Translate

Un voto di protesta della middle class


Guido Colomba
Un voto di protesta della middle class di quasi venti milioni (59,1% del totale) ha travolto il governo Renzi. Questa volta i sondaggi hanno sbagliato per difetto non per eccesso. Dietro la facciata di un voto trasversale, con effetti di lungo periodo, emergono due scenari di grande potenza. Il primo riguarda la precarietà dei giovani, lasciati allo sbaraglio e sottoposti alla globalizzazione selvaggia come attesta l'abnorme utilizzo dei voucher. Le famiglie, ormai esauste, fanno fatica a sostenere i propri figli disoccupati o precari. La rabbia è esplosa quando si è vista una accoglienza verso i migranti senza limiti di spesa (e senza programmi di formazione) con l'offerta di alberghi a pensione completa, di telefonini e in alcuni casi con la requisizione prefettizia di ville e case private. Il secondo scenario riguarda la mancata tutela del risparmio che vede la potente lobby di via XX Settembre (con il pieno appoggio di Banca d'Italia e Bruxelles) sull'altro lato della barricata come dimostra tutta la gestione della crisi delle banche italiane. Qui le responsabilità di Padoan sono enormi. Ha scelto di non intervenire, ha cercato di guadagnare tempo mettendo in secondo piano i diritti dei risparmiatori la cui tutela è espressamente prevista dalla Costituzione (Guido Carli celebrava con grande impegno, ogni 31 ottobre, la giornata mondiale del risparmio). Nel caso del Monte Paschi, Padoan ha adottato un "piano B" che si affida esclusivamente alle grandi banche e ai grandi fondi esteri integrato da una criptica "moral suasion" nei confronti dei grandi player assicurativi. Altrettanto in alto mare la soluzione delle altre crisi bancarie proprio mentre i mercati da tempo chiedono chiarezza e tempestività. Sta di fatto che negli ultimi due anni, Renzi ha cercato di sottrarre competenze dal Tesoro a Palazzo Chigi nel tentativo di arginare le manovre di questa potente lobby. Con il senno di poi si capisce che l'appoggio di Obama (molto vicino a Wall Street) non gli ha giovato. Anzi, emerge l'esistenza di una manovra contro il governo Renzi. Illuminante, sul Corriere della Sera di Venerdì scorso, 2 dicembre, alla pre-vigilia del voto sul referendum, il lungo editoriale in prima pagina di Lucrezia Reichlin dal titolo significativo "Le mosse necessarie per aiutare il credito": "l'Europa va convinta, il governo italiano deve accettare il monitoraggio europeo del processo e soprattutto i costi in termini di iniezione di capitale pubblico e accelerazione dei fallimenti previsti dal piano sono pesanti". Dunque si parla di fallimenti (ma, con il bail-in, pagano anche i risparmiatori) e si lancia una previsione ancora più catastrofista del Financial Times: "Procrastinare ci pone di fronte al rischio di una crisi in cui noi italiani non avremmo più il controllo di nulla". Non vi è traccia in queste parole della ricchezza degli italiani (una delle più elevate del mondo occidentale), del debito pubblico per il 71% in mano italiana, nè della forza industriale italiana (la seconda a livello europeo) con una bilancia commerciale attiva per 40 miliardi insieme ad un elevato avanzo primario in atto da diversi anni. Emerge una domanda spontanea. L'Italia corre davvero il rischio "di non avere più il controllo di nulla"? Occorrono risposte chiare e immediate. Non basta il cordone di sicurezza sul mercato steso oggi da Draghi. Nè sembra appropriato pensare ad un incarico tecnico a Padoan.