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Braccio di ferro tra Fmi e Commissione europea


Guido Colomba

C'è pessimismo a Bruxelles. Il Fmi ha chiesto senza mezzi termini che i creditori della Grecia facciano uno sconto. Ma è evidente che è di nuovo all'opera una potente lobby anti-euro (re: Financial Times) che cerca di ostacolare un accordo con Atene nonostante la modestia delle cifre (se va male l'Italia rischia 40 miliardi e la Germania oltre 60 miliardi). Basti ricordare che nel 2010 il mancato aiuto alla Grecia produsse una perdita dei mercati pari a 2100 miliardi di euro rispetto ai 300 miliardi di debito. Ci sono voluti quasi cinque anni per recuperare la perdita. Oltretutto Draghi, con il bazooka da 60 miliardi al mese, ha esaurito le munizioni. Inoltre, i mercati vivono una fase di estremo nervosismo. Con i tassi a zero (per le scadenze fino a 7 anni) le compagnie di assicurazione nel ramo vita sono in difficoltà poichè debbono assicurare rendimenti sui contratti in essere che di fatto non esistono più. Inoltre sono sovraccariche di titoli di stato: mano a mano che giungono a scadenza, non possono essere rimpiazzati senza assumere rischi eccessivi nel settore high yield. Con il paradosso che più esiste liquidità disponibilie e non impiegata, più i superburocrati di Bruxelles mostrano insensate rigidità. La "bad bank" (che dovrebbe raccogliere una parte dei crediti inesigibili pari a 185 miliardi), fin qui negata al governo italiano, rappresenta un esempio eclatante. La Bad Bank, già sperimentata con successo da molti stati europei, favorirebbe gli impieghi all'economia reale. Senza di essa le banche italiane rischiano una ulteriore "stretta" patrimoniale da parte della Bce proprio per i ratio tuttora increspati dal "risk weight". Allo studio del governo Renzi vi è un decreto per accorciare a un anno la deducibilità delle perdite su crediti. Come sempre vi è il problema dei costi stimati a un miliardo e mezzo di euro. Sempre i superburocrati di Bruxelles vogliono vederci chiaro sulla sentenza della Consulta in tema di pensioni (si stima un onere superiore ai dieci miliardi) nonchè dei derivati stipulati dal Tesoro con una perdita potenziale, mark to market, stimata a fine 2014 a 42 miliardi di euro. I tassi nel frattempo sono scesi e il calcolo sulle "swaptions" potrebbe essere ancora peggiore. Per i cultori del Patto di Stabilità sono tutte situazioni che richiedono adeguate coperture. Pensando al governo Monti del 2012 trova conferma che i superburocrati non hanno saputo guardare (es. esodati e blocco delle pensioni) agli effetti di medio-lungo periodo commettendo gli stessi errori che avevano attribuito ai politici (non per questo meno colpevoli). Nè il governo Monti è riuscito a frenare l'impatto dei derivati (ha pagato a Morgan Stanley 3,1 miliardi) imponendo per giunta al Parlamento l'approvazione senza contropartite del Patto di stabilità. Eppure, negli anni precedenti, sia la Francia che la Germania avevano ottenuto deroghe significative sullo sforamento del 3%. Sul piano interno, la "linea Renzi", vittoriosa sull'Italicum, trova consensi a livello di opinione pubblica ma crescenti resistenze nei Palazzi organizzati in lobby fortificate. Ecco perchè, parlando alla Borsa di Milano, Renzi ha tenuto a sottolineare che "il capitalismo di relazione è morto". Una risposta esplicita allo "strappo" del Corriere della Sera con l'editoriale sopra le righe scritto domenica scorsa da De Bortoli, ufficialmente "direttore uscente" da sei mesi.