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Donald tra il dire e il fare

Trump: "Stiamo costruendo un'America sicura, forte e orgogliosa"

Già cominciano ad arrivare i messaggi dei lettori italiani di questo blog, alcuni dei quali provocanti con l'accusa: "Dopo questo incredibile discorso sullo Stato dell'Unione sicuramente lei non saprà cosa scrivere…"
Infatti è difficile commentare un intervento di 80 minuti che raccoglieva tutto lo scibile dell'attuale presidente degli Stati Uniti.
Nella società dell'immagine i politici di rango si preoccupano prima di tutto di rilasciare una immagine di compostezza a garanzia del rituale.
Il Donald Trump che abbiamo visto ieri notte aveva il compito di cancellare temporaneamente l'immagine di bullismo che il presidente è riuscito a cucirsi addosso mai smentendo la sua vocazione naturale di provocatore televisivo.
Cancellati gli sberleffi, gli ammiccamenti, le smorfie che caratterizzano gli interventi pubblici di questo singolare personaggio.
Ma, una volta terminato il suo intervento fiume, Donald Trump si è fiondato giù dal podio presidenziale per stringere mani.
Ed è rientrato immediatamente nella sua parte assicurando ad un senatore repubblicano che avrebbe autorizzato al 100% la diffusione del documento stilato da membri repubblicani del comitato di intelligence che secondo indiscrezioni conterrebbe pesanti accuse di comportamenti deviati da parte di agenti dello FBI.
Una tesi questa smentita dal suo chief of staff, il generale Kelly, che ha invece dato assicurazioni ai dirigenti del dipartimento di giustizia che il documento non sarebbe stato dato al pubblico per non compromettere alcune inchieste in corso.
Dalla Casa Bianca poi continuano a trapelare le soffiate che riguardano il quasi sicuro licenziamento del consigliere speciale Robert Mueller, che rappresenta il più grave pericolo per Donald Trump e sta approfondendo l'inchiesta sul ruolo giocato dalla Russia nel contaminare l'elezione presidenziale del 2016.
Quanto ai contenuti dei suoi 80 minuti letti sugli schermi del teleprompter il presidente Donald Trump non ha mancato di sottolineare il positivo andamento dell'economia americana (del resto inserito in un contesto di miglioramento mondiale).
Proprio quello che voleva sentirsi dire la sua base che ha volutamente dimenticato i meriti della amministrazione Obama che ha lasciato in eredità al nuovo inquilino della Casa Bianca il recupero dell'economia americana dopo la terribile crisi del 2008.
La mano tesa ai democratici per una soluzione comune del problema immigrazione è solo un espediente oratorio: Donald Trump promette nei prossimi anni di impostare un programma di riconoscimento di 1 milione e mezzo di immigrati purché il congresso approvi 25 miliardi di dollari per il completamento del muro divisorio tra Stati Uniti e il Messico.
La vera preoccupazione di Donald Trump si chiama Robert Mueller che se non sarà licenziato dallo stesso presidente potrà rappresentare la pietra tombale per questo inquilino della Casa Bianca.
La situazione politica è oggi qui, negli Stati Uniti, arrivata al calore bianco.
Ne erano conferma i volti dei democratici presenti nella aula della Camera che sottolineavano con sguardi perplessi i passaggi più importanti del discorso del presidente.
Parlando di volti le telecamere si sono spesso soffermate su quello della first-lady che aveva raggiunto il congresso separatamente dal marito.
A conferma delle notizie pubblicate dai tabloid secondo cui Melania sarebbe in rotta con Donald dopo che sono state pubblicate notizie e fotografie della pornostar con la quale Donald Trump si era sollazzato a quattro mesi dal parto dell'ultimo figlio.
Per garantire il silenzio della professionista del sesso sarebbe stata pagata una cifra pari a 150.000 dollari.

Oscar
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Caro Oscar,

il vezzo di pagare baldracche di stato affinchè neghino di aver copulato con esponenti di vertice, mi pare sia andazzo comune anche in Italia. Evidentemente i politici hanno attributi nascosti che surclassano quelli della gente della strada ! Oppure, anzichè teste d'uovo sono solo teste di c.... !

O tempora o mores: lo diceva già Cicerone 2000 anni fa. Scomodiamo anche Koelet nell'Ecclesiaste: Nihil sub sole novi.

Dario Seglie, Italy








Donald Trump is stuck between a rock and a prison cell


Here’s how scared Donald Trump is of Vladimir Putin: yesterday, Trump flat out refused to honor the legal deadline for him to enforce new sanctions against Russia. In so doing, he helped build the criminal case against himself, and thus increased the odds that this all ends with him in a prison cell. This means that whatever Putin is holding over him or threatening him with, it must be worse than prison. This is just the start of Trump’s rock-and-a-hard-place problems.

Robert Mueller is now investigating Donald Trump for having tried to illegally fire Robert Mueller. Feel free to read that sentence twice for the surreal nature of this to set in. Trump is now on the hook legally for having tried and failed to commit a crime in an effort at getting himself off the hook. Remarkably, his half hearted attempt at firing Mueller delivered him no benefit. That’s like walking into a bank with a gun drawn, announcing you’re robbing it, saying “ah screw it” after the cashier makes a meanie face at you, walking out, and going to prison for attempted bank robbery anyway.

Then there is Trump’s decision to harass FBI Deputy Director Andrew McCabe into retiring. This is also obstruction of justice, except oops, McCabe wasn’t even involved in the Russia investigation. Trump somehow convinced himself that McCabe was the one screwing him over, simply because McCabe’s wife is a Democrat. Trump once again committed an obstruction crime by ousting McCabe, and gained nothing from it. That’s like trying to rob a bank, only to find out that it’s a fake bank on a movie set. There was no possible gain in it for you, and yet you’re still going down for a crime.

Donald Trump keeps committing crimes left and right, because he’s a lawless career criminal. Donald Trump keeps committing the wrong crimes, the ones that don’t even help him, because he’s a tepid buffoon. Stupid criminals always get locked up in the end. The odds of Trump landing in a cell keep increasing by the day.

Mozart's Birthday at Casa Italiana


A Davos è giunto un messaggio chiaro: la festa è finita.


Guido Colomba

A Davos è giunto un messaggio chiaro: la festa è finita. Gli Stati Uniti non accettano più di avere la bilancia commerciale in deficit perenne con tutti e senza limiti. A maggior ragione nei confronti di chi pratica da tempo comportamenti non corretti a cominciare dal massiccio furto di proprietà intellettuali (brevetti, marchi) senza tralasciare i sussidi statali che spesso rasentano il dumping. Del resto l'Europa per prima ha adottato in questi anni vari sistemi di protezione (oltre cinquanta provvedimenti) nei confronti di talune importazioni asiatiche (Cina e Corea del Sud) ad es. sui pannelli solari, i frigoriferi, l'acciaio ecc. Quanto ai rilievi di Draghi (Bce) sulla "correttezza" dei cambi basti ricordare che quattro anni fa l'euro si è apprezzato fino a 1,3992 sul dollaro. Nel 2011, nel pieno della crisi del debito sovrano, l'euro valeva 1,4939 sul dollaro. Il massimo è stato raggiunto nel 2008 (scoppio della crisi Lehman Brothers) a 1,60. Eppure l'economia europea era in profonda crisi mentre ora la Bce, con l’euro a 1,25, rivendica una crescita più robusta del previsto ed a ritmi più rapidi degli Usa. Insomma, c'è l'ennesima dimostrazione che l' "explanatory journalism" è in crisi profonda. Di certo, è "one sided" oppure denota una grave carenza di analisi e documentazione. L'altro aspetto critico, evidenziato anche da Brexit in tema di stanza di compensazione dei contratti in strumenti derivati, riguarda il sistema dei pagamenti. Le "big five" sono entrate massicciamente e fanno una concorrenza sempre più spinta verso le banche tradizionali. C'è da domandarsi quali e quante potranno sopravvivere in termini di redditività e competitività (non a caso le aziende di credito puntano sulla consulenza e sulla gestione del risparmio). Anche perché a questo fenomeno irresistibile si sommano le vendite on line, con consegna a domicilio, di colossi come Amazon e Alibaba. Una situazione che sta sconvolgendo anche i canoni classici dell'economia poiché costituisce, oramai è acclarato dai big data, un freno ai prezzi alimentando una deflazione strisciante che sta mandando in tilt la politica delle banche centrali. Tanto che la Bce, contro ogni logica, sta proponendo solo il prolungamento del Q.E. Con l'aggravante che questo trend si auto-alimenta in un quadro di crescenti diseguaglianze (specie verso le giovani generazioni) che mettono in discussione la sopravvivenza del welfare state europeo così come lo conosciamo. La durezza della Vigilanza Bce di Francoforte nel richiedere, nonostante le proteste, una accelerazione nella copertura dei crediti in sofferenza (Npl) nasce proprio da questa prospettiva, carica di incertezza, relativa alle banche tradizionali. Meglio intervenire ora che l'economia tira prima che sia troppo tardi. L'isterismo emerso a Davos da parte di numerosi esponenti europei (e non solo) deriva dalla incapacità di cambiare le linee guida dell'Unione Europea nella percezione che i cambiamenti in atto sono irreversibili. Non a caso le aziende hanno accelerato in questi mesi le emissioni obbligazionarie approfittando della bolla di liquidità che trova il rovescio della medaglia nella crescita delle criptovalute. Gli smart phone dei privati continuano a ricevere ogni giorno migliaia di messaggi che invitano i risparmiatori, ignari dei rischi, a comprare bitcoin. George Soros non ha dubbi: "Bitcoin e le criptovalute sono una bolla e non possono essere vere monete. Anzi, possono diventare qualcosa di peggio: strumenti in mano a oscuri protagonisti, quali dittature che oggi le sfruttano per costruire forzieri all'estero". E' chiaro che i governi europei e la BCE sembrano del tutto incapaci di prendere una qualsiasi decisione. Purtroppo, la globalizzazione finanziaria ha prodotto troppi danni perché la Bce possa ancora praticare la politica del "guadagnare tempo". 

Delaying, limiting or avoiding an interview with special counsel

Robert Mueller wearing a suit and tie

© Provided by The Wall Street Journal.


President Donald Trump’s legal team has been studying a 1990s federal court ruling that could be the basis for delaying, limiting or avoiding an interview with special counsel Robert Mueller, who is heading an investigation into Russian interference in the 2016 election, according to people familiar the matter.
Mr. Trump this week told reporters he was “looking forward” to speaking to the special counsel’s office, which has already interviewed more than 20 members of his White House staff.
“I would love to do it, and I would like to do it as soon as possible,” the president said.
Yet he also said that any decision about testifying before prosecutors looking into possible obstruction of justice on his part would be “subject to my lawyers,” whose interest is to spare Mr. Trump any legal jeopardy.
Mr. Mueller’s investigation is looking into whether the Trump campaign colluded with Moscow during the campaign and whether the president obstructed justice when he fired former FBI Director James Comey, who initiated the probe.
Mr. Trump has denied both accusations, and Russia has said it didn’t meddle in the campaign.
Granting Mr. Mueller an interview poses legal risks that some people close to the president find unacceptable. The 1997 case potentially gives Mr. Trump some leverage.
In that case, a federal appeals court ruled that presidents and their closest advisers enjoy protections against having to disclose information about their decision-making process or official actions.
The court ruled that prosecutors hoping to overcome arguments of executive and presidential privilege must show that such information contains “important evidence” that isn’t available elsewhere.
A central piece of Mr. Mueller’s inquiry is Mr. Trump’s decision in May to fire Mr. Comey.
The Mueller team is examining whether the action amounted to obstruction of justice, a finding that could touch off impeachment proceedings.
Legal scholars said that Mr. Trump’s lawyers could invoke the 1997 case to obtain more favorable terms of any voluntary interview Mr. Trump gives, because a court fight over an interview or grand jury testimony could take months to resolve.
The president has taken shifting positions on the investigation. He has denounced it as a “witch hunt” and a “hoax,” but also said he believes Mr. Mueller will treat him fairly.
In June, Mr. Trump privately wanted to fire Mr. Mueller, though he backed off when his top White House lawyer, Don McGahn, raised objections, one person familiar with the matter said.
Asked about that episode, first reported by the New York Times, Mr. Trump said: “Fake news. Fake news,” as he arrived in the World Economic Forum on Friday morning in Davos, Switzerland.
Others said that Mr. Trump never seriously considered dismissing Mr. Mueller. Though Mr. Trump privately raised concerns about what he saw as conflicts of interest on Mr. Mueller’s part, one former White House aide said he recognized that ousting the special prosecutor would backfire politically.
Mr. Trump has said that Mr. Mueller’s conflicts include a friendship with Mr. Comey and Mr. Mueller’s interest in succeeding him as Federal Bureau of Investigation director, according to people familiar with the matter.
“There was never a decision to even challenge Mueller on conflicts (of interest), let alone an order to fire him,” one person familiar with the team’s legal thinking said. “Had the president decided to challenge Mueller on conflicts, there were unquestionable mechanisms to raise that issue with the Department of Justice — and even that was not pursued.”
If the president were to turn down an interview request by Mr. Mueller, the special counsel could seek to subpoena his testimony before a grand jury.
Mr. Trump could then seek to fight the subpoena, citing, in part, the 1997 ruling by the U.S. Court of Appeals of the D.C. Circuit in the case involving an independent counsel subpoenaing White House records about then-Agriculture Secretary Michael Espy.
Mr. Espy was indicted on charges of receiving improper gifts but acquitted at trial.
If Mr. Trump were determined not to speak to Mr. Mueller, he could also seek to assert his Fifth Amendment right against self-incrimination, legal experts said.
“This is really the only argument they can make outside of the Fifth,” said Todd Presnell, an attorney who has researched and written extensively on presidential privilege. “The Fifth Amendment would be a public-relations nightmare.”
Mr. Presnell noted that the Espy ruling would apply only to actions Mr. Trump took as president.
The case wouldn’t shield him from testifying about matters that took place during the campaign, before he took office or those not related to his job as president, Mr. Presnell said.

Facciamo il punto su Donald Trump: che puo' succedere ora?


DAVOS, Switzerland: US Robert Mueller, Director of the Federal Bureau of Investigation (FBI) attends the session "Security is an Always-on World" at the World Economic Forum in Davos 26 January 2006.Tthe World Economic Forum this year is gathering more than 2,300 leaders, officials and executives for five days of high-powered networking. AFP PHOTO PIERRE VERDY (Photo credit should read PIERRE VERDY/AFP/Getty Images)NEW YORK, NY - NOVEMBER 03: Donald Trump attends a press conference for the release of his new book "Crippled America" at Trump Tower on November 3, 2015 in New York City. (Photo by Noam Galai/WireImage): DAVOS, Switzerland: US Robert Mueller, Director of the Federal Bureau of Investigation (FBI) attends the session "Security is an Always-on World" at the World Economic Forum in Davos 26 January 2006.Tthe World Economic Forum this year is gathering more than 2,300 leaders, officials and executives for five days of high-powered networking. AFP PHOTO PIERRE VERDY (Photo credit should read PIERRE VERDY/AFP/Getty Images) NEW YORK, NY - NOVEMBER 03: Donald Trump attends a press conference for the release of his new book "Crippled America" at Trump Tower on November 3, 2015 in New York City. (Photo by Noam Galai/WireImage)



Finally, inexorably, special counsel Robert Mueller's investigation has clawed all the way up to Donald Trump himself.
Now a foreboding moment looms for his presidency and for the nation.
A stunning barrage of revelations on Tuesday suggested that at least one strand of Mueller's Russia probe is racing toward its end game, emphasizing the gravity of the situation facing the White House and the potential vulnerability of the President.
Mueller's request to question Trump, and news that his team has already interviewed fired FBI Director James Comey and Attorney General Jeff Sessions, indicate that the special counsel has a clear picture of where he is headed in what could turn into an obstruction of justice case, legal experts said.
"It's possible that Mueller is closing in on his determination about what obstruction looks like, whether it is a criminal offense in his mind, whether it is an impeachable offense, or whether it amounts to nothing," Michael Zeldin, a former senior aide to Mueller at the Justice Department, told CNN's Brooke Baldwin.
Tuesday's bombshells came amid new signs that Trump is still pushing up against constitutional norms in his conduct toward judicial authorities usually seen as independent of the President.
The current FBI Director Christopher Wray threatened to quit, a source familiar with the situation told CNN, after coming under pressure from Sessions, to clean out senior leadership figures dating from the Comey era who the President believes are biased against him. The development was first reported by Axios.
The Washington Post reported that Trump had asked then acting FBI director Andrew McCabe who he voted for in the 2016 election in an introductory Oval Office meeting and criticized his wife's Democratic affiliation, in a move that infringed customary treatment of a civil servant.
And there are signs Rick Gates, the former Trump campaign staffer who pleaded not guilty in October to eight charges of money laundering and failing to register foreign lobbying and other business, may be ready to cooperate with Mueller, CNN's Katelyn Polantz reported Tuesday night.
And on a day of intense drama, efforts by Republicans to discredit the Russia probe gathered pace, as the White House said Trump was ready to declassify a memo written by GOP committee staff in the House claiming misconduct by FBI officials investigating the President.
Four Trump associates have so far been charged in the Mueller investigation, but there is still neither proof of wrongdoing by the President nor indications of the special counsel's eventual conclusions.
Yet the prospect of the President of the United States testifying to the investigation would lift the intrigue to an unprecedented level, and would be a spectacle not seen since Bill Clinton's grand jury appearance 20 years ago that led to his eventual impeachment over an affair with White House intern Monica Lewinsky.
The fact that Mueller's team has already spoken to Comey and Sessions and now wants to talk to the President suggests the investigation into whether Trump obstructed justice by asking the former FBI director to go easy on former national security adviser Michael Flynn and then fired him when he demurred, is at an advanced stage. CNN also reported last week that Trump's former top political adviser Steve Bannon had struck a deal to be interviewed by Mueller's prosecutors.
"It seems to indicate that the investigation is in its 11th hour," said Jens David Ohlin, a professor and vice dean at Cornell Law School.
Ohlin said the seniority of those questioned points to Mueller reaching a defining moment at least in the obstruction of justice portion of an investigation that is also considering whether anyone in the Trump campaign broke the law by cooperating with a Russian election meddling effort.
"We are at the top of the heap politically with Steve Bannon. We are at the top of the heap in terms of law enforcement in terms of the attorney general and the former head of the FBI," said Ken Cuccinelli, Virginia's former Republican attorney general.
"It strikes me they are getting near the end of gathering all their information, and then ... they are going to have to process that and make some decisions about how to proceed," Cuccinelli told CNN.
The interview request suggests that Mueller is proceeding in classic fashion, working his way from the broadest point of the investigation to the key figure, with Trump at the tip of the triangle.
Trump has consistently denied any collusion with Russia, has said he did not obstruct justice in firing Comey and has branded the entire episode a "hoax" and a "witch hunt" against him.
The fact that Mueller has come this far does suggest that he believes at the very least there is "something there" in the possible obstruction case, Ohlin said: "I don't think it is just out of an abundance of diligence. He's doing it because he sees something problematic with Comey's dismissal. If there is truly nothing there, it is very easy to investigate it because there is just nothing to grasp onto."
The latest reports shed new light on Trump's potential exposure, noting that the special counsel's office has indicated it wants to talk to Trump about Flynn's exit and Comey's dismissal.
The Washington Post also said Mueller was interested in Trump's efforts to remove Sessions or to pressure him into quitting, quoting a source familiar with the investigation as saying the special counsel wanted to assess whether there was a "pattern" of behavior by the President.
Still, as Mueller has shown -- for instance in surprise indictments and plea deals last year -- no one outside his investigation can accurately assess his intentions or its scope.
"We also don't know if it will lead to anything at all. Sometimes you get to the end of an investigation and you have the final interview to check the box," former US Attorney Preet Bharara said on the "Situation Room" on Tuesday. "It may be that this will lead to something very significant and earth-shattering and earth-shaking for the country, it also could be something they are just putting to bed."
Trump's lawyers could offer written answers from the President to the special counsel's questions -- a step many legal analysts suspect will not go far enough for Mueller. Another option might be a formal interview with Trump's lawyers present, which would allow them to restrain their star witness, who is often voluble and imprecise and economical with the truth in a way that could lead him into jeopardy from Mueller's crack team of prosecutors.
Refusing Mueller's request could force the special counsel to subpoena the President to testify to a grand jury, a step that would put him in an even more perilous situation.
Tuesday's developments also shed new light on Trump's potential vulnerability. Mueller is now armed with the testimony of Comey, Sessions and that of a cooperating witness Flynn, all of whom could have shed light on crucial conversations with the President.
He likely also has a large quantity of evidence from other sources, including interviews, emails and other testimony and doubtlessly already knows the answer to many of the questions he will pose to Trump, putting the President on thin ice if he is not completely truthful.
Mueller also has the benefit of contemporaneous memos written by Comey after several meetings with the President in which he detailed what he later said was an effort by the President to develop a inappropriate relationship of "patronage" with him.
Trump said last year that he would be "100 percent" willing to testify to Mueller under oath. CNN has reported that some of the President's friends and associates have warned him not to put himself in legal jeopardy by voluntarily submitting to an interviews. Earlier this month, Trump appeared to walk back on the prospect of meeting Mueller.
White House press secretary Sarah Sanders said Tuesday that the White House is "fully cooperative" with Mueller but believes the American people are ready to move on. But a new CNN poll appeared to counter that assertion, finding that 8 in 10 people said Trump should testify to Mueller if asked, including 59% of Republicans. 

 


Arma nucleare nella fondina


Alberto Pasolini Zanelli

Per ora è soltanto un’ipotesi, ma le sue dimensioni ricordano sotto molti aspetti una scelta come quella che le due Superpotenze dell’epoca furono chiamate a decidere nei primi anni della Guerra Fredda: quando i dirigenti degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica dovettero decidere su una “proposta” che, se accettata, avrebbe portato la politica mondiale a un equilibrio completamente diverso, e peggiore, di quello odierno. Fu quando i dirigenti del Cremlino ma soprattutto il presidente americano George H. Bush esaminarono la possibilità reale di estendere al di là di ogni limite i rispettivi arsenali nucleari. L’ipotesi era contenuta nella proposta dei massimi organi militari di tornare a permettere l’uso della Bomba al di là delle ipotesi sul tavolo di quel momento, di quando cioè le reazioni contemplate a un atto aggressivo avrebbero potuto uscire dai limiti fino a quel momento imposti. Da Washington il ministro della Difesa Dick Cheney si pronunciò in favore della strategia più estrema: “Sarebbe una suprema follia di rinunciare agli strumenti che avrebbero potuto garantire un mondo meno minaccioso”. Se la Casa Bianca avesse approvato, la storia avrebbe potuto essere tragicamente diversa”. Ma alla Casa Bianca abitava appunto George W. Bush, che si stava preparando a una visita nell’Europa orientale, a cominciare dall’Unione Sovietica. Ma egli mise il suo veto, dicendo fra l’altro: “Non voglio apparire minaccioso o provocatorio. Non voglio ferire Gorbaciov in un occhio”. La “frontiera” rimase: una risposta nucleare sarebbe stata accettabile solo di fronte a un attacco nucleare. A rendere possibile tale scenario apocalittico furono i progressi contenuti in una serie di accordi o di dialoghi fra il presidente Reagan e i dirigenti della svolta in corso al Cremlino, che resero possibile, fra l’altro, la riunificazione della Germania, come cardine dell’abolizione della Guerra Fredda.

Una situazione in parte simile si presenta oggi. Il presidente Trump ha ricevuto da pochi giorni una proposta dei comandi militari Usa di allargare di nuovo la casistica di una risposta nucleare non solo nel caso di violazioni o minacce atomiche, ma anche di altri generi di grave provocazione. Una svolta concepibile solo come cancellazione di una “frontiera” che, in conseguenza di quegli accordi, ha portato finora a una riduzione dell’arsenale nucleare Usa dell’85 per cento rispetto alle proporzioni degli anni iniziali della Guerra Fredda. La “distensione” andò avanti, sia pure con pause e difficoltà, fino all’ultimo predecessore di Trump, Barack Obama e dei successori di Gorbaciov, incluso Vladimir Putin e nonostante le tensioni nel Medio Oriente e altrove che potrebbero culminare nella inclusione delle armi biologiche e, all’altro estremo, di una risposta totale alle minacce cibernetiche, cui molti americani sono concepibili in conseguenza della ipotesi di una interferenza da parte russa con le ultime elezioni presidenziali. A decidere dovrà essere il vincitore a sorpresa di quella competizione, Donald Trump molto meno esperto di quanto non fosse allora George H. Bush, che fra l’altro era stato per anni capo della Cia.

Trump è molti versi una incognita, è stato considerato a turno eccessivamente benevolo verso Mosca oppure un “falco” fra i più intransigenti. L’ultima occasione che potrebbe spingerlo a orientamenti estremi sono naturalmente le minacce della Corea del Nord, ma le tradizioni dei “falchi” portano a considerare la Russia il “vero nemico”. A giustificare in parte gli allarmi è una realtà: i negoziati per una ulteriore riduzione dei limiti globali agli armamenti hanno subito da qualche tempo importanti riduzioni di ritmo, mentre tende ad allargarsi l’area definita di “circostanze estreme”. Rischia di diventare accettabile, come ipotesi, il rientro in scena degli strumenti di rappresaglia in caso di tensioni estreme. Le incertezze in proposito risvegliano in alcuni gli allarmi del 1989, di cui quel presidente Bush seppe ridimensionare con il suo sangue freddo nutrito di competenza. Di Trump non sappiamo, al termine del primo anno di Casa Bianca, i limiti e i termini di linguaggio con cui Bush seppe frenare gli impulsi del suo ministro della Difesa Dick Cheney. Lo “Stato Maggiore” di Trump è stato finora soggetto a continue “revisioni” di idee e soprattutto di persone. Nella migliore delle ipotesi l’attuale presidente potrebbe sentire il bisogno di mescere decisioni e parole realistiche ma soprattutto tranquillizzanti.



Sami Modiano sopravvisuto a Birkenau. Una tremenda testimonianza . Per non dimenticare.


(da La Stampa)
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Facile dire che ormai tutto e' stato cancellato a 70 anni da allora.

Ma il rifiuto della memoria e' come uccidere di nuovo quei sei milioni di ebrei gassificati e bruciati ed i cinque milioni di rom, omosessuali e diversi anche loro trucidati dalla barbarie nazista.

Ogni giorno a Auschwitz i dirigenti del campo di sterminio erano in grado di eliminare 1500 persone.

Il talento naturale  dell'organizzazione tedesca applicato allo sterminio di massa.

Dicono che si trattava di una esigua minoranza rispetto alla totalita' della popolazione.

Dobbiamo sforzarci di crederci.

Ma dimenticare e' un delitto.

Nuclear Posture Review, decisa dal Pentagono e ratificata dalla Casa Bianca.


Alberto Pasolini Zanelli

Il 2018 comincia in anticipo. Si direbbe, anzi, che ha fretta. Ma non di concludere o fare progressi sulla via della pace o almeno della distensione, bensì il contrario. Il “via” ufficiale ha poco più di due giorni, l’inaugurazione è avvenuta in Siria, proprio nel Paese che avrebbe avuto il diritto e i motivi di “riposarsi” dopo cinque anni abbondanti di guerra. Il silenzio è durato qualche giorno. L’ha interrotto la Turchia, i cui cannoni hanno ricominciato a rombare, in un’area prevalentemente abitata da curdi, alla frontiera settentrionale fra la Siria e la Turchia. L’annuncio è stato dato dal governo di Ankara, che ha specificato, non sorprendentemente, che l’obiettivo erano e sono i guerriglieri di una delle fazioni curde, quella accusata di voler approfittare della situazione momentaneamente favorevole per rilanciare la rivendicazione di uno Stato e di un popolo privo di uno Stato e di un territorio: quella che nella guerra siriana ha combattuto contro l’esercito di Damasco, alleata però anche – almeno così dice Ankara – con un settore “fuori legge” di inclinazioni comuniste, temporaneamente famoso e guidate da un leader ricercato da governi un po’ da tutto il mondo.

Contemporaneamente ha aperto la bocca l’America. Esponenti militari e politici hanno spiegato che è in gioco un piccolo territorio, quasi l’unico in cui il potere di Damasco non è stato ancora ristabilito ed è retto da una fazione di “curdi di Siria”. L’iniziativa si è aperta formalmente sotto il nome di “Operazione Ramo d’Ulivo” e ha colpito finora due città siriane controllate da una fazione curda, con l’obiettivo evidente di stabilire una “zona di sicurezza” contro la “concorrenza” ma anche contro l’esercito regolare siriano. Missili sono stati lanciati dal Nord della Siria contro una città turca. Le vittime sono finora poche in entrambi i campi e non sono chiari gli obiettivi. Gli unici a tentare di spiegarli sono gli americani, che sembrano voler approfittare dell’occasione per rinvigorire la propria presenza militare. Washington li considera terroristi affini a Isis e ad Al Qaida, ma critica anche la reazione di Ankara. La Turchia, che è membro della Nato, ha risposto per le rime accusando l’America di “aiutare i terroristi in Siria” e dunque le operazioni militari Usa che hanno lo scopo di assicurare la pace, la sicurezza e l’integrità territoriale della Siria. Posizione condivisa, almeno diplomaticamente, dall’Egitto e dall’Iran.

Ma l’avvenimento del giorno non è questo: è una serie di annunci e di minacce che riportano in prima piano l’arma nucleare, che era stata tenuta nell’ombra dai giorni di un accordo fra Stati Uniti ed Unione Sovietica e soprattutto dopo la distensione russo-americana fin dai tempi di Gorbaciov e di Reagan. È il Pentagono a precisare una nuova strategia atomica, sottoponendola alla prevista ratifica della Casa Bianca, che è attesa quasi ufficialmente e dovrebbe confermare l’intenzione proclamata da Trump di cancellare l’impegno degli Stati Uniti a non fare uso di armi nucleari solo come reazione ad attacchi del genere da parte di altri Paesi. Per decenni gli Stati Uniti hanno minacciato il “primo uso” dell’atomica solo in circostanze molto strette e limitate, come ad esempio l’uso di armi biologiche contro l’America. Il nuovo documento allarga invece le misure e le occasioni, includendo ora azioni ostili che minaccino le linee di comunicazione in aree vulnerabili ai cyberattacchi. La nuova strategia ha un nome, Nuclear Posture Review, decisa dal Pentagono e ratificata dalla Casa Bianca. L’annuncio realmente importante di questa “rivoluzione” è però quella dedicata non ai conflitti locali tra siriani, curdi e turchi, bensì, per la prima volta in oltre vent’anni, alle grandi potenze. La Russia e la Cina sono citate e motivate con i progressi dei rispettivi arsenali (oltre naturalmente alle dirette minacce della Corea del Nord). Il documento specifica che “dobbiamo guardare negli occhi la realtà e vedere il mondo com’è, non come desideriamo sia”. La citazione cancella esplicitamente i giudizi e le intenzioni espresse negli otto anni della presidenza Obama, ma anche in alcune passate gestioni della Casa Bianca. E corrisponde al linguaggio più volte espresso da Trump nel suo primo anno di presidenza. Si tratta dunque di un particolare che corrisponde a una nuova strategia globale. Indicazione che la gestione attuale della politica estera e militare coincide con l’annunciato progetto di costruire nuovi e più moderni ordigni nucleari e di allargarne gli obiettivi. Capovolgendo gli accordi che dovrebbero avere messo il sigillo alla Guerra Fredda.

Pasolini.zanelli@gmail.com

Fire Ball lo sport creato da Max sbarca a Veracruz





Carissimi Bartoli,
Mi sembra divertente, anche eccitante...anche se  A ME  non e’ molto chiaro cosa devono fare o non far fare oltre a palleggiarsi la  “fireball”  per guadagnare punteggio:  goal  ????
Comunque congratulazioni all’inventore (sempre sulla cresta dell’onda !!!)  e vergogna 
a me ignorante e non sportiva !
Abbraccio complessivo
MLuisa

Sviluppo e declino dell'individualismo


              
Guido Colomba

Phelps addebita ai politici di aver preso misure che bloccano la concorrenza che può venire da idee nuove. Eppure la globalizzazione senza regole ha solo aggravato il problema della disoccupazione giovanile e dell'adeguamento salariale

La campagna elettorale ha almeno il merito di aver riportato la discussione sull'Europa (con Merkel e Macron improvvisamente d'accordo sulla riforma dell'Eurozona) al centro dello scenario economico. Sempre nel quasi totale silenzio, politico ed accademico, sulla drammatica situazione dei giovani con una disoccupazione record al 32,8%. Non sfugge a questa regola l'intervento del premio Nobel, Edmund S. Phelps il quale, parlando ai giovani studenti della Luiss, ha ricordato che Spagna, Francia e Italia sono agli ultimi posti per tassi di innovazione e per numero di persone che dichiarano una soddisfazione lavorativa "alta o abbastanza alta". Per quale ragione? Phelps addebita ai politici di aver preso misure specifiche che bloccano direttamente la concorrenza che può venire da idee nuove. Ed aggiunge: "l'ingresso delle nuove aziende è ostacolato con una serie di azioni (dazi, quote e aiuti) per preservare le imprese consolidate dal rischio di perdere quote di mercato". Un rigetto - afferma Phelps - dell'individualismo in favore dell'azione collettiva. Concetto che si trasferisce anche nel favore che i politici assegnano ai valori "post moderni" privilegiando le imprese "non a scopo di lucro" rispetto alle imprese capitalistiche. In questa "over simplification" viene totalmente ignorato il tema delle diseguaglianze e del lavoro precario sottopagato che assilla tutto l'Occidente. Non vi è dubbio che la politica industriale può dare frutto se sorretta dal "consenso attivo " dei cittadini. Ma la nascita di un nuovo welfare non può essere rappresentata da una globalizzazione senza regole che sta mettendo in difficoltà persino gli Stati Uniti che soffrono la concorrenza selvaggia della Cina (463 miliardi di dollari di deficit commerciale nei primi dieci mesi del 2017). Gli ultimi venti anni hanno dimostrato che il mercato non sa correggersi da solo e che le lentezze della politica nell'adeguarsi alle nuove realtà tecnologiche hanno consentito a pochi paesi o poche grandi aziende cross-border di trarre giganteschi profitti a danno delle fasce più deboli. In Italia il piano Industria 4.0 ha finora scontato una visione arretrata. E' inutile perseguire un investimento sulle competenze senza parlare di un intervento sui cambiamenti da introdurre nella organizzazione del lavoro. Il fallimento dell'apprendistato, fermo a metodologie formative legate al passato (assenza di politiche attive del lavoro), costituisce l'esempio più eclatante. Il dibattito "sulle regole" di bilancio si è arricchito dell'intervento (re: IlSole24Ore 19 gen.) di due economisti, L. Codogno e G.Galli, che negano validità di lungo periodo alla riduzione (flat tax) delle aliquote fiscali "nefasta per i conti pubblici" con effetti negativi anche sulla crescita. E citano l'esperienza della presidenza Reagan. Con la conclusione che in tempi normali "la disciplina di bilancio" rappresenta "un ingrediente essenziale di una sana politica economica". L'ortodossia sull'altare del modello renano.... E i 240mila giovani che sono fuggiti all'estero? L'establishment italiano non ne parla. 

Io emigrante italoamericano



Quando a fine carriera mi è stato proposto di andare negli Stati Uniti a dirigere la sezione americana dell' IRI Istituto per la Ricostruzione Industriale ho telefonato a Romano Prodi che aveva lasciato la presidenza dell'Istituto per la seconda volta dopo averlo risanato.
"Vai, mi ha detto, sarà un'esperienza interessante per te ma soprattutto per i tuoi figli."
Negli Stati Uniti c'ero andato un'infinità di volte per ragioni professionali. Anzi diciamo meglio: in prevalenza New York era stata per anni un punto di riferimento con le sue agenzie di pubblicità.
Ma un conto è fiondarsi in America al massimo per una settimana, e un conto è viverci stabilmente.
La sede dell'Iri si trovava a Washington una città estremamente vivibile e in pratica sconosciuta alla maggioranza dei turisti italiani per i quali America è uguale a New York, San Francisco, e le Cascate del Niagara.
Inutile dire che la decisione di andare negli Stati Uniti ha creato nella mia famiglia immediate reazioni che andavano dall'entusiasmo di mia moglie sempre pronta a trovare interesse in nuove esperienze, alle contrastate proteste dei figli che dovevano lasciare il loro amorazzi e dovevano completare uno il corso di laurea in giurisprudenza alla Luiss, e l'altro decidere se iscriversi ad una università americana (con quello che sarebbe costata).
La previsione era quella di rimanere negli Stati Uniti per non più di due, tre anni.
Dopo sarei dovuto ritornare nella sede centrale dell'Iri a Roma in Via Veneto a respirare il fumo delle sigarette degli altri colleghi dirigenti deambulanti nei corridoi in attesa del raggiungimento della pensione.
Per farla breve mi sono gettato nel lavoro per ridare smalto ad un dipartimento che negli anni era stato emarginato nella considerazione generale dei dirigenti Iri.
Quanto ai figli Max laureato col massimo dei voti e lode alla Luiss decide di trasferirsi a Washington e Marco si cimenta nella ricerca di una università di prestigio americana disposta ad accettarlo. GeorgeTown University lo accoglie e riplasma un giovane che in Italia galleggiava come tanti altri sulle recriminazioni nei confronti di tutto di tutti.
Laurea 'magna cum laude' e la voglia di affermarsi in un contesto sociale molto difficile come quello americano.
Nel frattempo avevo dato inizio alle pratiche per l'ottenimento della carta verde per me i miei familiari.
Quando si è trattato di ritornare a Roma abbiamo deciso che ormai era meglio rimanere a Washington impegnandoci in una nuova vita.
Noi emigranti di lusso se paragonati ai milioni di connazionali arrivati all'inizio del 20º secolo in questo paese, senza conoscere una parola d'inglese ma con la solida determinazione di riuscire a dare un futuro ai propri figli, lottando strenuamente contro l'ostilità delle altre componenti sociali ormai stabilizzate.
Vivendo negli Stati Uniti mi sono sorpreso ad amare sempre più intensamente il mio paese di origine, l'Italia, grazie soprattutto all'interesse e all'entusiasmo dimostrato da tanti americani quando venivano a sapere che eri italiano, di Firenze, vissuto per anni a Roma.
Perché Italia per molti miei nuovi connazionali significa il sogno di un viaggio in un paradiso di arte, cibo, moda, talento del saper vivere. Per altri che in Italia ci sono  stati la voglia di tornarci.
E questo nonostante il persistere della connotazione mafiosa che viene regalata ad ogni italiano credendo di fare una battuta di spirito.
L'America paese di emigranti sembra vivere oggi uno dei momenti più cupi della sua storia di oltre 240 anni.
E noi nuovi emigranti italoamericani assistiamo con disagio al riaffiorare di mescolanze razziste in una società che sino ad ora è riuscita a plasmare culture e razze diverse in un unico contesto fatto di garanzie e di libertà.

Oscar
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La ringrazio di quanto mi ha inviato 
Franco Mancuso Marcellinara Catanzaro)
Omelea è l'antico nome del mio paese: Marcellinara.
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Senta egregio,
non so da dove ha pescato il mio indirizzo di posta privato, ma a me italo-italiano in Giappone non intreressano le sue storie, soprattutto se forzate.
Mi sono gia* cancellato piu* volte ma continuano ad arrivare. Sia gentile e non mi faccia fare la parte dello screanzato e mi tolga dalla sua lista!
Luigi Fino
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Sempre molto bello caro Oscar

Un caro saluto 

Emanuele Gaiarin

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Non so se ricevi il blog di Oscar Bartoli, Ci sono degli articoli interessanti potresti inserirti o te lo giro io.

Un saluto Giovanni  
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Carissimo Oscar


Ti leggo,non sempre purtroppo, molto volentieri e, notando la risposta  del signore in Giappone mi sovviene l’idea che forse potresti inviare due messaggi a me dati i contenuti sempre interessanti ed intelligenti dei tuoi post..ahahah.

SERGIO SABATINI
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Una bellissima storia........preistorica! Saluti. Romano 
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Buongiorno Oscar,
a differenza dell'abbastanza maleducato italo-giappo-italiano, anch'io non so bene
dove Lei abbia trovato il mio indirizzo mail privato ma volevo dirLe che sono sempre
ben felice di leggere i Suoi articoli del blog!
ad maiora
Rosa Di Stefano
(architetto romano che nel lontano 1995 non ebbe il coraggio di accettare un lavoro a tempo indeterminato
a Baltimora e che oggi ancora se ne pente. Dal 2003 sono architetto al Comune di Roma....!)
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Caro Oscar,

Ci conosciamo da fin troppi anni (superiamo i trenta) ed abbiamo lavorato insieme nel bene (tanto) e nel male (poco). Da quando ti sei trasferito in WDC sei sempre stato un punto di riferimento per noi nella patria degli  Yankees ed in tanti, io per primo con la mia famiglia, abbiamo usufruito dell'ospitalità della tua famiglia e della tua disponibilità. Se i tuoi articoli possono non essere graditi ad alcuni, in tanti li apprezziamo proprio perchè, conoscendoti, sappiamo che è un tuo modo (condiviso) per continuare a vivere insieme un'amicizia che si protrae nel tempo, anche se a distanza. In tanti ti vogliamo bene e ti siamo grati per i tuoi messaggi.
Un abbraccio
Aldo
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Caro Oscar,
ci conosciamo ormai da tantissimi anni e ho seguito da vicino e con affetto la vostra partenza per Washington e la decisione di diventare poi cittadini USA.
Scrivo proprio per testimoniare la vostra bellissima vicenda familiare e, soprattutto, la vocazione a rinnovarvi cogliendo con coraggio e tutti insieme le
chances che la vita sa offrire.
Siete per me un esempio e venire a trovarvi è sempre stata una grande esperienza e un riferimento importante per comprendere la realtà americana, vivere la complessità e
la ricchezza di quella società e… sentirmi come a casa mia anche in una città come Washington che è ‘l’ombelico del mondo’ senza mai dimenticare il nostro Bel Paese.
Vi ammiro sinceramente e vi abbraccio con tutto il mio affetto.
Lucilla da Roma
PS: naturalmente aspetto la prossima Letter, in barba al lettore italo-nipponico!
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Caro Oscar,
le scrivo per ringraziarla per il servizio offerto oggi a Cristianità. Una bella comunicazione, utile e apprezzata sicuramente dai telespettatori ma anche dagli ospiti in studio e dalla gente della Rai.
Un caro saluto e l'augurio di ogni bene
suor Myriam Castelli
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blablabla blablabla

In the United States they are all emigrants, apart from the Native Americans and Afro Americans, the most numerous are the English, Spanish, German, French, Italian, Poles, Russian, Swedes, Irish and so on .... the Italians are certainly among those who contributed most of all to make the United States of America richer in every sense, so much so that all the US buildings of power, have taken architectural example of what was once called Roman Empire, Italians are a proud people! in 12 October 1492 the Italian Cristoforo Colombo was the first European to set foot in america! Italy is among the first countries that has contributed to many inventions, some very important, Italy is the country that has the highest cultural artistic heritage in the world, we Italians are the number 1 in fashion, we Italians are the number 1 in food, we Italians are the number 1 to build the most beautiful cars in the world, we Italians are the number 1 in the construction of ships, we Italians are the best in many other things, we Italians are simply special, all the anti Italians, you must die of envy by suffering silently! VIVA L'ITALIA!