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IL SOLSTIZIO D’INVERNO




Pippo Ghira

Il Solstizio d’Inverno è un momento di Morte e al tempo stesso di Rinascita. E’ il momento nel quale il Sole raggiunge il suo massimo declino al punto più basso dell'orizzonte. Il momento nel quale la Luce e il Calore sono più deboli e sembrano appunto morire. Il latino Sol-stitium significa infatti Sole fermo. Ma è soltanto un momento apparente di Morte Cosmica che nel nostro emisfero dura dal 22 al 24 dicembre perché è subito dopo questa fase che il Sole riprende il suo cammino crescente verso l’alto uscendo dalle tenebre nelle quali era sprofondato.
Nella Roma imperiale per iniziativa di Aureliano, che regnò dal 270 al 285 dopo Cristo, il 25 dicembre si festeggiava il Dies Natalis Solis Invicti. Durante tale giornata i cittadini di Roma erano soliti scambiarsi piccole strenne come augurio per i frutti che la natura avrebbe donato grazie alla rinascita del Sole, un Sole Invincibile, appunto Invictus. Una Rinascita che da quella giornata sarebbe stata inarrestabile.
La festa del Solstizio di Inverno è comunque molto più antica. Nella Roma repubblicana lo stesso significato avevano le feste d'inverno che si celebravano due o tre secoli prima della nascita di Cristo. Erano note con il nome di Saturnalia quindi feste di Saturno. Esse avevano inizio il giorno 19 e si prolungavano fino al 25 dicembre. Erano feste di rinnovamento all’insegna della speranza nel futuro e nei frutti che la terra avrebbe prodotto grazie all’intervento del Dio. Nei cinquanta anni precedenti alla nascita di Cristo venne introdotto in Roma un altro culto solare quello di Mithra, ad opera di legionari siriani o di schiavi catturati in Oriente. Mithra veniva identificato come figlio del Sole o come Sole esso stesso. Come per i Saturnalia romani, il culmine della festa veniva raggiunto il 25 dicembre, una data che veniva considerata come propiziatoria e simbolica in quanto la luce tornava ad emergere dalle tenebre invernali. Nella Roma divenuta cristiana, consapevole che si trattava di una ricorrenza profondamente radicata nell’anima popolare, la Chiesa decise di fare coincidere la data del Solstizio con quella della Nascita di Cristo, di quel Dio Bambino venuto ad illuminare il mondo con la Luce della sua Verità. Così nelle iconografie la testa del Bambinello incominciò ad essere rappresentata circondata dai Raggi del Sole. Nel lV° secolo nell’Impero Romano vi era stata una vasta diffusione dei culti solari e in particolare del Mithraismo, che con la sua morale e spiritualità si presentava simile al Cristianesimo ma che rischiava di confondersi con esso e arrestarne la diffusione. Tanto che Costantino, che pure era stato un devoto di Apollo, nel 330 proibì espressamente il culto del Dio Sole. Ma come spesso succede in questi casi, sovrapposta una festa ad una precedente, e lasciato il simbolo della Luce, rimase in Europa ed è arrivata ai giorni nostri l’usanza di accendere fuochi nella notte del Solstizio per dare forza alla luce che sta per ritornare. Ma il Solstizio di Inverno veniva celebrato anche tra i Popoli Celtici e in Persia, a dimostrazione che si tratta di un avvenimento che era sentito ovunque come un momento di morte e di rinascita. In Egitto veniva celebrato come Natale del Dio Horus, figlio di Osiride e Iside. Le statue della dea madre Iside, col piccolo Horus in grembo o attaccato al seno, che richiamano le statue della Madonna che allatta il Bambinello, di notte con le fiaccole venivano portate in processione attraverso i campi. Nella tradizione greco-romana il Dio della Luce era Apollo che rappresenta il Sole che risplende e che attraverso i suoi raggi può curare e guarire. Un Apollo che con il suo occhio lucente scrutava le cose occulte ed era quindi anche il Dio degli Oracoli.   Solstizi venivano rappresentati in Roma come un passaggio attraverso due porte, in latino Janua, da cui Januarius e quindi Gennaio. E a Roma Janus ossia Giano era il Dio Guardiano delle Porte Solstiziali ma anche il protettore dei Collegia Fabrorum, la corporazione che costruiva i Templi. Custodendo le Porte, il Dio Giano era il Dio delle Iniziazioni ai Misteri. E non è un caso che Giano venga rappresentato come Bifronte, alludendo allo stesso tempo ad un principio di morte e di rinascita. Con una testa giovane e una più anziana. A questo si deve aggiungere una sorprendente similitudine fonetica tra Janus e l’ebraico Jahanan da cui Giovanni. Diventa quindi significativo che la Chiesa festeggi i due San Giovanni in prossimità dei Solstizi. L’Evangelista in Inverno e il Battista in Estate. Al primo viene attribuito il Principio dell’Ascendere e quindi del Rinascere. Al secondo quello del Discendere. Tanto che l’ebraico Jahanan significa “Lode a Dio” nel primo caso e “Misericordia di Dio” nel secondo. Lo stesso Battista afferma di dover scemare (ossia decadere) affinché Lui (Gesù) possa crescere. A Roma la Chiesa di San Silvestro è stata costruita sulle rovine del Tempio del Sol Invictus. Un Tempio che venne realizzato dall’imperatore Aureliano. Mentre Silvestro fu il Papa che, con il Battesimo di Costantino, chiuse simbolicamente l’era romana aprendo l’era cristiana. Silvestro diventa quindi colui con il quale si realizza l’identificazione del Cristo Bambino con il Sole che Rinasce. L’occasione di utilizzare la funzione di morte e di rinascita impersonata da Giano per chiudere una era vecchia ed aprirne una nuova. E vi è una altra sorprendente coincidenza. La chiesa è denominata San Silvestro in Capite, perché in essa viene custodita una reliquia che, secondo la tradizione, apparterrebbe alla testa di San Giovanni Battista, il profeta, il cugino di Gesù, che venne fatto decapitare da Erode. Ecco quindi che i due Giovanni, Giano e i due Solstizi ritornano ad unirsi per affermare lo stesso principio. Il Solstizio di Inverno, con il suo significato allo stesso tempo di Morte e di Rinascita, ci suggerisce quindi che dobbiamo metterci in sintonia con i ritmi della Natura. Come accendiamo fuochi per dare forza al Sole che rinasce ed accompagnarlo, e per illuminare le giornate che sono sempre più corte, così dobbiamo accendere e riaccendere in noi quella piccola scintilla che ci mette in comunione con gli altri. In tal modo il seme che è stato gettato riuscirà a fruttificare. Il Solstizio di Inverno deve intendersi quindi come Solstizio dell’Uomo che deve essere sempre pronto a morire a se stesso per poi rinascere a nuova vita.