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Diario italiano # 13: Che domenica bestiale




Abbiamo prenotato un Airbnb a Roma, al ritorno da Udine dove ho presentato il mio libro “Borgo Pinti”.

Mi arriva questo messaggio al quale rispondo immediatamente al vertice di una notevole incazzatura, perche’ a seguito di questa cancellazione, non sappiamo dove andare a dormire a Roma.

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Gentile sig. Bartoli,

causa disposizioni Polizia di stato ci vediamo costretti a cancellare la sua prenotazione per la giornata di domani, siamo dispiaciuti per il disagio arrecatovi e il poco preavviso ma il tutto ci è sato comunicato poche ore fa.

Mortificati per quanto successo porgiamo nuovamente le nostre scuse.

Cordialmente,

(Segue la firma del direttore del resort)

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Questa la mia risposta

Egregi signori,

ritengo che il Residence sia soggetto alle medesime regole dell’ospitalità turistica, che prevedono la riprotezione delle prenotazioni e non la cancellazione

Non sappiamo se questa storia della Polizia di Stato sia vera, ma non è una causa di forza maggiore. 

Il rischio di un intervento delle forze dell’ordine non è un imprevisto, come un uragano oppure una pandemia, ma un evento che può accadere con normalità. 

Pertanto il gestore non può trasferire il proprio rischio d’impresa al cliente, soprattutto se il cliente è un turista fuori casa.

Quindi richiedo a stretto termine la riprotezione della mia prenotazione, in assenza della quale la vostra comunicazione deve rappresentarsi fin da subito come costituzione in mora per i danni procurati e come interruzione dei termini di prescrizione.

Attendo immediata risposta alla presente,

Dott. Oscar Bartoli

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Dopo circa venti minuti mi chiama una dipendente del resort che dice che non si tratta di polizia di Stato ma solo di polizia municipale.

Risposta del sottoscritto ”A me che importa?”

La ragazza in evidente ambascia dice che comunque hanno prenotato per noi una villetta con piscina (sta piovendo alla grande e fa freddo !).

“Quanto devo pagare?” Mi informo. “Niente, assolutamente” e’ la risposta.

Menzogna perche’ al nostro arrivo a Roma in piena notte dopo avere guidato in mezzo a nubifragi, da pagare ci sono 150 euro, ma siamo troppo stanchi per continuare la protesta.

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Siena dove siamo ospiti del leggendario Hotel Palazzo dei Priori.

Stiamo per ripartire per Roma dopo avere caricato fino all’inverosimile la nostra Corolla Hybride che funziona alla grande.

Stiamo per concludere un mese di permanenza in Italia e non e’ facile arrivare da Washington con abiti e vestiti per mare, montagna, citta’, agosto e settembre.

Sono le 16 e prima di mettermi al volonte con direzione Roma do’ un’ultima ripassata ai messaggi sul mio cellulare.

Sobbalzo a leggere quanto sotto:

Salve mi chiamo Annarosa,  ho trovato il suo portafoglio in via de Pucci a Firenze.  Ora sono alla libreria Feltrinelli in via Cerretani.
Il suo numero mi è stato dato dal direttore della Feltrinelli. Mi può chiamare?

Altrimenti porto il portafoglio in Palazzo  Vecchio.
Mi dica lei.
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La signora Annarosa abita in Mugello.
Chiede al marito se possono trattenersi un paio di ore per consentirci di partire da Siena e raggiungerli a Firenze.

Concordiamo di vederci al Piazzale Michelangelo sotto la statua del David.

Percorro la stramaleddta super strada Siena Firenze, sotto un continuo nubifragio e il costante pericolo costituito dai perenni lavori in corso.

Ci incontriamo sotto le pudenda della copia del bellissimo David sotto le quali sono ancorate diecine di turiste asiatiche che, nonostante la pioggia, sono ammaliate.

Annarosa (mi consenta la liberalita’) e’ una donna notevole e lo si capisce dal modo in cui e’ riuscita a rintracciarmi creando una sorprendente rete di contatti che mi hanno permesso di ritonare in posesso del mio portafoglio.

Ed anche questa e’ una certa gente di Firenze, non molta in verita’ ma quanto basta per continuare ad amare questa meravigliosa e superba citta’.


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Domenica 25 settembre il numero degli italiani che non si sono recati alle urne dimostra che la povera Italia sta andando allo sfascio.

Oscar

Diario Italiano # 12: “La mi porti un bacione a Firenze”

Alle 8:30 degustazione della super colazione che ci viene portata in camera. Che servizio al Palazzo dei Priori di Siena!

Moglie, figlio Marco e Romi hanno deciso che dobbiamo tornare a Firenze per completare la visita a Santa Maria del Fiore e magari anche al Campanile di Giotto. Poi un ‘salto’ all’Accdemia per ammirare una volta di piu’ il David con il nuovo sistema di luci che accarezzano questa statua ormai considerata il bello del bello.

Le previsioni meteo dicono che piovera’, meglio munirsi di ampi ombrelli che poi lasceremo a chissachi, prima di tornare newgli USA.

Arrivati a Firenze, troviamo un posto al parcheggio esterno della Stazione di Santa Maria Novella certo molto piu’ comodo di quello sotterraneo che ti ricorda i gironi dell’Inferno dantesco.

Sennonche’ tra il dire e il fare c’e’ di mezzo il turismo che da mesi e’ esploso di nuovo a Firenze e nelle altre citta’ d’arte.

Per riuscire ad entrare nel Duomo bisogna mettere in conto una fila di un paio d’ore, mentre per salire sulla Cupola l’attesa si attesta suull’ora abbondante. Per il Campanile meglio non avventurarsi.


Il gruppo decide che si deve andare a vedere Borgo Pinti, visto che siamo reduci dai successi della presentazione del mio libro a Firenze e Udine.

Lasciata piazza del Duomo con fatica perche’ le migliaia di turisti e compagnia tolgono il fiato anche ai cavalli delle botticelle, prendiamo via dei Servi e raggiungiamo l’ospedale di Santa Maria Nuova. 

Stiamo proseguendo verso Borgo Pinti, dove si e’ svolta gran parte della mia vita di fanciullo e adolescente,quando mio figlio Marco mi dice: “Ma non ti rendi conto che hai il borsello aperto?”

La vita di un anziano e’ costantemente assillata da una domanda permanente che tormenta la mente del poveretto che non si sente mai sicuro di se’, quando deambula e tanto meno quando  deve fare quelle cose che il giovane pieno di energia non degna del minimo di attenzione.

“Cosa avro’ fatto?”, chiedo al figlio con quasi terrore.E guardo il borsello dal quale non mi separo mai e che pende dalla mia spalla sinistra.. 

E’ possibile non abbia chiuso la zip dopo avere pagato i cappucci al bar? No..perbacco assolutamente impossibile.

Ciancico le varie sezioni dell’arnese e devo ammettere con un grave sospiro da moribondo: ‘Mi hanno rubato il portafoglio”.

Per fortuna i passaporti sono ancora in una tasca intena e ovviamente si alza il coro dei familiari all’insegna del: “Sempre quel maledetto borsello a ciondoloni, anziche’ portarlo stretto al petto….e poi quante volte ti abbiamo detto che i passaporti li devi lasciare in albergo..e adesso che facciamo?..subito telefonare alla PNC Bank per fare annullare le carte di credito….”

Troviamo un taxi libero, straordinario colpo di fortuna a Firenze.

Un giovane tassinaro simpatico che partecipa al dolore dell’affranto e vetusto capo di famiglia.

Gli chiedo di portarmi alla piu’ vicina stazione dei carabinieri.


Ci immergiamo in una stanzetta che da’ su un vetro anticovid dietro il quale un giovane carabiniere cerca di smistare il traffico di molta umanita’ che, come e’ successo al vostro redattore, e’ stata privata con destrezza di portafogli, borse, attrezzature cinematografiche, Rolex e via discorrendo.

Dopo un’ora di attesa, mentre i miei familiari si sono sparati decine di telefonate intercontinentali per bloccare le carte di credito americane e quelle italiane, vengo accompagnato alla presenza del vice brigadiere che ascolta con minimo di interesse l’americano che gli sta di fronte e chissa’ quante denunce deve sorbirsi ogni giorno prima di tornare a casa.

Descrivo con precisione il percorso fatto a piedi prima della scoperta fatta da Marco che il borsello era stato aperto.

Dopo il rito delle firme sulle copie della denuncia gli chiedo se l’incremento nel numero dei borseggi a Firenze sia dovuto a un incarognimento dei fiorentini.

“Questi vengono da fuori, dice sconsolato, gli italiani non c’entrano per nulla e tanto meno i fiorentini”

E la cosa mi consola in parte perche posso assicurare che tornare nella propria meravigliosa citta’ ed essere derubato da un concittadino non fa piacere.

Certo che il tipo che mi ha aperto le zip del beneddetto borsello e’ un artista e chissa’ da dove viene questo gran figlio di buona professionista.

Ed anche questa e’ Firenze, ragazzi.



Diario italiano # 11: Regina vecchia e regina nuova

 


Diario Italiano # 10: Udine, Libreria Tarantola, presentazione di Borgo Pinti

Angelo Rossi e’ il presidente della associazione Toscani in Friuli Venezia Giulia che ha organizzato la presentazione del mio libro “Borgo Pinti”.

Con un po’ di perfidia mi viene fatto di ricordare che parlare dei toscani a Udine e’ un’impresa eccezionale, tenendo conto che per centinaia di anni i toscani delle diverse citta’ si sono scannati in lotte e guerre sanguinose.

Basti pensare a Siena che riesce a ricordare l’unica battaglia vinta contro Firenze, quella di Montaperti, di cui ancora mena vanto.

Oppure la simpatia che intercorre tra pisani e livornesi all’insegna del : “Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio.

Ma questa battute non riescono a scardinare il plumbeo atteggiamento delle decine di gentili persone, in prevalenza mature gentildonne, che hanno affrontato la brezza autunnale per conoscere un tale che si e’ fatto 7500 chilometri da Washington per venire a presentare a Udine il suo libro piu’ recente, “Borgo Pinti”.

Perche’ Udine?

Perche’ la donna della sua vita e’ nata e cresciuta a Udine ed ecco svelato l’interrogativo.

Parlando di come ci siamo conosciuti, a Grado quando suonavo con la mia band (ma quanti lavori ha fatto Bartoli nella sua vita?), ricordo all’assonnato pubblico la canzone che ci ha uniti e andava molto di moda a quei tempi.

Era “The End” un titolo non molto appropriato per l’inizio di una relazione amorosa ma che piaceva alla fanciulle dell’epoca, anche se di inglese ne masticavano poco.

Decido di intonare la prima strofa, cosi’ a ‘cappella’ come si dice.

I gentili presenti si sono scatenati, meglio dire ‘scatenate’, in un applauso che sembrava non finire.

Ecco conquistata la platea.

A mantenere calda l’attenzione ci ha pensato con grande spirito e professionalita’ l’avvocato Valentino De Castello, che si e’ fiondato qui da Belluno nonostante gli impegni professionali.

De Castello e’ un fiorentino, separato dal vostro redattore da piu’ di una generazione, ma anche lui con alle spalle anni di vita vissuta in Borgo Pinti, la sttrada chde ha caratterizzato la mia fanciullezza, adolescenza e parte della mia giovinezza.

Valentino e’ un simpaticone e la nostra liaison espositiva finisce per coinvolgere il pubblico e catturare l’attenzione delle sorridenti, finalmente, signore che mosttrano ora interesse alle pagine del mio libro, interpretate dall’avvocato De Castello.

Finito lo show comincio a firmare la copie che mi vengono poste sotto il naso con la gentile premessa “Ah, quanto mi sono divertita..!”

“Senta”, mi dice una giovane signora distogliendomi con una certa violenza dall’impegno della firma.

 Mi alzo mentre sento una strana vibrazione che mi sale lungo la schiena.

“Lei, contnua la giovane spettatrice, ha parlato di sua madre che si chiamava Ines e di suo padre che si chiamava Sergio. Io mi chiamo Ines e mio marito si chiama Sergio. Non dimentichi sua madre, perche’ la porta qui..” e mi tocca sullo sterno.

Ci spostiamo in una osteria vicina alla libreria Tarantola dove ci dedichiamo ad alcune bottiglie di prosecco e stupendi piatti di frittura di calamari e moscardini.

“E’ una nota medium, professoressa all’universita’ “ mi sussurra qualche esperto con un tono cospiratorio.

Mi ritorna la vribrazione che sale lungo la schiena, ma mi dico che e’ tutta colpa della mezza bottiglia di pro-secco che mi sono scolato.

Ed anche questa e’ (la mia) Italia

Oscar



Diario Italiano #9: Murano e il grande maestro Adriano Berengo


 “ Oscar, per favore vedi di aiutarmi..” dice Romi Revola giovane e affermata scultrice indiana di Bangalore.

Di fronte alla mia perplessita’ Romi decisamente aggiunge: “ Dobbiamo andare a Murano a incontrare Adriano Berengo.

“Ma stai scherzando? Berengo e’ il massimo dell’arte vetraria a livello mondiale. Ha appena inaugurata la sua nona edizione di Grassstress , la mostra di giovani o gia’ affermati artisti in concomitanza con la Biennale..in piu’ e’ domenica di settembre…Murano e’ assaltata da migliaia di tutisti..e, insomma: come facciamo a inserirci nella sua agenda, senza un preavviso, senza avere preso contatto con lui..?”

Le mie perplessita’ da anziano scettico si dissolvono nell’entusiasmo di Romi le cui opere sono state acquistate dall’aeroporto di Bangalore, piccola citta’ di 13 milioni di abitanti..

Siamo a Murano, entriamo nella galleria di Adriano Berengo e chiediamo di poter parlare con lui.

Un suo collaboratore ci dice che il maestro e’ sul pontile, la’ fuori, barba e capelli lunghi.

Mi presento, biglietto alla mano ed insieme a Marco introduciamo Romi che scalpita per la gioia di incontrare un personaggio di cosi’ alto prestigio.

Adriano Berengo ci guarda sorridendo. Risponde in perfetto inglese alle nostre domande, ci fa da guida all’interno della sua galleria.

Dopo averci fatto un esame RX per valutare chi cavolo siano quei tre con la bella ragazza indiana, decide che meritiamo la sua fiducia.

E ci conduce all’interno della mostra Grassstress, illustrandoci le opere degli artisti nuovi e vecchi che presentano i loro lavori piu’ recenti.

Berengo ci guida nel suo immenso studio con la scioltezza e l’umilta’ che solo i grandi riescono ad esprimere con simpatia, senza assumere atteggiamenti pomposi.

“Non chiedo niente agli artisti. Li aiuto ad emergere. Li aiuto a raggiungere quello che per un artista e’ il concetto piu’ importante del mestiere: ‘la visibilita’’’. Ogni artista vive per questo.”

Da come si esprime e’ chiaro che Adriano Berengo, raggiunto ormai il vertice di una incredibile carriera professionale, ha assunto la figura del mecenate che non rinuncia ai profitti professionali che gli derivano dallla sua straordinaria capacita’ artistica, ma prova un godimento intimo nell’aiutare giovani talenti ad emergere e a farsi conoscere.

“Maestro, gli chiedo a bruciapelo, quanto costa passare da un’idea alla realizzazione di un prodotto?”

Berengo non ama dover parlare di moneta, ma dopo qualche secondo di esitazione risponde; “Mille euro all’ora, compreso il lavoro dei maestri vetrai, eccetera..”

Il nostro giro che si e’ prolungato per un paio di ore si conclude nella fornace nella quale il maestro Nicola Gaucci sta terminando la realizzazione di un’opera complessa.

“Vede, mi dice Adriano Berengo, in America ci sono giovani che frequentano corsi di vetreria e si ritengono artisti compiuti perche’ soffiano qualche bottiglia. Il mondo dell’arte vetraria non si inventa dall’oggi al domani, ma, oltre ai talenti naturali, richiede una profonda specializzazione delle tecniche, anche se per alcuni prodotti utilizziamo la ‘cera persa’. Si’ proprio come il grande Cellini nella fusione del Perseo e Medusa.”

Come ringraziare Adriano Berengo per le ore che ha dedicato a quattro sconosiuti arrivati da continenti diversi, seguendo l’entusiasmo di Romi, la giovane scultrice indiana?

Chissa’ che domani un progetto di Romi non possa realizzarsi in collaborazione con il piu’ famoso protagonista dell’arte vetraria.

Oscar

Diario italiano # 8:Presentazione di Borgo Pinti a La Feltrinelli di Firenze




Firenze – Una strada di Firenze, una famiglia e una storia che corre lungo il Novecento alternando vicende di povertà e di dolore a momenti di serenità e affetto. La strada è Borgo Pinti, che prende il nome forse da frati “pintori” di vetrate ed è una delle antiche vie che dal centro portavano verso le colline di  Fiesole. Un toponimo medioevale denso di richiami e di riferimenti alla creatività fiorentina perfettamente coerente con le vicende di cui è stata lo scenario.

La storia è quella della famiglia Bartoli e l’ha raccontata con passione e ironia il più noto dei suoi membri in un libro pubblicato dal Gruppo Editoriale Bonanno che porta nel titolo il nome della strada: “Borgo Pinti – storia di una famiglia fiorentina”. 

Oscar Bartoli è un personaggio conosciuto a Firenze soprattutto per essere stato esponente di spicco del Partito Liberale, consigliere comunale del Pli, e per molti anni dipendente del Gruppo SMI, leader europeo nel settore dei metalli non ferrosi, ai tempi del suo fondatore Luigi Orlando. La sede della SMI era ubicata nel palazzo del Cinquecento a un centinaio di metri dall’abitazione della sua giovinezza, sempre in Borgo Pinti, al numero 31, un mezzanino che si apre sul giardino del Palazzo Geddes da Filicaia. Destino comune a tanti altri fiorentini fortemente legati alla loro città, le tappe più importanti della sua formazione si sono svolte in un’area di un paio di ettari: abitazione, liceo, facoltà di giurisprudenza, SMI. Bastava scantonare.

Inevitabilmente la professione l’ha portato lontano: a Roma  all’IRI, come capo delle relazioni con la stampa sotto la presidenza di Romano Prodi e poi direttore della sede americana dell’IRI a Washington. Dopo la privatizzazione dell’ente pubblico e la chiusura degli uffici all’estero, ha deciso di rimanere negli Stati Uniti, da dove collabora con numerose testate giornalistiche, insegnando giornalismo e comunicazione presso università prestigiose, americane e italiane, e soprattutto redigendo un blog molto seguito, “Letter from Washington” . 

E’ una fortuna per i lettori interessati (ma anche per chi studia la storia attraverso le testimonianze delle persone che l’hanno vissuta) che Bartoli, nato nel 1935, abbia deciso di offrire squarci autentici delle esperienze vissute in prima persona. Il fascismo con i suoi personaggi e i suoi meccanismi di potere, la guerra che ha segnato e cambiato la vita dei suoi familiari, la terribile esperienza dei bombardamenti,  la battaglia per la liberazione di Firenze con le grandi sofferenze e le violenze fratricide. Poi il dopoguerra, gli studi, l’impegno politico, l’alluvione del 1966.

Quel “Pinti” del Borgo pare proprio un altro segno del destino. I bisnonni paterni avevano fondato e diretto un circo e il nonno Leo aveva vissuto le grazie e le disgrazie di scrittore, attore e pittore, attraversando momenti di estrema povertà e disperazione, dai quali era uscito grazie alla saggezza e alla forza della moglie Emma. Il padre, Sergio, grande cavallerizzo, ha affrontato vicissitudini e momenti bui a causa della sua convinta adesione al fascismo, con una coerenza che non si era incrinata nemmeno negli anni della prigionia in America.

Anche Oscar ha ereditato capacità creativa, da musicista. Abile nel suonare la chitarra aveva creato una band specializzata nella canzone francese di Gilbert Becaud e Charles Aznavour  e nei classici di quella americana, di Frank Sinatra e Nat King Cole. Fra le pagine più divertenti del libro ci sono quelle che raccontano le avventure della band impegnata in un night club di Rimini.

Ancora grazie a Emma, Oscar fu salvato dalle dolorose conseguenze della separazione dei  genitori, con la madre, Ines, che non era in grado di accudire al figlio. Il racconto del viaggio della nonna a Roma, che si conclude con il “rapimento“ del nipote trovato in condizioni di abbandono, costituisce la prima parte del volume. La situazione per fortuna non si complica e il piccolo può finalmente cominciare la sua vita in Borgo Pinti con la nonna  e le zie Lea e Clio. Di tutte loro, così come degli altri familiari, Bartoli racconta aspirazioni, successi e  fallimenti, anche con crudezza, sempre con gratitudine e affetto.

Fedele alla sue convinzioni laiche e libertarie, l’autore non si lascia mai andare a giudizi o moralismi su quanto ha visto e vissuto. Tuttavia, al termine del viaggio sul filo della memoria, Bartoli consegna al lettore un’amara riflessione sulla vecchiaia: ”Noi vecchi non possiamo essere vecchi se vogliamo avere anche un minimo di diritto di cittadinanza in una società che, a parte il dolore della pietà familiare, ha applaudito l’ecatombe di massa degli anziani fatta dal virus e dalle sue varianti che hanno scremato, si fa per dire, la società nella quale i vecchi sono una pesante spesa corrente che non produce alcunché. Auguri e pace a chi sente ancora qualcosa per l’anziano”. Per quanto lo riguarda, lui ha avuto la fortuna di sposare una donna che vive con lui da oltre 50 anni e due figli Max e Marco che vivono lontani, ma “che non tralasciano occasione per far sentire il loro affetto”. E forse ciò che lo ha mosso è stato proprio il desiderio di mostrare quanto è importante il patrimonio di vita e di ricordi di un anziano per aiutare i giovani a superare i problemi di oggi.

Tutto è partito da quella via fiorentina Borgo Pinti il cui fascino particolare è espresso dalla copertina del libro: un olio del pittore Tim McGuire, un canadese. I luoghi oggi, come dimostra la storia di Oscar Bartoli, fanno parte della coscienza del mondo.

Piero Meucci Stamp Toscana

 

“BORGO PINTI – storia di una famiglia fiorentina” di Oscar Bartoli e’ stato presentato a Firenze, venerdì 16 settembre 2022 alle ore 18.00 presso la Feltrinelli di via de’ Cerretani 40r.  Sono intervenuti all’incontro con l’autore il  giornalista Piero Meucci e Pina Labanca, della Casa Editrice Bonanni


Diario italiano # 7: ‘’Turisti, state in campana a Roma’


 Al contrario del sottoscritto che, pur di evitare contestazioni e rogne, e’ disposto a dormire anche in una stamberga, mia Moglie invece e’ una ottima organizzatrice .

Prima di ogni viaggio, specialmente se dobbiamo andare in Italia, prenota i nostri soggiorni su Airbnb (a nostra volta siamo sul mercato come proprietari) con grande precisione.

Richiesta di foto degli appartamenti nei quali vogliamo soggiornare per pochi giorni o per lunghi periodi.

In questo viaggio in Italia, prevalentemente focalizzato sulla presentazione del mio ultimo libro, i soggiorni sono stati azzeccati (salvo qualche incidente del tipo: segregato nella doccia per impossibilita’ di aprire le porte della cabina).

L’attuale prenotazione fatta tramite una piattaforma internazionale alla quale ci ha indirizzati Airbnb (di cui ci fidiamo, almeno in America) aveva garantito un meraviglioso appartamento per quattro persone, in un resort dotato di grande piscina e altre amenita’.

Prima di partire dagli USA riceviamo una conferma della prenotazione di…una casa mobile.

Al che ne e’ nata una sequela di email per contestare questa improvvisa decisione del resort a fronte del pagamento di un sacco di soldi per quattro notti.

Ci viene confermato dalla odiosa piattaforma che gestisce le prenotazioni che”spiacenti per il disguido, confermiamo il bellissmo appartamento, bla, bla..”

Il traghetto dalla Sardegna arriva alle sette di sera a Civitavecchia.

Dopo un’ora e mezzo riusciamo a raggiungere il Seven Hills Resort che altro non e’ che un grande campeggio inserito in un bosco sulla via Giustiniana.

Il ‘bellissimo’ appartamento che ci viene dato e’ una stanza con soppalco. Forse 40 anni fa deve essere stata attraente.

Oggi queste unita’ sono chiaramente prive di seria manutenzione: tutto e’ sbrindellato, il quarto letto e’ una brandina da guerra.

Al nostro risveglio il mattino successivo contestiamo alla cortese signora del ricevimento che funge da parafulmine lo scarso livello del miniappartamento che ci e’ stato assegnato e questa, in un empito di generosita’ , ci fa un upgrading in una bella cabin, tutta in legno, con due bagni.

Giusto il tempo per renderci conto che Seven Hills, chiamato anche Veio Resort e’ dotato di due ottimi restaurant, il primo all’ingresso specializzato in bistecche ed il secondo al termine del lungo viale intono al quale sono costruiti chalets di legno, case mobili, appartamenti, una grande piscina condominiale, che si chiama il Corvo Allegro, ottima qualita’ e ottimo servizio.

Conclusione: questa oasi meriterebbe di essere rimessa in ordine, perche’ si trova in una posizione perfetta

Vicina al Grande Raccordo Anulare, servita da autobus e dal treno che va al Vaticano.

Ma sembra che ai proprietari la manutenzione proprio non sia in cima ai loro pensieri, all’insegna del ‘ma che ce frega, ma che ce importa’, tanto i clienti, specialmente stranieri rassegnati sono sempre in aumento.

Ed anche questa e’ Roma



 

The Washington Post
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