Potremmo chiamarla 'Sindrome Arpisella', dal nome del potente portavoce della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, rimandato a curare gli interessi delle aziende di famiglia dopo la pubblicazione di una serie di telefonate con giornalisti dei quotidiani e periodici di Barlusconi.
Ne parliamo da questa parte dell'Atlantico per due ragioni: la prima e' che seguiamo con interesse ed apprensione la spirale al peggio che sta caratterizzando l'involuzione della societa' italiana. La seconda perche' per anni abbiamo fatto parte della schiera di capi uffici stampa, portavoce, responsabili delle relazioni con i media e tutte le altre definizioni che vengono date ad una categoria professionale che vive in un mondo di cartapesta.
Il sig. Arpisella e ' stato degradato dal ruolo carismatico che si era ritagliato in Confindustria dando calci nelle palle a destra e sinistra perche' parlando con un giornalista che si rifiutava di omettere il nome di una societa' della Marcegaglia (citata in una ennesima porcata dell'immondizia) avrebbe fatto minacce a nome della Confindustria. Ed e' stato facile il gioco dei suoi avversari nel palazzo di Viale dell'Astronomia nello scavargli la fossa.
Ma dalle telefonate, le cui registrazioni sono state pubblicate dal Fatto Quotidiano, vengono fuori sbilenche affermazioni secondo cui il Nostro sarebbe stato a conoscenza di maneggi oscuri attuati da una non meglio identificata cupola che fa e disfa al disopra delle teste dei grandi politici e dei poveri giornalisti interlocutori del possente informatore confindustriale che, evidentemente, nella sua posizione di estremo vertice, gode di confidenze che i peones dell'informazione non hanno.
Forse Mr. Arpisella e' sicuramente al corrente di quel che succede nella stratosfera del potere. Oppure si tratta delle solite smargiassate di chi si trova a frequentare in livrea e polpe bianche le stanze del potere, credendo di farne parte.
Ma non possiamo non ricordare quanto gli allora affermati colleghi di grosse imprese private e pubbliche ci dicevano quando con teatrale umilta' chiedevamo loro lumi su come comportarci negli ambienti romani.
Uno di questi, che allora lavorava per una industria automobilistica, tiro' fuori dalla giacca un blocchetto di assegni della azienda e ci disse: "E' con questi che si sveltiscono le pratiche nei ministeri." Aveva ragione anche se abbiamo avuto la soddisfazione di riuscire a ottenere il dovuto in tante occasioni professionali unicamente basandoci sulla nostra capacita'
di intessere rapporti umani con i burocrati dei ministeri ad ogni livello. Volete dire che a noi il blocchetto di assegni non ce lo davano? Pensatelo pure.
Un altro, mostrandoci la sua 24 ore di raffinata pelle, ci disse che con quella piena di soldi si riusciva a convincere molti giudici. Alcuni di questi potenti personaggi hanno avuto guai con la giustizia. Per quanto ci riguarda ringraziamo Iddio per non averci dato dei capi azienda che ci chiedevano comportamenti di questo tipo.
Poi c'erano i capi uffici stampa (o chiamateli cone volete voi) che regalavano viaggi in localita' esotiche a fior di giornalisti cosiddetti economici che pero costavano tanto. Soggiorno, e' logico, per il collega e l'amante di turno. A qualcuno veniva regalata la nuova mobilia dell' appartamento.
Iniziata dalla nota casa automobilistica italiana e seguita dalle concorrenti era ed e' la pratica di dare in commodato perpetuo vetture di lusso o supersportive ai giornalisti sia del settore che a quelli dell'economia e finanza. A parte alcuni test fatti da un magazine specializzato, avete mai letto qualche articolo che metteva in evidenza difetti clamorosi di progettazione?
Dice: parli dall'America. Figurati se non accadono le stesse cose. Vero. Anche qui su 304milioni di cittadini ci sono stuoli di farabutti che se scoperti finiscono la loro vita in un carcere.
Resta il fatto che se inviti qualche giornalista a colazione, al momento del conto tira fuori la sua carta di credito e paga di tasca propria. Anche perche' i giornalisti americani sono allevati nella cultura del "What's your story?". Se hai una storia interessante da raccontare, bene: la prendono in considerazione. Altrimenti e' inutile tentare di lubrificare il rapporto. E questo vale per la stragrande maggioranza dei giornalisti.
Quanto ai sontuosi regali natalizi ricordiamo ancora con un certo rossore, quanto ci scrisse la co-editor del Wall Street Journal quando le inviammo una preziosa agenda in cuoio. La signora ce la restitui' graziosamente dicendoci che avremmo potuto destinarla piu' efficacemente a qualche giornalista nostrano.
Ed anche questa e' America.
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