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L'Occidente (economico) è pronto alla sfida



Guido Colomba

L'economia di guerra è in atto da oltre un anno (fu papa Francesco per primo a denunciare la "terza guerra mondiale a pezzi") e coincide con il drastico ribasso del petrolio pari al 46,3%. Si dice spesso che il tempo è galantuomo. Prosciugare le fonti di finanziamento è la più importante strategia geopolitica che l'Occidente può portare avanti per almeno tre motivi: a) riduce i finanziamenti diretti e indiretti che l'Isis riceve da tempo; b) mette in forte difficoltà le "giravolte" dei Paesi del Golfo con in testa l'Arabia saudita; c) con il reingresso dell'Iran sullo scacchiere regionale alimenta il confronto diretto tra i due schieramenti islamici e ne depotenzia la pericolosità. Non a caso il presidente Rohani, quasi sulla scaletta dell'aereo, ha annullato il 13 novembre la visita a Roma, Vaticano e Parigi non appena ha avuto notizia delle stragi di Parigi. Una mossa contro l'Iran. Anche per la Turchia di Erdogan, antagonista dell'Iran, il sentiero è divenuto stretto. Per misurare la serietà della situazione è sufficiente fare riferimento alle politiche perseguite dalla Fed e dalla Bce. In entrambi i casi le due banche centrali hanno puntato alla stabilizzazione del sistema bancario e finanziario sulle due sponte dell'Atlantico attraverso la politica del QE e dei tassi sottozero. L'economia occidentale è salva grazie al simultaneo calo dei prezzi energetici e delle principali materie prime. Questa manovra a tenaglia sta dando ottimi risultati. Ed è probabile che sia anche la chiave interpretativa della mossa disperata dell'Isis di scatenare una guerra globale visto che il tempo gioca a favore dell'Occidente insieme alla speranza di frantumare la compattezza interna delle monarchie del Golfo. Ed è sbagliato parlare di divaricazione tra la Bce e la Fed, in procinto di aumentare i tassi dallo 0,0 alle 0,25%. Il dato principale è costituito dal calo dell'euro rispetto al dollaro nella misura del 14,74% in soli dodici mesi. Una boccata di ossigeno per le esportazioni europee di cui ha beneficiato ampiamente l'Italia. Questa manovra vale più di un "piano Marshall" ed è stata possibile proprio in seguito al rafforzamento graduale ma costante dell'economia statunitense. I mercati finanziari vengono tenuti sotto stretta osservazione al fine di mantenere l'equilibrio raggiunto nonostante i pericoli di una economia di guerra. Anche in questa circostanza Draghi ha preannunciato di voler allargare i cordoni della borsa per sostenere l'eurozona ancora caratterizzata da una crescita troppo modesta. E' auspicabile che, a corollario di questa strategia, venga assicurato un rafforzamento delle cooperazione a favore dell'Africa come strumento indispensabile per togliere il tappeto sotto i piedi dell'Isis.