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Come mai proprio ora un attacco a Hillary Clinton sull’emailgate?

Riportiamo questa analisi dell'amico Platero che introduce nuove reali ipotesi in vista della convenzione democratica.

Mario Platero per il Sole 24 Ore
 Come mai proprio ora un attacco a Hillary Clinton sull’emailgate? Proprio quando Donald Trump come è successo oggi si è aggiudicato i delegati necessari per la nomination? Perché dall’interno, dal “suo” ex Dipartimento di Stato? Perché con tale durezza? Da chi viene l’ordine, da Obama? Questo ed altro abbiamo letto su molte fonti stampa italiane in relazione al rapporto di 78 pagine dell’ufficio dell’ispettore generale di Foggy Bottom sulle email “private” di Hillary Clinton. Solo dietrologia? In gran parte si.

È vero che il documento di 78 pagine del Dipartimento di Stato sulla gestione dell’emailgate, con la denuncia di molte violazioni di regole da parte di Hillary Clinton, ha avuto nel dibattito del giorno dopo un forte impatto politico su un candidato già poco amato e debole. Hillary soffre molto sotto il tiro incrociato del suo compagno di partito Bernie Sanders e del suo concorrente per la Casa Bianca Donald Trump che continua ad accusarla di essere una “crook” una truffatrice. Ma nessuno in America ha letto gli eventi in chiave di congiura.
La verità è che l’ispettore generale nominato dall’amministrazione Obama svolge un ruolo di “controllore” indipendente all’interno del Dipartimento come altri fanno in altri ministeri. Il suo dunque è un pensiero autonomo e fattuale, non manovrato da interessi oscuri.
In America ad esempio, il giorno dopo, nessuno, dal libera New York Times al conservatore anti Trump National Review ha pensato a dietrologie manovrate dalla Casa Bianca o da chiunque altro. Tutti però si rendono conto che per Hillary la situazione email si complica. Del resto lo abbiamo anticipato più volte che il caso emailgate era una mina vagante per il candidato democratico.
Ma torniamo ai “capi d’accusa”.

L’ispettore generale si limita a descrivere i fatti: le regole, dice, a mano che non vi siano delle deroghe, non prevedono che vi sia un sistema di email privato per gestire la corrispondenze ufficiale e delicatissima del dipartimento di Stato. Nel caso le email private fossero utilizzate, come è successo in passato con altri segretari di Stato (Colin Powell) o Ambasciatori, le email dovevano essere restituite nella loro completezza al dipartimento per ovvie ragioni di archivio e per rispettare il Freedom of Information Act. La legge prevede di rendere pubbliche dopo un certo numero di anni corrispondenze governative Top Secret per interessi storici. Cosa che la Clinton non ha fatto. Non solo a partire dal 2009, da quando la signora ha preso il timone del dipartimento di Stato, le regole si sono fatte ancora più stringenti.
Dai documenti risulta che lo staff della Clinton aveva avuto istruzioni di procedere con l’allestimento di un server privato grazie a una «autorizzazione dell’ufficio legale del Dipartimento». Ma le verifiche dell'ispettore dicono nel documento dell'altro giorno che non c’è mai stata alcuna autorizzazione. Non solo affermano che se la Clinton avesse chiesto il permesso le sarebbe stato negato. Il rapporto in sostanza si preoccupa di dare un resconto procedurale, ma non si esprime sulla legalità del modus operandi della Clinton.
Perché ora? Perché in un momento così delicato proprio per Hillary? Perché il rapporto è stato messo insieme dopo aver intervistato centinaia di persone. Poteva uscire una settimana prima o una settimana dopo, ma si sapeva che sarebbe uscito e che sarà consegnato oltre al Congresso, all’Fbi che sta procedendo da tempo a un’inchiesta separata. Ed è questa l’inchiesta più seria, aperta da oltre un anno per determinare se nell’operato della Clinton ci siano state violazioni della legge e se sia necessario raccomandare una incriminazione al dipartimento per la Giustizia guidato da Loretta Lynch. La lynch è un ex procuratore a New York, che conosceva bene la Clinton fin da quando era Senatore dello Stato.
Non vi sono scadenze per il rapporto Fbi, come ha voluto precisare oggi James Corney, il direttore della leggendaria agenzia governativa. Ma indiscrezioni insistono che sarà reso noto prima della convention e dopo aver sentito Hillary Clinton che non è stata ancora interrogata dal comitato d’inchiesta.
Che la decisione dell’ispettore non nasconda una congiura politica dell'amministrazione Obama contro la Clinton lo dice del resto la dichiarazione del portavoce del dipartimento, Mark Toner: «Anche se la cosa non è incoraggiata non c’era un divieto esplicito di utilizzare email private. L’unica richiesta è che tutta la documentazione sia preservata». Cosa che la Clinton ha fatto, restituendo oltre 30.000 email al Congresso perché potessero fare tutte le verifiche del caso. Il problema è che alcune email mancano. Secondo la Clinton mancano solo perché erano di natura privata, riguardavano il matrimonio della figlia ad esempio.

Ma al di là del documento di 78 pagine di mercoledì è ovvio che la vicenda ha una fortissima valenza politica. Secondo i repubblicani già ben prima della pubblicazione del rapporto del dipartimento di Stato, gli elementi per incriminare la Clinton ci sono tutti. Secondo i democratici si tratta solo di violazioni procedurali e cui si è giàposto rimedio.
Come andrà a finire? Non lo sa nessuno. Neppure l’Fbi: se dovesse raccomandare l’incriminazione il dipartimento per la Giustizia potrebbe respingere l’istanza. Ma si verrebbe a sapere con gravissimo danno per tutti. Le polemiche ci saranno anche se l’Fbi, considerato integerrimo a supra partes chiuderà il caso senza capi d’accusa.

Ma il problema più serio in prospettiva riguarda l’ipotesi di incriminazione. Se Hillary sarà incriminata dovrà ritirarsi e la decisione sul candidato democratico per la Casa Bianca 2016 passerà alla Convention di Filadelfia. Vincerà Sanders, il secondo arrivato, con un fortissimo seguito popolare? Possibile. Ma è anche possibile che Hillary in cambio di un perdono presidenziale dia ai suoi delegati l’indicazione di voto per Joe Biden. Questo sì che spariglierebbe le carte. Rendendo tra l’altro le cose difficili per Trump visto che Biden è generalmente molto amato. Ma qui entriamo nelle congetture, terreno poco fertile perché riguarda ipotesi non verificate. Quel che è certo è che di nuovo in questa incredibile campagna elettorale del 2016 le parti potrebbero invertirsi: i repubblicani che dovevano avere una convention battagliera e incerta si stanno già riunificando attorno a Trump. I democratici che avrebbero dovuto incoronare senza incertezze Hillary, navigano sempre più nella nebbia.