Berlusconi visto da Alessandro Stille, professore alla Columbia University di New York
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La carriera politica di Silvio Berlusconi assomiglia sempre di più a una favola. Una favola in cui i vizi e gli errori del protagonista vengono portati alle loro estreme conseguenze fornendo una morale molto chiara. In questo caso la morale potrebbe essere il famoso assioma del pensatore politico inglese Lord Acton che diceva che il potere assoluto corrompe assolutamente. Oppure si potrebbe pensare alla favola gotica di Oscar Wilde “il Ritratto di Dorian Grey” in cui le nefandezze del protagonista rimangono nascoste, mantenendone il viso virile e pimpante mentre in realtà il suo ritratto si imbruttisce e si invecchia giorno per giorno. Alla fine dei due rimane solo il ritratto di un uomo in rovina, distrutto dai suoi peccati. In realtà le brutture luride che vengono raccontate dalle partecipanti dei bunga bunga del Presidente del Consiglio sono la conseguenza logica del Berlusconismo: il concentramento senza precedenti di potere nelle mani di un uomo solo. Nelle varie fasi del Berlusconismo questo ha assunto diverse forme. Prima di tutto l’uso del potere per fini puramente personali: il decreto ‘salva ladri’ per fermare le indagini su suo fratello e l’azienda di famiglia. Poi la confusione totale di privato e pubblico: il mandare in Parlamento decine di dirigenti, giornalisti, avvocati, fiscalisti di sua dipendenza (e soprattutto se imputati)a rappresentare il popolo italiano. E l’essere sopra la legge: la depenalizzazione di reati di cui è stato accusato, i centinaia di tentativi di sottrarsi ai processi con cavilli e leggi cucite su misura. Per poi passare alla fase ultima dal 2008 in poi, la fase da sultano: l’elezione in Parlamento di diverse giovani donne di scarsa preparazione ma con rapporti personali ravvicinati con il sultano, le veline candidate, almeno prima di essere ritirate, al Parlamento Europeo. In seguito la degenerazione ulteriore del sultanato dopo la rottura con la moglie Veronica Lario, la quale ha definito suo marito un uomo malato. Berlusconi come sfida ha raddoppiato la sua strafottenza nei
confronti dell’opinione pubblica e degli obblighi di decoro del suo incarico, continuando i festini con prostitute, cubiste e ragazze dal sottobosco notturno, fornite dall’imprenditore Gianpiero Tarantini, avido di appalti governativi. Infine la distruzione autolesionista della propria maggioranza per imporre una legge sulle intercettazioni telefoniche che avrebbe paralizzato migliaia di inchieste per di evitare imbarazzi ulteriori del sultano. Dal punto di vista psicologico viene fuori un ritratto davvero curioso: un uomo che ha tutto ma non è mai soddisfatto, che sembra divorato da insicurezza spaventosa e ridotto a creare un teatrino fatto per dare l’illusione di onnipotenza. I festini seguono un copione a quanto pare poco variato: 20 donne per un uomo solo, con l’aggiunta di uno o due eunuchi che aiutono a gestire l’harem, che sarebbero o Gianpiero Tarantini o Emilio Fede o Lele Mora. Come aveva descritto con documenti filmati e registrazioni in mano Patrizia d’Addario: “Facendo la escort pensavo di aver visto un bel po’ di cose, ma questo mi mancava: venti donne per un unico uomo. Le cosiddette ammucchiate, o orge, come preferite, prevedono più o meno lo stesso numero di donne o di uomini, altrimenti è difficile distribuire piacere. Qui gli altri uomini non hanno voce in capitolo, c’è un solo maschio con diritto di coppola, il premier”. Probabilmente nonostante i compensi lauti dati alle varie ragazze Berlusconi si auto convince che non sono lì perché vengono pagate, ma per via del suo fascino virile. Berlusconi cerca di non notare che ridono di lui, oppure che rimangono schifate dallo spettacolo lurido e patetico di un uomo di 75 anni con capelli finti, faccia tirata e coperto di trucco che ha bisogno di essere lusingato, eccitato ed accarezzato da venti ragazze allo stesso tempo per sentirsi uomo. È difficile pensare a qualcosa di più patetico della scena captata dalla d’Addario, non smentita e quindi smentibile, in cui Berlusconi, si vanta davanti alla prostituta delle sue grandezze dopo la loro notte d’amore, parlando dei tanti summit internazionali che ha presieduto, dicendo “io sono IN-SU-PER-ABILE!”. Tutto questo è concepibile solo in un mondo dove l’io dell’uomo più potente del paese non ha alcun freno: strafottente della legge e delle inchieste giudiziarie, continua con le sue stravaganze anche dopo la scoperta dei suoi rapporti con la minorenne napoletana Noemi Letizia e della prostituta d’Addario. Non c’è nessuno dentro il suo governo o dentro il suo partito in grado di fermarlo e di dirgli che mette a rischio la gestione del paese per via delle sue nottate. Sono scene che assomigliano non a caso alle degenerazioni di potere di certi imperatori romani come Tiberio il quale secondo Svetonio aveva una piscina speciale fornita di ragazzini portati per accarezzare il suo corpo mentre si bagnava, oppure di qualche despota mesopotamico. La dinamica è sempre la stessa: un potere illimitato porta inevitabilmente ad abusi senza limiti e al delirio dell’onnipotenza che finisce per distruggersi.
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La carriera politica di Silvio Berlusconi assomiglia sempre di più a una favola. Una favola in cui i vizi e gli errori del protagonista vengono portati alle loro estreme conseguenze fornendo una morale molto chiara. In questo caso la morale potrebbe essere il famoso assioma del pensatore politico inglese Lord Acton che diceva che il potere assoluto corrompe assolutamente. Oppure si potrebbe pensare alla favola gotica di Oscar Wilde “il Ritratto di Dorian Grey” in cui le nefandezze del protagonista rimangono nascoste, mantenendone il viso virile e pimpante mentre in realtà il suo ritratto si imbruttisce e si invecchia giorno per giorno. Alla fine dei due rimane solo il ritratto di un uomo in rovina, distrutto dai suoi peccati. In realtà le brutture luride che vengono raccontate dalle partecipanti dei bunga bunga del Presidente del Consiglio sono la conseguenza logica del Berlusconismo: il concentramento senza precedenti di potere nelle mani di un uomo solo. Nelle varie fasi del Berlusconismo questo ha assunto diverse forme. Prima di tutto l’uso del potere per fini puramente personali: il decreto ‘salva ladri’ per fermare le indagini su suo fratello e l’azienda di famiglia. Poi la confusione totale di privato e pubblico: il mandare in Parlamento decine di dirigenti, giornalisti, avvocati, fiscalisti di sua dipendenza (e soprattutto se imputati)a rappresentare il popolo italiano. E l’essere sopra la legge: la depenalizzazione di reati di cui è stato accusato, i centinaia di tentativi di sottrarsi ai processi con cavilli e leggi cucite su misura. Per poi passare alla fase ultima dal 2008 in poi, la fase da sultano: l’elezione in Parlamento di diverse giovani donne di scarsa preparazione ma con rapporti personali ravvicinati con il sultano, le veline candidate, almeno prima di essere ritirate, al Parlamento Europeo. In seguito la degenerazione ulteriore del sultanato dopo la rottura con la moglie Veronica Lario, la quale ha definito suo marito un uomo malato. Berlusconi come sfida ha raddoppiato la sua strafottenza nei
confronti dell’opinione pubblica e degli obblighi di decoro del suo incarico, continuando i festini con prostitute, cubiste e ragazze dal sottobosco notturno, fornite dall’imprenditore Gianpiero Tarantini, avido di appalti governativi. Infine la distruzione autolesionista della propria maggioranza per imporre una legge sulle intercettazioni telefoniche che avrebbe paralizzato migliaia di inchieste per di evitare imbarazzi ulteriori del sultano. Dal punto di vista psicologico viene fuori un ritratto davvero curioso: un uomo che ha tutto ma non è mai soddisfatto, che sembra divorato da insicurezza spaventosa e ridotto a creare un teatrino fatto per dare l’illusione di onnipotenza. I festini seguono un copione a quanto pare poco variato: 20 donne per un uomo solo, con l’aggiunta di uno o due eunuchi che aiutono a gestire l’harem, che sarebbero o Gianpiero Tarantini o Emilio Fede o Lele Mora. Come aveva descritto con documenti filmati e registrazioni in mano Patrizia d’Addario: “Facendo la escort pensavo di aver visto un bel po’ di cose, ma questo mi mancava: venti donne per un unico uomo. Le cosiddette ammucchiate, o orge, come preferite, prevedono più o meno lo stesso numero di donne o di uomini, altrimenti è difficile distribuire piacere. Qui gli altri uomini non hanno voce in capitolo, c’è un solo maschio con diritto di coppola, il premier”. Probabilmente nonostante i compensi lauti dati alle varie ragazze Berlusconi si auto convince che non sono lì perché vengono pagate, ma per via del suo fascino virile. Berlusconi cerca di non notare che ridono di lui, oppure che rimangono schifate dallo spettacolo lurido e patetico di un uomo di 75 anni con capelli finti, faccia tirata e coperto di trucco che ha bisogno di essere lusingato, eccitato ed accarezzato da venti ragazze allo stesso tempo per sentirsi uomo. È difficile pensare a qualcosa di più patetico della scena captata dalla d’Addario, non smentita e quindi smentibile, in cui Berlusconi, si vanta davanti alla prostituta delle sue grandezze dopo la loro notte d’amore, parlando dei tanti summit internazionali che ha presieduto, dicendo “io sono IN-SU-PER-ABILE!”. Tutto questo è concepibile solo in un mondo dove l’io dell’uomo più potente del paese non ha alcun freno: strafottente della legge e delle inchieste giudiziarie, continua con le sue stravaganze anche dopo la scoperta dei suoi rapporti con la minorenne napoletana Noemi Letizia e della prostituta d’Addario. Non c’è nessuno dentro il suo governo o dentro il suo partito in grado di fermarlo e di dirgli che mette a rischio la gestione del paese per via delle sue nottate. Sono scene che assomigliano non a caso alle degenerazioni di potere di certi imperatori romani come Tiberio il quale secondo Svetonio aveva una piscina speciale fornita di ragazzini portati per accarezzare il suo corpo mentre si bagnava, oppure di qualche despota mesopotamico. La dinamica è sempre la stessa: un potere illimitato porta inevitabilmente ad abusi senza limiti e al delirio dell’onnipotenza che finisce per distruggersi.
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