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Obama ha puntato nel 2008 sul manifatturiero, gli immobili e gli studenti universitari



 Guido Colomba

Obama ha puntato nel 2008 sul manifatturiero, gli immobili e gli studenti universitari. Da allora la produzione manifatturiera americana è risalita del 26,5% superando il livello pre-crisi. L'Europa ha fatto il cammino inverso. Tutto noto? Non proprio visto che si continua a dire che "la Germania è il nostro modello di riferimento". L'ultimo esempio della ostilità tedesca al rafforzamento del modello europeo è data dal rifiuto di etichettare la provenienza dei prodotti per difenderli dalla concorrenza opaca o sleale. Un danno enorme per l'Italia. La Casa Bianca in questi anni è l'unica ad aver costantemente criticato la fallimentare politica economica imposta dalla Merkel all'intera Europa. Non sorprende che sia proprio il governo tedesco a frapporre i maggiori ostacoli ai negoziati (Tip) di libero scambio con gli Usa, finora avvolti da un clima di ingiustificata segretezza. Per ora la Commissione non ha voluto pubblicare informazioni relative ai dazi doganali e al settore energetico. L'Italia, secondo paese manifatturiero europeo dopo la Germania, ha tutto l'interesse ad una "reale e trasparente" zona di libero scambio tra le due sponde dell'Atlantico. Si stima una crescita del Pil tra lo 0,5% e lo 0,7%. Il crollo dei prezzi del petrolio sotto quota 50 dollari al barile costituisce un motivo strategico in più per svincolarsi dalla "dipendenza" dei nostri fornitori storici prenotando e utilizzando lo "shale gas" venduto dagli Usa. Ed è questo un modo per fare chiarezza sui troppi "buchi neri" della politica energetica italiana, una sorta di terra di nessuno svincolata da ogni controllo. E' giunto il tempo di varare un "libro bianco" sui contratti in essere sia all'interno che all'estero e di monitorarli ogni tre mesi. Il tema energetico si lega con le drammatiche vicende parigine di questi giorni visto che proprio il calo del petrolio toglie all'Isis e non solo (vi sono molti finanziamenti esterni) quelle risorse con cui vengono alimentate le azioni di guerra e di terrorismo. Non c'è dubbio, come anticipato dalla "Rassegna Finanziaria" nei mesi scorsi, che il nuovo quadro geopolitico ha reso più complicato il ruolo della Bce, da mesi bloccata da sterili polemiche. Ogni sua mossa giunge oramai "too late and too little". Resta il fatto che il bilancio della Bce è ancora sotto i duemila euro e il traguardo di riportarlo a tremila miliardi come nel 2011 risulta sempre più difficile. Da parte sua la Fed ha salvato l'Europa rivalutando il dollaro di un quindici per cento medio rispetto all'euro così da dare ossigeno alle esportazioni nonostante l'uso costante da parte della Merkel di un guanto di velluto pieno di biglie di acciaio. La deflazione europea evoca lo spettro della crisi del '29. Il pagamento degli interessi sul debito drena risorse enormi. Un peso insostenibile senza crescita e senza riduzioni fiscali. Il problema della sostenibilità del debito rispetto al PIL sta diventando serio per Francia (95,5%), Spagna (98,1%), Belgio (105,8%), Italia (132,2%), oltre a Portogallo(130%) e Grecia (181%). Quest'ultima ha un debito di 330 miliardi (con i titoli decennali sopra il 10%) che solo per il 15% è in mano ai privati. Ecco perchè i prestiti ottenuti da Atene finiscono per andare quasi del tutto a pagare gli interessi della troika. Come nel giro dell'oca si torna alla casella di partenza.