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Mps, timing errato


Guido Colomba

Come in una matrioska, la vicenda di Mps nasconde una sorpresa dopo l'altra. Non basta la richiesta della Bce per un aumento di capitale a 8,8 miliardi (un mese fa aveva chiesto 5,0 miliardi). Vi è anche il tema del prezzo di conversione per i titoli Mps. Oramai è chiaro che i Fondi hedge vogliono guadagnare il massimo (per questo si sono sfilati rapidamente dalla trattativa privata facendola fallire nonostante la presenza di "costosi" advisor - come ha ricordato l'economista Giavazzi - del calibro di JP Morgan e Mediobanca) e chiedono che il prezzo del titolo rappresenti una percentuale molto vicina al patrimonio netto di Mps. Per il governo (diverrà primo azionista) questa richiesta rischia di tramutarsi in una trappola poiché più ampio sarà il "sussidio" ai grandi investitori e più difficile sarà la vendita della banca "normalizzata" sul mercato. Di certo, un pò tutti i media si sono accorti che il "timing" del governo è dei peggiori. Il banco ha perso 16 miliardi di euro di depositi negli ultimi quattro mesi peggiorando sensibilmente l'outlook in termini di valore e di capitalizzazione. Se il decreto del governo era pronto da un pezzo perché non è stato varato prima? Intanto, il Corriere della Sera (re: di F. Fubini 24 dic.) lancia un attacco criptico al Tesoro: "Il ministro dell'Economia ha gestito la vicenda con una determinazione evidente. Eppure, molti dubitano che il suo direttore generale, Vincenzo La Via, si sia impegnato a far funzionare la squadra del ministero nello stesso modo". Non sorprende che, in questa stagione di commenti velenosi (da tempo si parla di rotta di collisione tra Renzi e Padoan), il presidente del Monte, Alessandro Falciai (che figura tra gli azionisti della banca senese) abbia detto senza mezzi termini di "essere deluso dai grandi soci esteri". Ed ha attaccato la politica seguita in questi anni nei confronti del mercato dei capitali: "Il mercato italiano vede pochi fondi pensione, pochi investitori istituzionali, Pioneer è stata appena venduta ai francesi di Amundi. La Borsa é molto piccola". Mi auguro - ha detto Falciai- che l'aumento di capitale di Unicredit veda impegnati capitali italiani altrimenti prepariamoci a una presenza forte di francesi e tedeschi" L'ironia di questa situazione è rappresentata dagli oltre 750 miliardi di euro dei risparmiatori italiani nei fondi di investimento, gran parte dei quali (72%) in mano ai gestori esteri proprio perché la borsa italiana è "molto piccola". Non è solo un problema di diversificazione del rischio visto che le banche italiane hanno venduto, dal 2008 ad oggi, ai propri clienti retail bond per 578 miliardi di obbligazioni  "senza obiezioni istituzionali". La Banca d'Italia ha fallito nel non aver capito che l'enorme ricchezza finanziaria degli italiani (3848 miliardi) richiede un mercato dei capitali efficiente come elemento strutturale per gli investimenti nell'economia reale. Oggi invece c'è un sistema bancario in difficoltà mentre il risparmio degli italiani viene canalizzato verso l'estero.