News and comments from the Capital of the United States (and other places in the World) in English and Italian. Video, pictures, Music (pop and classic). Premio internazionale "Amerigo".
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Auto elettriche dalla Cina, Europa che fai?
Le auto dalla Cina, Europa che fai?
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 25 maggio 2024
La globalizzazione non è defunta, come da più parti si scrive, ma non gode certo di buona salute. Non è defunta perché, se è vero che il commercio internazionale non trascina più la crescita mondiale, i legami economici fra i diversi paesi e i diversi continenti sono così profondi che non possono essere interrotti senza provocare danni irreparabili.
E’ tuttavia innegabile che il classico libero mercato sia in continua ritirata e i rapporti fra i maggiori protagonisti della politica mondiale sempre più deteriorati. Gli strumenti di questo progressivo isolamento non sono certo nuovi. Essi si fondano sui due tradizionali pilastri del protezionismo: i sussidi pubblici alla produzione e le tariffe doganali.
Già il Presidente Trump aveva iniziato una selettiva politica di dazi nei confronti delle importazioni cinesi. Selettiva in quanto teneva conto del fatto che quasi un terzo delle esportazioni cinesi provenivano da imprese multinazionali americane e, inoltre, che le importazioni a basso costo contribuivano a moderare l’inflazione interna.
A spingere l’opinione pubblica verso il protezionismo si aggiungeva il fatto che, per effetto della concorrenza cinese, le aziende americane avevano perduto quasi tre milioni di posti di lavoro.
Biden non ha per nulla cambiato questa politica, ma l’ha rafforzata, aggiungendovi l’IRA, poderoso programma di aiuti alla produzione. Nello scorso mese, avvicinandosi le elezioni, le norme di protezione si sono ulteriormente moltiplicate.
Tra queste la decisione più discussa è l’introduzione di una tariffa del 100% all’importazione di automobili elettriche, in modo da riservare il mercato ai produttori nazionali, cominciando da Tesla, tradizionale leader del settore.
A questo si sono aggiunti nuovi dazi sull’acciaio e su altri prodotti particolarmente importanti negli Stati decisivi per l’esito delle prossime elezioni, come la Pennsylvania, il Michigan e il Wisconsin.
Naturalmente Trump, nella sua abrasiva campagna elettorale, sta andando oltre, promettendo ai suoi elettori l’introduzione di un dazio del 10% su tutte le importazioni e del 60% su ogni prodotto proveniente dalla Cina.
Il grande paese asiatico, a sua volta, prosegue nella sua tradizionale politica di barriere all’importazione, di condizioni di lavoro del tutto concorrenziali e di sistematici sussidi pubblici.
A tutto questo aggiunge la minaccia di prossime non facili risposte all’aumento dei dazi americani, alla quale accompagna, come nel nuovo settore dell’auto elettrica, un’inaspettata crescita del livello tecnologico e della produttività.
Non è un bel quadro anche se l’inno alla passata globalizzazione è anch’esso fuori posto, date le disparità e le ingiustizie che il suo uso incontrollato ha provocato.
Difficile è il ruolo europeo in questo contesto. La misura degli incentivi dipende infatti dalla profondità del portafoglio di chi li concede.
Il grande portafoglio americano, unito ai bassi costi dell’energia, sta spostando verso gli USA numerose aziende europee mentre, in mancanza di una politica comune, le multinazionali americane investono nel mercato europeo attratte soprattutto dai robusti sussidi pubblici dei paesi più capienti, a partire quindi dalla Germania e dalla Francia.
Ancora più complicata è l’evoluzione dei rapporti economici europei con la Cina. Gli interessi dei paesi europei sono, come al solito, diversi. Se prendiamo in considerazione il grande settore dell’auto, le imprese tedesche coprono da molti anni una quota considerevole del mercato cinese.
La Volkswagen, per anni leader in Cina e, insieme a Mercedes e BMW, dominante nel mercato di lusso, ha quindi deciso di cooperare per costruire nuovi modelli con grandi produttori locali, potenziando i centri di ricerca, di sviluppo, di progettazione e di produzione di auto elettriche nella stessa Cina.
Naturalmente l’intensità dei rapporti fra Cina e Germania non si limita a questo campo, ma si fonda su investimenti in tanti altri settori e su un poderoso flusso del commercio internazionale che, a differenza degli altri paesi europei, vede la Germania in posizione di forza.
Per questo motivo il Cancelliere tedesco, nonostante le tensioni politiche, si è dimostrato favorevole ad imporre barriere molto modeste alle auto cinesi, in modo da fare prosperare le collaborazioni esistenti.
Allo stesso modo si è pronunciata la francese Stellantis. Gli altri governi, compreso quello francese, propendono invece per barriere più elevate, in modo da spingere le imprese cinesi a localizzarsi in Europa.
Prendendo atto della chiusura americana e delle divergenze fra europei, la Presidente della Commissione ha preferito non entrare in guerra con la Cina e si è limitata, per ora, a richiedere una serie di analisi sui sussidi cinesi alla produzione.
Vedremo quindi a settembre se sarà imposta una protezione doganale sufficientemente elevata da mettere fuori mercato l’importazione di automobili cinesi, obbligando le imprese del Celeste Impero a fabbricare le nuove vetture in Europa.
Questo per evitare di ripetere quanto è avvenuto con i pannelli solari che, data la superiorità tecnica e i bassi costi, sono ormai fabbricati esclusivamente in Cina.
In questo quadro di incertezza si sta evidentemente preparando una dura concorrenza fra i paesi europei per attirare i possibili investimenti cinesi.
Riguardo alla loro localizzazione, come è emerso nei colloqui in Ungheria fra Orban e Xi Jinping, il governo cinese si prepara ad usare, con grande avvedutezza, la leva economica insieme alla leva politica.
Si profila così una battaglia alla quale anche l’Italia sarebbe obbligata a partecipare, sperando che sia in grado di fare scelte oculate.
Non tutte le troppo numerose imprese cinesi che producono automobili sono infatti uguali.
Migranti: se la storia cambia il vento
Migranti – se la storia cambia il vento
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 18 maggio 2024
L’immigrazione rimane centrale nella campagna elettorale delle ormai vicine elezioni europee e addirittura già infuoca i dibattiti di quella americana, che pure si concluderà solo a a novembre. Non si tratta certo di un fatto nuovo: l’immigrazione è ormai da decenni il test cruciale per la conquista dei consensi.
Anche se su questo tema vi sono posizioni diversificate, esiste tuttavia una collaudata dottrina sul fatto che più si esercita una politica dura e severa nei confronti degli immigrati, migliori sono i risultati elettorali, sia che si tratti della concessione del diritto d’asilo, dei processi di accoglienza o delle politiche di concessione della cittadinanza.
Per questo motivo, le recenti decisioni europee in termini di immigrazione, pur essendo state criticate dai movimenti oltranzisti che le avrebbero volute più severe, hanno sostanzialmente proseguito nella direzione restrittiva.
In particolare non si registrano passi in avanti nell’introduzione di elementi di solidarietà nei confronti dei paesi geograficamente più esposti ai flussi migratori, tra i quali vi è, evidentemente, l’Italia. Ancora più nette sono le prese di posizione anti immigrati negli Stati Uniti, dove si assiste ad una vera e propria gara su chi è più efficiente nel chiudere le frontiere meridionali.
La dottrina per cui chi “picchia più forte in testa” agli immigrati vince le elezioni è ancora prevalente e viene ancora applicata e ritenuta intoccabile.
Eppure siamo già entrati in una fase di cambiamento del mondo del lavoro che presto sarà seguita da un nuovo orientamento dell’opinione pubblica. In tutti i paesi industrializzati, anche dove il tasso di crescita è modesto, la disoccupazione è crollata negli ultimi dieci anni.
I motivi sono tanti ma, pur colpendo in modo non omogeneo tutti i settori economici, sono tuttavia comuni all’intero mondo produttivo: dall’agricoltura all’industria e a tutte le sfumature del terziario, dai servizi alla persona all’immenso comparto del turismo.
Interi settori dell’economia sono già oggi letteralmente paralizzati dalla mancanza di mano d’opera.
Non si tratta soltanto di mansioni particolarmente faticose o usuranti, ma di un cambiamento strutturale del mondo del lavoro. Il tutto è aggravato dalla progressiva diminuzione delle classi in età lavorativa.
Il calo demografico dura infatti da diverso tempo e l’offerta di lavoro continuerà a calare molto a lungo. Un crollo già garantito almeno per vent’anni, dato che i non nati non possono certo presentarsi al mondo produttivo.
Già è cominciato l’allarme da parte di molte imprese paralizzate dalla mancanza di mano d’opera, così come sta diventando drammatica la situazione delle strutture di cura alla persona, dai professionisti della salute agli addetti ai servizi. Ben pochi stanno riflettendo sul fatto che, in un periodo di tempo non molto superiore a quello di una legislatura politica, comincerà una vera e propria competizione per attrarre gli immigrati più preparati e più facili da inserire nel nuovo contesto.
Per essere ancora più chiari: entro pochissimi anni comincerà la concorrenza non solo fra imprese, ma anche fra gli stessi paesi. Una gara che non sarà decisa solo dal livello salariale, ma anche dalle strutture abitative, dalle occasioni di crescita professionale, dall’apprendimento della lingua e dalla possibilità di miglioramento delle condizioni di vita dei nuclei familiari.
Non è difficile constatare che l’Italia si colloca tra i paesi nei quali il problema del trattamento degli immigrati è stato costantemente messo in secondo piano rispetto a tutti i problemi fondamentali, dalla casa all’insegnamento della lingua italiana, fino all’inserimento scolastico dei figli e, ovviamente, all’ottenimento della cittadinanza.
È infatti incomprensibile che nel nostro paese non sia stato possibile approvare un testo di riforma sulla cittadinanza almeno legato al compimento di un ciclo di studi. Altri paesi, a cominciare dalla Germania, hanno invece percorso un cammino diverso arrivando persino, con una decisione allora controversa, ma oggi rivelatasi provvidenziale, ad attrarre centinaia di migliaia di cittadini siriani forniti di cultura e di capacità professionali certamente superiori rispetto alla media degli immigrati.
Ovviamente non mi auguro che altri eventi bellici, che spero non si ripetano in futuro, possano offrire una simile occasione all’Italia, ma ritengo che sia necessaria una normale capacità di attrazione in grado di fare funzionare le strutture economiche e sociali del paese. Le pressioni che spingono in questa direzione sono crescenti e non siamo lontani dal momento in cui saranno così profonde e diffuse da costringere a un radicale mutamento dell’opinione pubblica. E non vi è alcuna Intelligenza Artificiale che possa evitare questo cambiamento.
Un paese saggio e preveggenti partiti politici dovrebbero quindi riflettere sul fatto che questa evoluzione è inevitabile e che bisogna perciò preparare già da ora i necessari strumenti per provvedervi. Si può, e forse si deve, cominciare con sperimentazioni di carattere locale e settoriale, ma è necessario capire in tempo in che direzione sta andando il mondo, senza perdere ancora una volta l’appuntamento con la storia. In fondo, in modo silenzioso e senza dirlo, lo stesso nostro governo, così ferocemente schierato contro l’immigrazione, è stato costretto ad aumentare il numero degli ingressi. Guidarli e regolarli è un interesse nazionale, certo più conveniente rispetto al denaro buttato via per costruire improbabili presidi in Albania.
Gorizia e Nova Gorica: un confine caduto grazie all’integrazione europea
A Nova Gorica la cerimonia per il ventennale dell’ingresso nell’Ue
Una serata emozionante nel ricordo di un confine che è caduto grazie all’integrazione europea, in vista anche del prossimo progetto di Capitale europea della Cultura fra le due Gorizie
Articolo su Radio Capodistria del 09 maggio 2024
Nova Gorica – “Noi che siamo cresciuti vicino al confine non dimenticheremo mai il sentimento di immenso orgoglio quando, venti anni fa, ci siamo resi conto di essere diventati parte di una grande famiglia europea”. Insolitamente emozionato, il primo ministro, Robert Golob, ha aperto con queste parole il suo intervento per celebrare il ventesimo anniversario dell’adesione della Slovenia all’Unione europea.
Fra gli invitati di primo piano l’allora presidente della Commissione Romano Prodi, il cui ingresso in platea è stato accolto da un lungo applauso, condiviso con gli artefici di quel percorso storico, il capo del governo Anton Rop e Borut Pahor, che allora sedeva sullo scranno più alto della Camera di Stato. Prima di Golob aveva preso la parola il Commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, che ha sottolineato il valore dell’ingresso in termini di benessere e sviluppo. Lenarcic ha inoltre menzionato Nova Gorica come luogo simbolico di integrazione europea, anche in vista del progetto di capitale europea della Cultura condiviso con Gorizia. Prima della cerimonia ai nostri microfoni l’eurodeputato Socialdemocratico Matjaž Nemec si è soffermato anche su questo e ha dichiarato: » Simbolicamente di nuovo insieme, qui, dopo 20 anni, a Nova Gorica, insieme, con Gorizia italiana, siamo entrati insieme n10ell’Unione europea. e ora possiamo vederne le conseguenze che sono più che positive.
Il prossimo annpo il progetto più importante per le due Gorizie, Capitale europea della Cultura, quindi un progetto che ci riunisce, che ci rende più forte, nel passato, nel presente e nel futuro. Un messaggio molto forte, di grande impatto, che va raccontato in tutta l’Europa, in tutto il mondo ». Sulla stessa lunghezza d’onda le dichiarazioni del deputato al seggio specifico della minoranza autoctona italiana, Felice Žiža: »da quando la Slovenia è entrata in Europa, i nostri diritti vengono applicati con grande senso di responsabilità. Ma, soprattutto, questo si risente in maniera positiva nei rapporti bilaterali fra Italia e Slovenia, il che aiuta tutto il territorio nazionalmente misto, sia nell’Istria croata che in quella slovena, che nel Friuli-Venezia Giulia. Quindi noi ci sentiamo parte integrante di un ampio territorio dei tre Stati, e in senso ancora più ampio di tutto il territorio europeo».
Il programma musicale della serata è stato caratterizzato da interventi di grande prestigio, come quello del giovane pianista italo-sloveno di origine russe Alexander Gadjiev, e seguito dal concerto di Vlado Kreslin, sempre ispirato dall’idea di ricordare le numerose opportunità che la Slovenia ha ottenuto.
Io e la vettura cinese molisana
Quando uno gira pagina dopo 30 anni d'America la prima cosa da fare è l'acquisto di un'auto.
Dopo quanto pagato per il trasloco e il container, ci siamo orientati verso una Panda, che, sulla base dei milioni di esemplari venduti in tutta Europa, ha una indiscutibile. ottima immagine.
Con il modello basico abbiamo percorso in pochi mesi oltre 24 mila chilometri, .E senza chiedere nulla di particolare, la Pandina ci ha assicurato confortevoli tragitti.
"Ma tu nelle tue condizioni non puoi permetterti una macchina così economica"
Queste le considerazioni che mi venivano rivolte dai miei due figli ed anche dalla sposa,
E così è iniziata la ricerca di un'auto che corrispondesse al mio profilo.
La scelta è caduta su Dr. che sta per Massimo Di Risio un imprenditore di Macchia di Isernia nel Molise che nel 2006 ha convertito la sua azienda in una impresa che assembla parti di auto cinesi prodotte dal colosso Chery.
La Dr. Offre motori bivalenti con carburante benzina e GPL il che garantisce con due pieni oltre 1500 km di percorrenza.
Dice che chi è sottoposto a chemio therapy no può stare dietro il volante. Questa la campana che risuona in continuazione in famiglia e che mi vede escluso da qualsiasi tentativo di provare questa DR3 della quale ci eravamo quasi innamorati.
Dico "quasi" perché dopo qualche centinaio di chilometri mio figlio Marco mi ha detto sconsolato: "Questa macchina non funziona, singhiozza in continuazione e il concessionario multimarche Fiori, ha fissato un incontro per valutare l'inconveniente non prima di due mesi e questo forse perché dovendo far fronte a tante marche per l'assistenza non ha la struttura sufficiente per garantire un servizio elementare ai nuovi clienti Dr."
Marco, che è uno tignoso quando deve fare una ricerca ha trovato questo materiale che propongo al nostro lettore e che dà un'idea della situazione in cui ci siamo venuti a trovare con l'acquisto di una DR3.
Un Suv molto bello quanto a disegno, vernice, comfort ma con un motore non all'altezza di quanto dichiarato nella propria pubblicità,
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Review sulla dR3 su Facebook:
Marcello De Sio Cesari:
Vorrei condividere questo lungo post per cercare di confortare tutti quelli come me che si sono affranti e disperati dopo aver comprato una dr perché assolutamente non all 'altezza delle proprie aspettative.
Ho comprato una dr 3.0 bifuel a inizio luglio 23 e fin da subito la macchina si è presentata con tutti i difetti possibili ed immaginabili riscontrati su questo modello: dischi frenata anteriori e posteriori deformati che mi buttavano fuori strada sulle frenate anche poco impegnative, malfunzionamenti vari del Cruise control, consumi oltremodo eccessivi ( con un pieno di GPL poco più di 500 km) spia del motore sempre accesa e tanti altri...ma soprattutto quell'odioso e insuperabile problema del singhiozzo al motore che ti fa sentire come se stessi portando una "caccavella" di 30 anni che ti faceva chiedere fra te e te se quella maledetta macchina ce l'avrebbe mai fatta a riportarti dal punto A al punto B.
La macchina ha passato più tempo in assistenza che sotto casa mia, in nove mesi è stata, per un motivo o per un altro, ben 12 volte in assistenza...un disastro.
Poco alla volta la maggior parte dei problemi sono stati risolti tranne per quel maledetto problema del singhiozzo al motore. Nonostante le mie insistenze in assistenza mi continuavano a dire la stronzata dell aggiornamento che doveva arrivare ( una supercazzola perché il problema era chiaramente meccanico e non elettronico dunque che ti aggiorni?) ma niente non sapevano cosa dirmi. Ironia della sorta proprio l aggravamento del problema ha fatto si che si arrivasse al suo nocciolo.
La macchina partiva e funzionava ma dopo una decina di km iniziava a singhiozzare, sempre peggio sempre peggio, fino ad arrivare dopo una 20 di km quando fermavo la macchina in folle singhiozzava pure allora, i giri del motore non erano stabili ma salivano e scendevano e quando riprovavo a partire la macchina andava a tre cilindri tremando e borbottando per ripartire e continuando a camminare a giri irregolari...un disastro.
La concessionaria è stata obbligata a riprendersi per l'ennesima volta la macchina e a darmi una macchina sostitutiva a spese della dr motors...poi piu' niente, nessuna notizia per quasi tre mesi, il nulla. Poi un giorno mi chiama il tecnico che mi dice che mi deve parlare...vado la' e con mia enorme sorpresa mi mette davanti ad un video di lui che mi smonta la testata del motore e mentre è al telefono con i tecnici della dr poggia la testata del motore su un banco da lavoro e con un compressore ed un po' d acqua incominciano a soffiare acqua nelle valvole dei pistoni che chiaramente non funzionano...ecco il maledetto problema: " LE VALVOLE CHE REGOLANO IL MOVIMENTI DEI PISTONI NON FUNZIONANO BENE, SONO ROTTE O DI SCARSISSIMA QUALITA." sempre nel video mi fa vedere come li cambia e come mi rimontano la testata del motore sempre sotto la supervisione telefonica della dr che gli manda pure i pezzi nuovi e da' consenso o meno agli interventi.
La macchina funziona!!! Non solo non singhiozza e non strappa più ma consuma moooolto meno (700 km con un pieno di GPL) e funziona pure bene quello che fino a poco tempo prima era un generatore casuale di numeri ovvero il suggerimento di marcia visivo. Certo ora non è che ho una audi o una Mercedes... è sempre una dr che per arrivare a 120 ha bisogno della mano di nostro signore però per lo meno il motore va...funziona...non strappa e non singhiozza.
È un intervento costosissimo per la dr che deve pagare il tecnico della concessionaria ( un normale meccanico chiederebbe per questo intervento non meno di tremila euro) mandare pezzi costosi e pagarti la macchina sostitutiva ma sono costretti a farlo, non fatevi ripetere la cazzata dell' aggiornamento...battetevi per una macchina nuova decente...spero di essere stato utile
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Auto DR: un disastro per TrustPilot. E gli altri?
Un disastro, un vero disastro: questa la prima impressione che si ricava a leggere le opinioni degli utenti sulle varie auto a marchio DR sul noto sito di recensioni TrustPilot. Un dato su tutti: la molisana DR Automobiles, che assembla in Italia componentistica proveniente dalla Cina, ottiene il 71% di valutazioni pessime - quelle con una sola stella - su 313 recensioni totali, supportate da decine e decine di spiegazioni circostanziate. Le varie DR 5.0, DR 6.0, DR 7.0 e chi più ne ha più ne metta vengono a più riprese citate per inconvenienti gravi e per un servizio clienti insoddisfacente. Ma le cose stanno davvero così?
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Nonostante i problemi motoristici la Dr. sta andando alla grande in Italia e in Spagna con la vendita di decine di migliaia di vetture a prezzi super scontati, dotate di ogni particolare accessorio che stimola la fantasia e l'attenzione di chi ha scarse risorse da destinare all'acquisto di un'automobile ma che desidera ugualmente fare un buon investimento,
Oscar
Superare il diritto di veto per un’Europa più forte
Le nuove regole – Per un’Europa più forte il diritto di veto va superato
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 04 maggio 2024
Lo scorso primo maggio abbiamo celebrato i vent’anni dal giorno in cui dieci nuovi paesi sono entrati nell’Unione Europea, attraverso il più grande processo di pacifica integrazione che la storia ricordi.
Mentre due nazioni (Malta e Cipro) già appartenevano all’area democratica, le altre otto (Slovenia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania e Ungheria) si erano trovate per decenni a vivere al di là della Cortina di ferro e quindi fuori dai sistemi democratici.
Molta stampa internazionale identifica nell’allargamento il maggior successo della recente storia europea. Di certo è l’unico caso di estensione della democrazia (poi seguito dall’adesione di Romania e Bulgaria) non con la forza delle armi, ma come conseguenza di una specifica richiesta da parte dei popoli appartenenti a quei paesi.
Il dialogo con la Commissione europea è stato lungo, accurato e reciprocamente rispettoso, ma anche complicato e inedito. Si dovevano infatti cambiare radicalmente i comportamenti collettivi dei nuovi paesi, estendendo le regole democratiche in tutti i campi, dalla giustizia all’indipendenza dei media, dalle leggi elettorali al funzionamento dei mercati. Il tutto fondato sull’adesione libera e volontaria dei popoli e delle istituzioni.
Il successo economico conseguito è straordinario e riconosciuto: il reddito pro-capite di questi paesi è aumentato come mai nella loro storia. Mentre vent’anni fa era meno della metà di quello degli allora membri dell’Unione, oggi raggiunge i tre quarti. I salari sono cresciuti in una misura che va dal 300% della Polonia fino al 500% dei paesi baltici.
Un rovesciamento di tale entità che, in molti di questi paesi, la fuga dei cervelli ha cambiato direzione e, come non è ancora avvenuto in Italia, si assiste ad una loro emigrazione di ritorno.
Tutto questo ha provocato anche conseguenze e reazioni non sempre positive in Francia, Germania, Italia e negli altri paesi a più elevato livello di reddito, proprio perché i bassi salari hanno spostato imprese e investimenti verso i nuovi membri dell’Unione e copiosi aiuti europei sono stati impiegati a sostegno del loro sviluppo.
Negli ultimi anni i rapporti concorrenziali sono progressivamente cambiati e gli aumenti salariali hanno iniziato a provocare severe selezioni nell’ambito delle imprese che si erano trasferite contando sul basso costo del lavoro. I nuovi membri dell’Unione hanno progressivamente aumentato costi e produttività ma, nel frattempo, sono progressivamente divenuti robusti importatori dei nostri prodotti.
Più complessa è stata l’evoluzione dal punto di vista politico perché l’adesione alle regole democratiche e ai diritti dei cittadini, elementi fondamentali dell’appartenenza all’Unione Europea, non sono stati ovunque rispettati.
Per lunghi anni i governi di Polonia e Ungheria, e ancora oggi il governo ungherese, hanno violato le regole della convivenza democratica e calpestato i diritti, approfittando della debolezza delle regole dell’Unione e, soprattutto, della possibilità di esercitare il diritto di veto o della ripetuta minaccia di servirsene per ritardare all’infinito le decisioni europee non ritenute convenienti.
Tutti questi problemi e queste difficoltà hanno naturalmente provocato reazioni negative di una parte non trascurabile delle opinioni pubbliche dei vecchi membri dell’Unione. Si è infatti obiettato che l’allargamento era stato eccessivo, affrettato e senza il mutamento delle regole di governo dell’Unione.
Quest’ultimo punto ha un grande elemento di verità perché i processi decisionali non possono essere gli stessi in un’Europa con pochi o con molti paesi membri. Si è tuttavia voluto dimenticare che vi era stato un generale accordo per cambiarli proprio in concomitanza con l’allargamento.
L’obiezione riguardante l’eccesso nel numero dei nuovi membri ammessi era inconsistente fin dall’inizio, ma è del tutto scomparsa con la guerra di Ucraina, obbligandoci a riflettere come sarebbe ora l’Europa se la Polonia, o i paesi baltici, si trovassero sospesi nel vuoto. Senza contare il fatto che l’allargamento dell’Unione è avvenuto nel breve spazio di tempo durante il quale non ha trovato alcuna opposizione da parte della Russia.
Anche quando si celebra un avvenimento che si considera grandemente positivo non si può tuttavia pensare solo al passato.
Il processo di adesione di nuovi paesi va quindi completato con la medesima serietà e la medesima diligenza usate in passato, ma deve essere accompagnato dalle riforme istituzionali indispensabili per governare un’Unione di oltre trenta paesi, cominciando dalla messa al bando di ogni diritto di veto.
Il prezzo del completamento dell’Unità Europea non può essere infatti la sua paralisi, come è troppe volte avvenuto. Si tratta di un processo da portare a termine in modo chiaro, rapido e definitivo.
Mi auguro perciò che il nuovo Parlamento Europeo, che eleggeremo fra poco più di un mese, apra finalmente il dibattito su quali debbano essere i confini dell’Europa e su come e quando il processo di costruzione europea debba essere completato.
Concludo queste mie riflessioni con un riferimento diretto al nostro paese, ricordando che il confine fra Italia e Slovenia era, fino a vent’anni fa, quasi invalicabile, mentre ora le due Gorizie sono impegnate nella comune celebrazione dell’anno della cultura europea.
Abbiamo ancora tanto lavoro da fare per cogliere in pieno i frutti del grande passo compiuto il primo maggio del 2004 ma, almeno in questo caso, dobbiamo essere orgogliosi di lasciare ai nostri figli il messaggio che anche le ferite più profonde e laceranti possono essere rimarginate.
Meloni dice che l’economia va bene? Contenta lei…
Meloni dice che l’economia sta andando bene? Contenta lei…
Intervista di Corrado Formigli con Romano Prodi a Piazzapulita su La7 del 02 maggio 2024
“È immorale candidarsi alle europee e poi non ricoprire il ruolo per cui si viene eletti” “Meloni dice che l’economia sta andando bene? Contenta lei…noi galleggiamo con l’economia europea”.
"Beyond All Bounds" (“Oltre Ogni Limite”)
Vi scrivo per informarvi che che il primo episodio della nuova serie "Beyond All Bounds" (“Oltre Ogni Limite”), prodotto e diretto da mio figlio Max è ora disponibile sul canale FXC TV su YouTube. Questo episodio approfondisce le esperienze e le sfide affrontate dalle squadre nazionali Fireball Extreme Challenge durante l’ultimo torneo internazionale.
Unisciti agli allenatori americani e ai giocatori chiave della squadra nazionale statunitense FXC mentre rivivono il dramma e la delusione della loro prestazione al Campionato internazionale FXC 2021, in particolare la straziante finale contro il Messico.
Non perdetevi questo sguardo dall'interno! L'episodio presenta didascalie e sottotitoli in inglese, spagnolo e italiano per la tua comodità. Buona visione!
https://youtu.be/jrVQhghiQwI