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Nodo gordiano



Alberto Pasolini Zanelli
Francois Hollande è arrivato a Mosca portatore di idee e proposte forse non geniali ma che si distinguono almeno per la loro coerenza. Egli auspicava da ancor prima della strage terroristica parigina la formazione di un’alleanza coerente tra i Paesi della Nato e la Russia, con un solo nemico, l’Isis e con l’obiettivo di demolirla e ristabilire un qualche equilibrio nel Medio Oriente tormentato da un conflitto nato quattro anni fa come guerra civile ma da tempo internazionalizzato. Sullo sfondo del sangue versato nel suo Paese egli è riuscito a strappare promesse in un po’ tutti i quartieri dell’alleanza da lui auspicata.
La Russia è stata finora la più “entusiasta”, l’America rimane ad un tempo la più potente e la più indecisa. O meglio mostra di esserlo Barack Obama, per motivi soprattutto di politica interna e di calendario elettorale. Negli ultimi giorni, anzi nelle ultime ore, la situazione si è complicata ulteriormente un po’ dappertutto come se fosse legata da un immenso nodo gordiano che dal Medio Oriente si estende un po’ in tutte le direzioni. Nelle ore della visita del presidente francese a Mosca e in quelle immediatamente precedenti si sono verificati, fra l’altro, i seguenti “fatti nuovi”. In diversi Paesi e in moltissimi inciampi nella campagna contro l’Isis. A cominciare dall’abbattimento da parte turca di un aereo militare russo intento a colpire le posizioni degli integralisti nel Nord della Siria. Dovuto a un fuoco di interdizione in risposta a una microviolazione dello spazio aereo turco, durato 17 secondi in tutto. E seguito da un violento scambio di accuse. Che hanno portato in superficie uno dei problemi fin qui sotterranei della zona: quello dei turkmeni o turcomanni. Di cui la Turchia si proclama protettrice. Quasi contemporaneamente un’altra minoranza è balzata, anzi ritornata, in primo piano: i tartari, quelli della Crimea, una delle minoranze nei secoli in cui la regione era dominata dalla Russia. Ribelli durante la Seconda guerra mondiale, i tartari furono barbaramente perseguitati da Stalin, prima di essere “regalati” da Nikita Krusciov ai suoi compatrioti ucraini e di ritornare alla Russia dopo la disgregazione dell’Urss.
Oggi i tartari sono l’opposizione più organizzata e combattiva e hanno scelto questi momenti di tensione per effettuare atti di sabotaggio contro la rete elettrica della loro area e di parte dell’Ucraina. Ciò segnala una ripresa delle ostilità fra russi e ucraini, con rapido scambio di contromisure: dalla Crimea senza luce, al boicottaggio di Kiev del petrolio russo, alla sospensione delle forniture di gas. Uno scambio che danneggia entrambi i Paesi, conseguenza e segno di una ripresa delle ostilità dopo l’armistizio firmato a Minsk.
Evento non proprio nuovo se non fosse evidentemente collegato ad altri sviluppi e ostilità in altre aree, che ha portato rapidamente a scontri militari. E anche alla “resurrezione” di un’antica questione territoriale che riguarda una provincia della Turchia a popolazione mista fra musulmani e cristiani, storicamente centrata sull’antica città di Antiochia, passata con la disgregazione dell’Impero romano dopo la Prima guerra mondiale alla Siria, allora sotto mandato francese. Vecchi rancori che non solo ritornano ma si estendono, a tutto vantaggio di quello che dovrebbe essere il nemico comune contro il quale Hollande va in giro per il mondo a invocare unità che si vede sempre a causa del moltiplicarsi degli “incidenti”. I “protettori” occidentali della Siria e quindi “baluardo” contro l’Isis, continuano però a perseguire la caduta del regime di Damasco per sostituirlo con una democrazia auspicata ma non in vista sui campi di battaglia. La presenza russa nella “grande alleanza” invocata da Parigi si fa sempre più ardua in vari campi. Negli ultimi giorni il governo americano ha imposto sanzioni al presidente (russo) della Federazione mondiale degli scacchi, accusato di fare affari con il dittatore siriano Assad, mentre il campo petrolifero si segnala più surreale nei paradossi: la vendita di petrolio dall’Isis a una ditta siriana fedele al governo. Decisioni non facili da spiegare all’estero, ma considerate evidentemente necessarie nella fase attuale della campagna elettorale americana. Obama è più che mai sotto il tiro dei repubblicani proprio per gli scarsi risultati finora ottenuti nella lotta contro l’Isis, accusato di “debolezza” anche all’interno del suo partito, a cominciare da colei che quasi certamente ne sarà il candidato il prossimo novembre, Hillary Clinton. E intanto l’area coinvolta nella guerra continua ad estendersi: gli Emirati Arabi Uniti, sostenitori dell’Isis, hanno spedito nuovi mercenari sul fronte delo Yemen. Arruolandoli in Colombia.