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Dal 19° Congresso le linee guida per condurre la Cina ai vertici del mondo

Il congresso comunista – La leadership più forte della Cina cambia tutto

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero
Mercoledì prossimo si aprirà il 19° Congresso del Partito Comunista Cinese. Un evento che deciderà in modo irrevocabile la futura politica di una Cina ormai diventata potenza globale nel campo politico, economico e militare.
Forse a causa della scarsità di notizie sullo svolgimento dei lavori del Congresso, le discussioni sui suoi possibili esiti sono state poche e spesso superficiali, anche se si tratta del destino di un paese che, da solo, porta la responsabilità di quasi un terzo della crescita mondiale, mentre ormai nessuna delle grandi imprese multinazionali può permettersi di non essere presente nell’impero di mezzo. La riunione della prossima settimana influirà quindi sul futuro del nostro pianeta più di ogni altro avvenimento politico.
A differenza di quanto avviene nelle democrazie occidentali vi è infatti la quasi certezza che le decisioni prese non saranno mutate almeno fino al prossimo Congresso, cioè fra cinque anni.
Anche se poco più di un cinese su venti è iscritto al Partito, esso rimane infatti il vero e unico centro di potere e da esso strettamente dipendono sia l’esercito che il governo. Nei primi cinque anni della Presidenza di Xi Jinping il potere del Partito si è inoltre ulteriormente rafforzato operando in presa diretta su tutte le componenti dello stato e agendo in modo determinante sulle amministrazioni delle province, sulle imprese pubbliche e sul sistema finanziario e bancario.
La pur necessaria lotta contro la corruzione si è inoltre progressivamente estesa a tutti gli aspetti decisionali del paese e, di conseguenza, ha tagliato alcuni nodi di potere che potevano condizionare la compattezza del comando della Cina.
In conseguenza di queste decisioni politiche molti osservatori pensano che il prossimo congresso voterà in favore di un ulteriore accentramento del potere, con il passaggio da sette a cinque componenti del Comitato Centrale, che dovrebbe essere in ogni modo totalmente rinnovato.
Rinnovato per fare che cosa? Anche se abbiamo già osservato che non esiste una piattaforma conosciuta sulla quale si concentreranno le discussioni e le decisioni del Congresso, possiamo tuttavia affermare che la futura politica della Cina viene bene riassunta dalle due espressioni che più sono ripetute nelle informali discussioni precongressuali. Due espressioni che suonano come “consapevolezza e consolidamento” del ruolo della Cina nel mondo.
Il paese che fino a pochi mesi fa veniva definito dai sui stessi governanti come un paese “in via di sviluppo” si prepara cioè ad un Congresso che vuole prendere apertamente atto di un grande obiettivo: giocare un ruolo di assoluta primazia nel futuro del pianeta.
Prima di tutto con uno sforzo interno di trasformazione di un paese in cui ogni giorno nascono quindicimila nuove imprese, si abbandonano le produzioni a basso valore aggiunto, aumentano vertiginosamente le spese in ricerca e si sfida il primato mondiale in settori di vitale importanza nel futuro, come l’automobile elettrica e i supercomputer. Obiettivi che debbono accompagnarsi alla sostituzione di consumi agli investimenti, alla riforma del sistema bancario e alla riduzione delle inefficienze di molte imprese pubbliche.
In politica estera saranno gli anni della concreta attuazione della via della Seta, che si traduce in un enorme impegno per l’espansione verso l’estero, attraverso una presenza pervasiva nell’Asia Centrale e una crescente influenza in Europa ed Africa. Un progetto di proiezione economica verso l’estero che non ha uguali.
Il tutto accompagnato da un processo di modernizzazione e di rafforzamento degli apparati militari, anche se fino ad ora vi è una sola base militare all’estero (a Gibuti) di fronte alle alcune centinaia che gli Stati Uniti presidiano in tutto il mondo.
Xi Jinping potrà aprire il Congresso con la consapevolezza che il progetto di spingere la Cina verso la primazia mondiale si fonda sulla condivisione di un un nuovo sentimento di orgoglio nazionale.
Anche se le esperienze personali non hanno certo validità scientifica, mi viene tuttavia spontaneo ricordare quando, nel mio primo anno di insegnamento a Shanghai nel 2009, uno studente mi chiese di descrivere nel ristretto spazio di tre parole le mie aspettative sul futuro della Cina.
Mi venne spontaneo rispondere che mi attendevo una “growing cooperative China”, cioè una Cina che continuasse a crescere cooperando con gli altri paesi del pianeta. Le mie parole furono accolte con un sincero applauso.
Cinque anni dopo un altro studente mi fece la stessa domanda ed io, ovviamente, diedi la stessa risposta. Ad essa non seguì però un applauso ma la richiesta di precisare che il termine “cooperazione” non sottintendeva alcun implicito ruolo di subordinazione della Cina di fronte al mondo occidentale.
Il presidente Xi Jinping può essere perciò sicuro che quando esporrà ai 2300 delegati del Congresso le linee-guida per condurre la Cina ai vertici del mondo potrà godere del consenso di un paese che ha come primario e condiviso obiettivo il ritorno all’antica grandezza. Il che implicherà un cambiamento radicale non solo del futuro economico ma anche del futuro politico del nostro pianeta.