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Renzi e la riforma dello Stato



                            
 di Guido Colomba

 Come adeguarsi agli standard etici del Paesi puritani? Check and balance, pesi e contrappesi. La vicenda delle dimissioni del ministro Guidi riflette il potere invasivo dell'Alta burocrazia che, in molti casi, costituisce il veicolo per facilitare la corruzione. La soggezione della politica ai poteri forti blocca il Paese. Purtroppo, a differenza degli altri paesi occidentali, manca una legge sulle lobby che ne garantisca la trasparenza. Finora il tempo ha giocato a favore di Matteo Renzi. In poco più di due anni ha messo in atto una profonda revisione dei meccanismi degradati dello Stato e degli Enti locali. Compresa la revisione degli appalti e la drastica riduzione dei centri della spesa pubblica. Certo non era prevedibile lo sfilacciamento del tessuto europeo esasperato da austerity, immigrazione e terrorismo. Un cocktail micidiale. Persino in Germania, dove i bund rendono zero, il ceto medio vive una fase di prostrazione. Ne’ era prevedibile la forte resistenza della burocrazia italiana, specie a livello degli enti locali, che ha reso fin qui marginale il tentativo di eliminare i buchi neri della spesa pubblica come dimostra la penosa vicenda delle società partecipate (oltre ottomila) che producono perdite per miliardi di euro all'anno (qui, il ministro Madia è in forte ritardo). Ed è una vera farsa, assai costosa per i contribuenti, il referendum sul petrolio così necessario all'Italia. Nel frattempo, i servizi resi ai cittadini restano a livelli da terzo mondo pur in presenza di una pressione fiscale che, nonostante la crisi settennale, è aumentata a livello locale del 42%. Nel silenzio dei Governi Monti e Letta. Renzi è stato l'unico che ha cercato di invertire la tendenza anche sul piano fiscale (es. abolizione dell'Imu, riduzione del costo del lavoro). Ma gli effetti delle riforme sono di lungo periodo mentre la corruzione permane, come illustrato dai ripetuti scandali degli ultimi anni nelle grandi città italiane, da Milano a Roma, da Venezia a Napoli, da Torino a Palermo. Basti ricordare le liti tra Formigoni e Moratti che hanno rischiato di non far partire l'Expo (come prevedevano le interviste televisive di Grillo, re delle previsioni sbagliate). Ecco perche’ avanza la deriva populista fra i giovani e i ceti medi delusi che non trovano più riferimenti nei partiti tradizionali. C'è una vasta area che vuole uscire dalla gabbia corporativa-sindacale ed è pronta ad appoggiare misure governative che vadano al di là delle divisioni ideologiche. La qualifica di populista, come sottolinea Guido Rossi, "ha soltanto un dirompente effetto dispregiativo". Si contrappone, sul piano ideologico, "l'economia positiva" (Forum di San Patrignano) che punta ad un sistema dove prevalga l'altruismo all'egoismo, l'interesse generale a quello particolare. La parola chiave é "responsabilità". Bella la battuta di Jean Kasper, braccio destro di Jacques Attali, "la quantità dei sogni deve superare di gran lunga quella dei ricordi".