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Storie di vita

Sergio Bartoli a vent’anni già stava scalando le vette della carriera sportiva e militare perché era un grande cavallerizzo specializzato nei tornei a ostacoli. Le autorità federali gli avevano già messo gli occhi addosso perché pensavano che Sergio avrebbe potuto avere un gran successo visto che aveva il fisico del ruolo. 


A rovinarne piani ed aspettative ci si era messa di mezzo la figlia del generale che comandava la scuola di alta equitazione di Pinerolo, una donzella dall’aria innocente e pudica, con un viso da verginella, che gli aveva attaccato la sifilide. Una malattia curabile ma che aveva distrutto ogni sogno del povero Sergio che aveva dovuto sottoporsi a cure intensive per recuperare la solidità fisica e psichica, costringendolo però ad interrompere quella carriera militare che sotto il fascismo sembrava dargli grandi soddisfazioni.


Una volta guarito, Sergio fu inviato a combattere in Nord Africa, dove era stato nominato capitano di una pattuglia di autoblindo. Le autoblindo italiane se paragonate a quelle inglesi erano roba da ridere sia in termini di corazze che potenza di fuoco. Sergio e il suo guidatore erano in Cirenaica, che stava per essere riconquistata dagli inglesi dopo spargimento di tanto sangue italiano. 


Nel mezzo del Sahara Sergio ed i suoi uomini avevano appena subito un attacco dei terribili Spitfire inglesi che non sbagliavano mai un obiettivo. Alcune delle sue autoblindo erano saltate in aria con quattro morti. Sergio ordinò agli altri superstiti di buttarsi nelle buche lontane dalla postazione che avevano scavato primadifendersi dell’attacchi aerei. Almeno lì avrebbero dato meno nell’occhio.


“Capitano- disse il soldato semplice Raimondi - non possiamo restare qua dobbiamo cercare di spostarci di qualche chilometro altrimenti gli inglesi si fanno fuori tutti.“ 


“È sera, gli attacchi aerei termineranno tra poco, approfittiamone per fare il pieno e il rifornimento” rispose Sergio. 


Raimondi si ripresentò dopo qualche minuto. 


“Capitano non possiamo fare il rifornimento… Le taniche di benzina, arrivate sigillate dall’Italia, non contengono benzina ma solo acqua putrida”.


Sergio Bartoli sospirò profondamente e poi si limitò a dire “A questo punto mangiate le vostre razioni. I soldati devono nutrirsi per combattere.“ la risposta del soldato semplice però era tutto tranne quello che si aspettava. “Neanche questo è possibile signore. Ogni scatoletta di carne sigillata è piena di terriccio. Non sappiamo cosa fare.” Ci fu una lunga pausa rotta dal suono di aerei in avvicinamento.



“Signor Capitano -disse Raimondi con evidente terrore -stanno tornando“ 

“Tutti nelle buche!!!” ordinò Bartoli ai suoi uomini. E gli Spitfire arrivarono pochi secondi più tardi per scaricare il proprio carico di morte.


“Capitano mi hanno preso…” disse con un filo di voce Raimondi con la mano destra che sorreggeva gli intestini che fuori uscivano dallo squarcio causato da una scheggia. Raimondi si accasciò a terra mentre uno scorpione pronto a colpire camminava nel suo sangue.


Dopo quest’ultimo attacco gli inglesi entrarono nel campo italiano e fecero prigionieri i superstiti. Sergio Bartoli fu catturato, successivamente trasferito in diversi campi di concentramento inglesi, e alla fine trasferito negli Stati Uniti in un campo di concentramento per criminali, uno di quelli che ospitavano non solo i delinquenti ma anche coloro che si erano rifiutati di abiurare al giuramento di lealtà fatto a Mussolini e al Re. 


Fu rilasciato nel 1948 e tornò in Italia come un uomo distrutto.

Tennis, bypass e fentanyl

Tutto è cominciato alcuni anni fa quando giocavo a tennis con Elisabetta Ullmann, la nota interprete in italiano dei presidenti americani. Ad un certo punto mi sono sentito privo di energie. Causa un grande affanno, mi sono dovuto sedere su una panchina.  Elisabetta mi ha consigliato di andare da un cardiologo. 


Ho seguito il suo consiglio ed il medico, dopo l’elettrocardiogramma, ha constatato che sarei dovuto andare urgentemente a verificare lo stato delle mie arterie con un esame approfondito. Mi ha dato appuntamento per la mattina successiva in modo da verificare se dovessi sottopormi ad una angioscopia o ad una angioplastica. Dall’angioplastica risultò che non poteva inserire alcuno stent come era invece nella previsione, perché le perché le mie occlusioni alle arterie non consentivano di ospitare alcuno stent. Pertanto l’unica soluzione era il bypass coronarico con prelevamento di un tratto di arteria da una coscia. 


A Washington DC uno dei migliori cardiochirurghi che aveva raggiunto e oltrepassato gli oltre 500 interventi coronarici, era il Dottor Ammar Bafi, un Iraqeno che si era laureato brillantemente a Baghdad e specializzato anche in altre capitali europee. Bafi esercitava in un dipartimento che portava il suo nome al Washington Hospital, un nosocomio che nella graduatoria nazionale veniva considerato per i meno abbienti, ma che in effetti per quanto riguardava la cardiochirurgia, era uno dei migliori del paese.


Il giorno dell’operazione, un giovane anestesista indiano prima di anestetizzarmi cominciò a descrivermi le decine di luoghi che aveva frequentato e conosciuto in Italia, soprattutto nel meridione. Ci fu il tempo di un mio sorriso, dopodiché sono “svanito”. Mi dicono i miei familiari che attendevano ansiosi l’esito dell’intervento, che ad un certo momento si è aperta la porta ed è arrivato il professor Bafi molto sollevato e anche sorridente. Dichiarò che l’operazione era durata pochissimo, appena 40 minuti, perché non aveva avuto necessità di collegarmi alla macchina esterna della circolazione sanguigna, dato che il mio cuore aveva continuato a battere. Bafi aveva eseguito la cosiddetta “operazione a cuore battente”. 


I successivi quattro giorni li ho trascorsi all’interno di una lussuosa stanza dell’ospedale, assistito in maniera esemplare due infermiere super professionali che tutto dimostravano però tranne che un minimo di empatia nei confronti del paziente che dovevano assistere. È il caso di sottolineare che mi avevano collegato con una droga antidolorifica chiamata fentanyl che ha alleviato tutti i miei dolori per quattro giorni e questo dimostra la pericolosità di questa sostanza che sta invadendo a livello pandemico tutto il mondo e purtroppo soprattutto gli Stati Uniti d’America. Il fentanyl è prodotto a tonnellate in Messico e in Cina.

Empatia e vecchie storie fiorentine

Saranno state le due del mattino quando un gran fracasso venne dal letto vicino a quello su occupavo io al policlinico le Scotte di Siena. Nel letto vi era una rumeno che, nudo, cercava di scendere dal letto con gran confusione mentre l’infermiera di turno notturno tentava senza successo di impedirglielo. Ad un certo punto il Rumeno tira uno sganassone alla povera donna che cercava in qualche modo di fare il suo dovere evitando ulteriori problematiche. La povera infermiera massaggiandosi la guancia offesa su cui spiccava ormai un rossore, con la forma del palmo di una mano si limito’ a dire: 

“Poveretti bisogna anche capirli… Arrivano qui al pronto soccorso e sono completamente fuori di testa perché si trovano in un ambiente completamente diverso da quello in cui sono stati cresciuti e non ne conoscono le regole fondamentali di comportamento.“ 

Un magnifico esempio di empatia internazionale che l’infermiera notturna esprimeva autonomamente senza che nessuno se l’avesse costretta.. In suo aiuto arrivarono anche i suoi colleghi che cercarono di tranquillizzare il vecchio esasperato riportandolo a letto e probabilmente somministrandogli anche un poderoso calmante.

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Da vecchie cronache fiorentine.

Diddi aveva appena compiuto i 15 anni e le avevano preparato una tortina con numero e candeline. Era stato un pensiero gentile del centro per ragazze senza senza famiglia che la ospirava da qualche anno. Dopo l’austera celebrazione tornò nella sua stanza. Stava dormendo da qualche ora quando avverti uno strano rumore sulla destra del letto: un individuo si stava infilando sotto le lenzuola nel suo letto farfugliando: “non avere paura sono io papà tanto rimane tutto in famiglia.“

E visto che tutto rimaneva in famiglia anche il fratello Bruno pensò  bene di prendersi confidenza con la sorellina.

Diddi lasciò quello orfanotrofio che ormai per lei era diventato una terribile continua paura notturna e visto che c’era, e che l’esperienza ormai l’aveva maturata, comincio’ ad esercitare la più antica professione del mondo con grande successo visto che era così giovane. 

L’appuntamento era in Borgo Pinti al numero 3 al terzo piano, dove alcuni amici da anni avevano messo su uno “scannatio“ per andarci con le donne e le ragazze che acconsentivano a passare qualche ora in un ambiente tanto per per fare del sesso. Diddi suono’ tutti i campanelli della casa per farsi aprire la porta d’ingresso e cominciò a salire le scale verso lo scannatoio  all’interno l’aspettava Giovanni, un bel ragazzo che lei aveva incontrato nella balera chiamata Dipendenti Pubblici”. L’ambiente era schifoso perché nessuno degli amici che avevano affittato il piccolo locale si premurava di pulirlo. Le lenzuola che nessuna delle donne che le avevo usate avevo avuto la premura di far cambiare almeno per un minimo di logica igienica erano luride. Il giovane Giovanni aspettando Diddi si era seduto sull’unica poltroncina poltroncina che arrivava a casa. Per terra una la corda che un tempo doveva avere azionato la pesante persiana esterna, ora chiusa. Giovanni sì senti legare i polsi e dietro la poltroncina con quella corda e credette che fosse l’invenzione di Diddi che voleva introdurre nel loro incontro un elemento di grande novità sessuale. Come ebbe finito di legarlo, Diddi si avvicinò a Giovanni e gli sussurrò all’orecchio: “Adesso devi mantenere le promesse che mi hai fatto e cioè che io diventerò la tua donna ufficiale.

Giovanni si mise a sghignazzare dicendo: “Tu sei completamente fuori di testa figurati se io mi fidanzo con una troia come te…“ Si appoggiò allo schienale della poltroncina per riprendere fiato. Diddi estrasse un rotolo di adesivo da falegname borsetta destra, ne tagliò 40 cm e lo applicò sulla buca ed il naso di Giovanni che guardava alcuna occhi spiritati cercando di capire cosa stesse succedendo. 

Come ebbe tappato olio orifizio al Giovanni, Diddi gli apri’ i pantaloni e comincio’ a sfilargleli leggermente. Poi dalla solita borsetta estrasse un coltello a serramanico di grande affilatura e iniziò a tagliare il pene al suo mancato fidanzato a colpettini che lasciavano comunque segni di profondi sanguinamenti.  

Il vestito di Diddi ben presto si macchiò di sangue. Diddi prese le sue cose e si avviò verso la porta di uscita dell’appartamento iniziando la discesa della scala che portava la porta d’ingresso dello stabile. Arrivata in fondo apri la porta d’ingresso che poi richiuse dall’esterno dall’esterno  e si avvio’ verso via Sant’Egidio con il vestito macchato di sangue. I pochi passanti guardavano con un certo stupore. Diddi aveva chiuso a chiave dello scannatoio in via borgo Pinti scala piano tre e gettò via la chiave in una fogna.


Non facciamo casino. a

Il 20 settembre 1958 la legge Merlin entrò in vigore. 


 Alla mezzanotte del 19 settembre del 1958, drappelli di polizia misero i lucchetti alle entrate di circa 500 bordelli nei principali centri urbani italiani su un totale di 700 case chiuse che sino ad allora erano state gestite utilizzando circa 2.900 prostitute. che erano disposte a passare la cosiddetta quindicina, ovvero due settimane di intenso lavoro. Per il quale era prevista obbligatoriamente almeno una accurata visita medica.[

Erano centinaia quella notte i cittadini italiani che 'doloroso evento'"in gran parte giovani ch tempo erano riusciti ad utilizzare i servizi di quei bordelli contraffacendo, nella maggior parte, la carta d'identità obbligatorio per dimostrare che avevano compiuto i18. 

Poi c'erano gli suoli di vedovi, quelli che vevano dare u cn sen aa un matrimonio in estinzione, poi c'erano quelli che affermavano che andare in casino era pur sempre un'esperienza utile sul piano sociologico senza parlare poi degli stuoli di militari. 

Per i quali il bordello era una sfogo alle lunghe ore di segregazione in caserma. E tra questi anche quei militari che,ob torto collo, stavano mettendo i lucchetti alle entrate di quelle case in cui erano andati tante volte.,

"Non facciamo casino" questa la frase entrata nel lessico comune. ad indicare ambienti pieni di caos.

 Ma la vita all'interno delle casr *(le imposte esterne delle finestre dovevano essere abbassate durante la giornata  era molto austera , se così può definirsi. Chi imperava sul silenzio e la compostezza dei presenti nella sala di ricevimento era la maitresse, 

Ovvero la madama che gestiva ogni attività della casa, dalla verifica che le signorine fossero adeguate nel comportamento professionale e nella presenza alle regole fondamentali del postribolo, che fosse evitato ogni schiamazzo Se qualche cosa si fosse verificato si potevano chiamare i buttafuori che provvedevano a mettere in strada i disturbatori.a caro prezzo.

 La madama con grandi colpi di bacchetta sulla scrivania imponeva il silenzio. 

Una lunga scampanellata alla porta esterna avvisava che un personaggio importante stava per entrare e non si sarebbe soffermato nella sala di ricevimento. 

Perché forse si trattava del solito Monsignore che poteva frequentare una volta la settimana grazie ad un certificato vescovile che ne attestava l'esigenza sanitaria del trattamento..

 Quella notte alla chiusura della casa le signorine si erano già preparate a prendere un taxi, una carrozzella, ill passaggio di qualche amico nella sua auto per andare alla stazione e ritornare nel luogo di origine, spesso al Sud.* 

La cosiddetta legge Merlin e' forse la legge più importante quanto a notorieta 'nella produzione legislativa de Parlamento* italiano. 

La votazione avvenne a larghissima maggioranza coinvolgendo i  parlamentari della Democrazia Cristiana, del Partito Comunista, del partito socialista ,del partito repubblicano,
 
Si trattava di una legge che era una imitazione di un analoga disposizione normativa francese voluta da una ex prostituta.



Il pittore francese Gustave Courbet ha dipinto un'opera intitolata "L'Origine du monde" (1866), ed è una rappresentazione realistica e molto esplicita dei genitali di una donna nuda. 


Quest'opera è celebre per il suo impatto provocatorio e per il dibattito che ha generato sulla sessualità e sull'arte. Commissionata dal diplomatico ottomano Halil Şerif Paşa, il dipinto è rimasto nascosto per decenni in collezioni private prima di essere esposto pubblicamente. Oggi è conservato al Musée d'Orsay a Parigi.

"L'Origine du monde" è considerato un punto di svolta nell'arte realista e nella rappresentazione della corporeità, affrontando temi che erano tabù nella società del XIX secolo.
Che differnza dalla cultura attuale totalmente depilatoria.



"Guardi che prima viene l'azienda e poi la famiglia."

 







Mio figlio stava per nascere ed io ero a Mosca per allestire un padiglione fieristico.

 Avevo cercato di farmi assegnare ad un altro incarico, ma l'amministratore delegato mi aveva detto: "Guardi che prima viene l'azienda e poi la famiglia."

Tutte le sere cercavo di parlare con Udine, dov'è mia moglie era assistita dalla madre in attesa del parto.

 Solo che era praticamente impossibile parlare; ogni volta ricevevo dei  "niente "nyte," È stato allora che ho deciso di parlare con la supervisor della compagnia telefonica sovietica alla quale ho espresso tutto il mio disappunto e l'ho fatto in maniera molto precisa, magari rischiando.

 La donna mi ha richiamato dopo un quarto d'ora e mi ha detto in francese che era impossibile parlare con l'Italia perché la compagnia telefonica italiana era sempre in sciopero. 

Vi posso assicurare che questa affermazione, fatta oltretutto nel contesto moscovita mi ha fatto una certa impressione.

Ovviamente per tornare in Europa, avevo bisogno di avere il biglietto di ritorno dell'aereo.

Nel pomeriggio si creava una lunga fila di persone nella hall dell'albergo chiamato Ucraina, che era l'unico nel quale venivano ammassati tutti gli occidentali di Mosca. 

La fila finiva di fronte ad un tavolino dietro il quale stavano due cretine che avevano di fronte a sé una scatola di legno orizzontale dentro la quale pescavano i biglietti di ritorno aerei.

Quando era il mio turno di fronte alle due deficienti queste facevano finta di scartabellare dentro la maledetta scatolina orizzontale di legno e poi chiudevano con un "nyet." 

Anche in questa occasione una sera ho deciso di perdere la pazienza e mi sono messo ad urlare, rompendo chiaramente le regole di comportamento all'interno dell'albergo Ucraina, ed anche in questa occasione nonostante lo stupore degli astanti per il mio coraggio all'improvviso si è materializzato un ufficiale super bullonato che ha allontanato le due stupide si è messo a cercare nella maledetta scatolina di legno orizzontale e ne ha estratto il mio biglietto di ritorno.

Il rientro nel mondo occidentale non era facile perché Aeroflot doveva fare il pieno di gasolio, ma solo gasolio sovietico perché costava di meno quindi abbiamo fatto una sosta obbligata a Vienna che in quegli anni era spartita nelle diverse componenti del dopoguerra.

Dopo Vienna inizia il viaggio su Milano ed ecco un'altra novità: annunciano che, a causa delle condizioni atmosferiche ovvero a causa della nebbia, sarebbe stato possibile un dirottamento su un'altra città. Tutto questo perché i piloti russi, o meglio sovietici, non erano in grado di atterrare con condizioni di visibilità limitate, al contrario di quelli occidentali abituati ad atterrare in spazi ristretti.

Come Dio ha voluto abbiamo finalmente toccato terra a Milano. 

Da lì mi sono precipitato al treno raggiungendo Mestre, poi Udine e finalmente sono entrato nell'ospedale giusto in tempo per assistere alla dilatazione a mano ed alla nascita di Max.



Ann Llop-Keuter

Mon, Oct 21, 6:15 PM (14 hours ago)
to me
ItalianEnglish
Beautiful story...and Max.. a big hug to everyone

 

Come uscire dalla crisi delle democrazie

Partiti e cittadini: come uscire dalla crisi delle democrazie


Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 28 settembre 2024

Molti, giustamente, pensano e scrivono che la democrazia si trovi in una fase critica della propria vita e, a sostegno di questa tesi, portano i dati sull’avanzamento dei partiti di estrema destra e dei movimenti populisti, dimenticando che queste pericolose evoluzioni sono la diretta conseguenza dell’involuzione della democrazia stessa e che, quindi, i rimedi debbono essere trovati soltanto in un profondo rinnovamento del sistema democratico.

Riflettendo sulle democrazie europee, la loro pesante crisi si fonda sul progressivo cammino verso quella che viene dai politologi definita una frammentazione polarizzata.

Non si tratta di un’astrazione accademica, ma di un’evoluzione che, nella maggioranza dei paesi, ha moltiplicato il numero dei partiti e dei movimenti politici e, nello stesso tempo, ha accresciuto il livello di conflitto esistente fra di loro. Di conseguenza abbiamo governi di durata sempre più breve, con una diminuita capacità di azione e che, spesso, sono spinti a superare questa paralisi con governi tecnici che non sono il frutto del voto popolare.

Prendiamo come esempio la Germania, paese in cui il sistema democratico aveva per decenni potuto contare su una lunga durata dei governi e su una fisiologica loro alternanza. La democrazia tedesca è rinata strutturandosi su due partiti, Democrazia Cristiana da un lato e Partito Socialista dall’altro. Ad essi si sono aggiunti prima i liberali e poi tanti altri, fino ad arrivare a otto partiti rappresentati in Parlamento.

I governi, da monocolore, sono diventati governi di coalizione, in una prima fase formati da forze politiche che condividevano i grandi obiettivi di fondo e, in seguito, da formazioni sempre meno omogenee e più conflittuali, con divergenze non solo con i partiti di opposizione, ma anche fra di loro. La stessa evoluzione, nonostante le grandi differenze delle regole costituzionali e dei sistemi elettorali, è progressivamente avvenuta nella maggioranza dei paesi europei, partendo dall’Olanda fino ad arrivare alla Francia, dove la moltiplicazione dei partiti e la loro radicalizzazione ha dato vita alla formazione di un governo che è sostanzialmente un ibrido fra un governo tecnico e un governo politico.

Si può certamente mettere a questo proposito in rilievo la diversità del caso italiano dove la democrazia è nata già con una durissima polarizzazione fra Democrazia Cristiana e Partito Comunista e con governi prevalentemente di coalizione, sempre di breve durata.

Questo non vuole certo dire che gli altri paesi europei abbiano seguito l’esempio italiano ma, semplicemente, che questa nostra eccezione era il frutto della polarizzazione internazionale responsabile, fin dall’inizio, di una maggiore fragilità della democrazia italiana.

Oggi questa fragilità è diventata una caratteristica comune. La polarizzazione politica si è pesantemente affermata anche negli Stati Uniti, mettendo perfino a rischio la democrazia in un paese in cui le profonde radici democratiche e il sistema elettorale rendono sostanzialmente impossibile la frammentazione partitica.

Da questo generale indebolimento della democrazia stanno naturalmente traendo profitto i sistemi autoritari che con il crescente, anche se fragile, legame fra Russia e Cina, stanno espandendo la loro influenza in una parte sempre maggiore del pianeta.

Siamo arrivati al paradosso che, in molti paesi asiatici e africani, i veri autoritarismi si presentano come difensori della volontà popolare contro l’autoritarismo dell’Occidente. Sembra che siano Cina e Russia a portare la democrazia al Rest contro il West autoritario.

Questa mistificazione diventa facile da usare in conseguenza delle nostre debolezze. Proprio per la nostra frammentazione e la nostra polarizzazione, il potere democratico è divenuto, come scriveva Moisés Naim “sempre più difficile da esercitare e sempre più facile da perdere“, con il risultato di non essere più in grado di proporre una politica di lungo periodo, mentre i dittatori hanno una durata sostanzialmente indefinita.

partiti antisistema, e sostanzialmente autoritari, che mettono a rischio la democrazia non sono quindi il frutto della loro forza o della credibilità dei loro programmi: semplicemente cavalcano la nostra debolezza e le nostre divisioni. Contano più sulla nostra depressione che sulla loro oppressione.

Non credo che si esca da questa crisi promuovendo una forma di governo come il premierato, scommettendo tutto sul rafforzamento così forte della guida dell’esecutivo che, nella sostanza, insegue una terza via tra autoritarismo e democrazia, esautorando così un Parlamento già indebolito e recidendo il fragile rapporto fra i partiti e il paese. Il rafforzamento della democrazia deve camminare in direzione opposta.

Condizione necessaria perché questo avvenga, è una legge elettorale con collegi uninominali capaci di giocare contro la frammentazione e di obbligare i partiti a proporre candidati non nominati dall’alto, ma eletti da un popolo che li conosce. Solo così si innalza la qualità dei parlamentari e, quindi, il ruolo del Parlamento.

A questo si aggiunge la necessità di un ritorno del dialogo fra partiti e cittadini non più estranei, ma partecipi nel dettare le linee e nella costruzione dei programmi. La democrazia è partecipazione: non sono solo parole di una canzone, ma una semplice necessità perché la democrazia ritorni a vivere con una propria anima, senza inseguire i governi autoritari.

 

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Io, Sofia e i Novanta



Ho incontrato dal vivo Sofia Loren molti anni fa in occasione della celebrazione del varo di  una grande nave da crociera costruita dalla Fincantieri per conto di un armatore straniero.

 Questa nave rappresentava l'inizio di una linea di grandi bastimenti che avrebbe caratterizzato i decenni successivi vista la ripresa del settore crocieristico. Verso il quale si stava indirizzando una larga parte del turismo internazionale.

 Come vice direttore centrale dell'Iri, con la responsabilità dei contatti con i media, mi sono ritrovato in una sala vip della grande nave dove già sedeva la splendida Sofia.

Sapevo che la presenza della famosa attrice era super pagata dalla Fincantieri e dall'armatore per una azione di Pubbliche Relazioni con personaggi che si sarebbero entusiasmati nello stringere la mano all'artista e scambiare qualche parola.

In quel momento eravamo soli, lei ed io.

Devo ammettere che la signora Loren ha manifestato anche nei confronti del sottoscritto la sua grande capacità di intrattenere una persona assolutamente ordinaria con un modo elegante nel mettere a proprio agio l'interlocutore ordinario.

 Ed è questa la caratteristica dei grandi personaggi che ho riscontrato, tanto per fare un esempio nei Clinton che se vi stringevano la mano ti facevano una serie di domande come se ti avessero conosciuto 20 anni prima.

 Alla signora Loren, tanto per impegnare il tempo, ho detto che la sera prima una televisione italiana aveva trasmesso il film  'La Ciociara' di Vittorio De Sica con il quale aveva vinto l'Oscar..

 Notizia che le ha fatto particolarmente piacere tanto che l'attrice si è lanciata nel descrivere le difficoltà incontrate nel  recitare in America  in uno dei numerosi film.

Per esempio la puntualità a qualsiasi livello professionale è considerata elemento essenziale del lavoro negli gli Stati Uniti e anche sui set cinematografici.

In Italia non è certamente la puntualità uno degli elementi fondamentali  per dichiarare l'eccellenza di una artista.

Basti l'esempio di Marcello Mastroianni i cui ritardi sul set erano motivo di angoscia per i registi.

 Ascoltavo con interesse quanto Sophia Loren mi ricordava delle sue esperienze americane e poi ho notato che dietro di lei ad una distanza di circa 10 metri era comparso un gruppo con il Presidente Bono di Fincantieri, una persona che non apprezzavo per le sue battute acide sul presidente dell'Iri Romano Prodi.

Bono si sbracciava perché lasciassi quella stanza sino ad allora occupata insieme alla famosa attrice.

Ho salutato Sofia e sono uscito galvanizzato, devo riconoscerlo, da quell'incontro con la splendida attrice che tanto onore stava dando all'immagine dell'Italia nel mondo.

 Oggi Sofia ha raggiunto il traguardo dei 90 anni e le auguriamo di non privarci troppo presto della sua meravigliosa presenza..

 Oscar