché nel frattempo i suoi rapporti con la Russia si sono deteriorati visibilmente se si prende come paragone i rapporti preferenziali stabiliti con Putin dal predecessore della Merkel alla Cancelleria, Gehrard Schroeder. Poco dopo essere diventato presidente, Putin aveva tenuto un discorso al Bundestag, in tedesco, definendo la Russia “un Paese europeo la cui principale ambizione è una pace stabile nel continente”, anche “attraverso una partnership strategica e una comunità di interessi economici”. Succeduta la Merkel a Schroeder, i rapporti commerciali avevano continuato a crescere ma quelli personali fra i due leader a raffreddarsi. La Merkel non si fa illusioni sulla Russia di Putin, che sospetta di “ambizioni egemoniche” tra gli interessi economici e politici della Germania che esercita in questo momento una leadership sull’Europa che nessuno appare per ora in grado di contrastare. Tanto meno la Francia che attraversa una crisi che non è più soltanto economica e che indebolisce la mano di Hollande in tutti i campi, comprese le iniziative di mediazione. E che lo costringono a prendere tempo in attesa di trovare altri governi e Paesi europei che abbiano interessi e visioni comuni, almeno nelle questioni che riguardano l’Europa orientale e dunque in primis la Russia. Per esempio l’Italia.