Translate

L'affronto come base della comunicazione



 Federica Morao (MICRI 8)

La vittoria alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America di Donald Trump è stato un chiaro esempio di come i media ed i mezzi di comunicazione giochino un ruolo fondamentale in qualsiasi aspetto del mondo della politica, dalla campagna elettorale, ai momenti di dibattito tra rivali politici, alle decisioni prese ed aneddoti verificatisi durante il mandato del presidente eletto. Trump ha, infatti, usato i social media in maniera che si può osare definire “scientifica”, concentrandosi particolarmente sull’uso di quattro canali famosissimi, ovvero Facebook, Twitter, Instagram e YouTube, e due, seppur meno conosciuti, Vine e Periscope, i quali non costano molto e non hanno bisogno di alcuna intermediazione giornalistica, pur permettendo un’esposizione pari a programmi come Cnn o Abc. Se fare politica significa principalmente comunicare il proprio messaggio ed ottenere l’attenzione delle persone ad esso interessate, possiamo affermare che Trump sia perfettamente riuscito in ciò, raggiungendo l’attenzione dei cittadini americani soprattutto dove essi stavano focalizzando il loro interesse, per l’appunto sui social, peraltro visibili anche direttamente dai cellulari, così da possedere una visibilità più immediata e veloce. Quindi, comunicazioni rapide, della durata massima di un minuto, su Instagram, live-tweeting nel corso di eventi da lui presenziati con lo scopo di far sentire la sua voce alla massa, dirette video su Periscope, per fornire risposte in tempo reale alle domande dei followers, hanno rappresentato i mezzi comunicativi con cui “The Donald” è riuscito in maniera brillante ad intercettare gli occhi dell’elettorato repubblicano con i due canali di comunicazione, ovvero, One to many e One to one, creando tra gli elettori la sensazione di una relazione stretta e più vicina con il candidato in sé, soprattutto nel rapporto “uno a uno”.
Quale è stato e qual è, invece, l’atteggiamento del neo Presidente americano verso i media? Prima di tutto, visti i contenuti dei suoi post e tweet, per diffondere il suo messaggio, è indubbio che Trump abbia adottato una strategia basata su temi dalle caratteristiche minacciose ed offensive, contenuti paradossali ed estremi, sovente persino insulti, i quali gli hanno dato la possibilità di scatenare fermento e scalpore tra le testate giornalistiche e l’opinione pubblica. Però, anziché indebolirlo in materia di consensi e approvazione da parte del pubblico, lo hanno, al contrario, rafforzato e, inoltre, lo hanno avvantaggiato ad estendere il suo messaggio politico sul web, anziché mantenerlo dentro il suo profilo privato. Ne sono un paradigma, a questo proposito, le invettive contro il mondo musulmano pubblicate sui social, che successivamente sono state oggetto di trattazione da vari quotidiani, come, per esempio, il “Washington Post”, i quali, così facendo, hanno amplificato la portata del messaggio di Trump.
Ma Trump si è anche scagliato contro i media in diverse occasioni. Quando, in un momento transitorio alla presidenza, erano emerse notizie su possibili ricatti dei russi nei confronti di Trump, sulle probabili interferenze russe all’interno delle elezioni e i presunti contatti con la campagna, il neo presidente aveva tentato di spostare l'attenzione dai contenuti dei dossier dell'intelligence alle fughe di notizie. Tecnica da lui utilizzata anche in una seconda circostanza, quando, dal suo account privato Twitter, ha duramente attaccato i notiziari tv affermando che da questi fuoriescano solo <>, come riporta un tweet del mese di febbraio, ed etichettando come "fake news" le notizie che riguardavano la Putin-connection e lo scandalo dei contatti illeciti del suo staff con i russi, che ha costretto il neo nominato consigliere alla sicurezza nazionale generale Michael Flynn alle dimissioni il 13 febbraio:
<intelligence
, che ha dato illegalmente informazioni classificate come fossero caramelle. Molto anti americano>>. (@realDonaldTrump).

Quindi, l'affronto contro le agenzie di intelligence poiché accusate di aver divulgato informazioni riservate al fine di danneggiare il suo governo. Facendo riferimento ai numerosi articoli che i giornali hanno scritto sullo scandalo Flynn recentemente, il Presidente ha, infatti, twittato che <New York Times
 e al Washington Post da Nsa e Fbi, proprio come avrebbero fatto i Russi>>. Infine, ha ribadito, come già è avvenuto in precedenza, che tutta la storia dei suoi legami con i russi sia stata nient’altro che un'invenzione democratica, frutto di una cospirazione politica, <<un non senso inventato durante la campagna elettorale per distrarre i media dagli errori di Hillary Clinton>>.
Come si ottiene, dunque, il consenso del démos oggi, in un periodo di delusione e di totale mancanza di fiducia nei confronti di quei personaggi ed istituzioni che governano lo Stato?
Di certo, una dialettica persuasiva ed in grado di catturare l’attenzione del pubblico risulta fondamentale per riuscire nell’intento. Centrale è capire quale sia il modo più raffinato ed efficace per partire col piede giusto nelle conversazioni e aumentare la probabilità che gli interlocutori entrino in un clima di consenso e si predispongano ad accettare più facilmente le idee che vengono comunicate. Dopodiché, fa la sua comparsa il potere dei media: rimane centrale il ruolo dei mezzi di comunicazione come “spazio pubblico”, in cui hanno luogo lo scambio e i rapporti di forza fra soggetti politici, ossia partiti, candidati, governanti, cittadini, ovvero gli elettori e governati, ed infine il sistema mediale, dato dall’insieme spazio-protagonista.
Attraverso un processo graduale, differente nei vari contesti nazionali, i mass media sono diventati sia fonte di potere, visti come strumento di controllo, informazione istituzionale, ecc., sia sede di confronto democratico, sia luogo di costruzione/manifestazione di immagini della realtà sociale e dei cambiamenti che la caratterizzano, sia chiave di visibilità pubblica. Perciò si può oggi ipotizzare che la legittimità dell’esercizio del potere derivi dalla capacità dei governanti di apparire sui media, ed il fatto che questi abbiano, a loro volta, bisogno della politica obbliga a riflettere sui meccanismi della correlazione tra la politica e i sistemi comunicativi. Cruciale, sviluppato particolarmente per la Tv, è il tema dell’integrazione sociale che si considera come un obiettivo della ricerca del consenso. Nei primi tempi, ad esempio, la televisione ha rappresentato il mezzo trasportatore di modelli e valori dalla città alla campagna, di consumismo, di disordine sociale; successivamente, il pubblico nel corso degli anni ha individuato nella tv la capacità di unificare culturalmente e linguisticamente, di integrare i nuovi arrivati, gli immigrati, nelle comunità più progredite, così da fungere da moderna agenzia di socializzazione.
Oggi si parla di “comunicazione internazionale”: gli effetti delle comunicazioni di massa sono stati spesso indagati in base al loro contributo alla formazione del consenso. Le istituzioni dei media perseguono il rispetto dell’interesse nazionale affinché operino nei limiti di una critica accettabile, mentre alcune ricerche sul pubblico hanno riportato che ciò che spinge ad utilizzare i mezzi di comunicazione è la volontà di <>. Riassumendo, quindi, nel sistema mediale, il consenso trova una variegata gamma di espressioni, siano esse spontanee o controllate.
In conclusione, la tecnologia si è evoluta nello scorrere degli anni, la comunicazione è cambiata ed è destinata ad evolversi, ma la storia si è ripetuta ancora ai giorni nostri: dunque, se la radio fece vincere Franklin Delano Roosevelt, tv e giornali hanno fatto Berlusconi, Facebook ed email marketing Obama, i social network hanno permesso a Trump di diventare il 45° Presidente