Sergio Bartoli a vent’anni già stava scalando le vette della carriera sportiva e militare perché era un grande cavallerizzo specializzato nei tornei a ostacoli. Le autorità federali gli avevano già messo gli occhi addosso perché pensavano che Sergio avrebbe potuto avere un gran successo visto che aveva il fisico del ruolo.
A rovinarne piani ed aspettative ci si era messa di mezzo la figlia del generale che comandava la scuola di alta equitazione di Pinerolo, una donzella dall’aria innocente e pudica, con un viso da verginella, che gli aveva attaccato la sifilide. Una malattia curabile ma che aveva distrutto ogni sogno del povero Sergio che aveva dovuto sottoporsi a cure intensive per recuperare la solidità fisica e psichica, costringendolo però ad interrompere quella carriera militare che sotto il fascismo sembrava dargli grandi soddisfazioni.
Una volta guarito, Sergio fu inviato a combattere in Nord Africa, dove era stato nominato capitano di una pattuglia di autoblindo. Le autoblindo italiane se paragonate a quelle inglesi erano roba da ridere sia in termini di corazze che potenza di fuoco. Sergio e il suo guidatore erano in Cirenaica, che stava per essere riconquistata dagli inglesi dopo spargimento di tanto sangue italiano.
Nel mezzo del Sahara Sergio ed i suoi uomini avevano appena subito un attacco dei terribili Spitfire inglesi che non sbagliavano mai un obiettivo. Alcune delle sue autoblindo erano saltate in aria con quattro morti. Sergio ordinò agli altri superstiti di buttarsi nelle buche lontane dalla postazione che avevano scavato primadifendersi dell’attacchi aerei. Almeno lì avrebbero dato meno nell’occhio.
“Capitano- disse il soldato semplice Raimondi - non possiamo restare qua dobbiamo cercare di spostarci di qualche chilometro altrimenti gli inglesi si fanno fuori tutti.“
“È sera, gli attacchi aerei termineranno tra poco, approfittiamone per fare il pieno e il rifornimento” rispose Sergio.
Raimondi si ripresentò dopo qualche minuto.
“Capitano non possiamo fare il rifornimento… Le taniche di benzina, arrivate sigillate dall’Italia, non contengono benzina ma solo acqua putrida”.
Sergio Bartoli sospirò profondamente e poi si limitò a dire “A questo punto mangiate le vostre razioni. I soldati devono nutrirsi per combattere.“ la risposta del soldato semplice però era tutto tranne quello che si aspettava. “Neanche questo è possibile signore. Ogni scatoletta di carne sigillata è piena di terriccio. Non sappiamo cosa fare.” Ci fu una lunga pausa rotta dal suono di aerei in avvicinamento.
“Signor Capitano -disse Raimondi con evidente terrore -stanno tornando“
“Tutti nelle buche!!!” ordinò Bartoli ai suoi uomini. E gli Spitfire arrivarono pochi secondi più tardi per scaricare il proprio carico di morte.
“Capitano mi hanno preso…” disse con un filo di voce Raimondi con la mano destra che sorreggeva gli intestini che fuori uscivano dallo squarcio causato da una scheggia. Raimondi si accasciò a terra mentre uno scorpione pronto a colpire camminava nel suo sangue.
Dopo quest’ultimo attacco gli inglesi entrarono nel campo italiano e fecero prigionieri i superstiti. Sergio Bartoli fu catturato, successivamente trasferito in diversi campi di concentramento inglesi, e alla fine trasferito negli Stati Uniti in un campo di concentramento per criminali, uno di quelli che ospitavano non solo i delinquenti ma anche coloro che si erano rifiutati di abiurare al giuramento di lealtà fatto a Mussolini e al Re.
Fu rilasciato nel 1948 e tornò in Italia come un uomo distrutto.
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