News and comments from the Capital of the United States (and other places in the World) in English and Italian. Video, pictures, Music (pop and classic). Premio internazionale "Amerigo".
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Anwar al-Awlaki fatto fuori in Yemen con un drone
Il musulmano Barack Obama, come amano definirlo quelli del Tea Party tra i vari epiteti, nel 2010 ha dato ordine alla CIA che Anwar al-Awlaki, il terrorista nato nel New Mexico e educato nelle migliori universita' americane (San Diego e George Washington) venisse ucciso. E oggi in occasione di una formale cerimonia di saluto per l'ammiraglio Mike Mullen che ha lasciato il servizio dopo quaranta anni, ha inserito una breve dichiarazione che conferma l'impegno della sua amministrazione nel perseguire con ogni mezzo i terroristi di Al Qaeda. Scarse sono le informazioni su come sia stato eliminato Anwar al-Awlaki. Si da' per certo che abbiano utilizzato un drone guidato a migliaia di chilometri di distanza. L'informazione ufficiale e' stata dal ministro degli esteri dello Yemen dove Anwar al-Awlaki risiedeva. Uomo di punta dell'organizzazione terroristica a lui veniva attribuita la responsabilita' dei contatti con i suicidi del 9/11, lo stretto rapporto con lo sparatore di Fort Hood, il maggiore psicologo Nidal Malik Hasan e quel Umar Farouk Abdulmutallab il terrorista che avrebbe dovuto far esplodere un aereo nella notte di Natale del 2009 con la bomba nascosta nelle mutande.Con Anwar al-Awlaki sale a 21 il numero dei dirigenti di Al Qaeda eliminati, tra i quali Osama Bin Laden. Questo terrorista era particolarmente pericoloso perche' aveva un talento nel reclutamento di nuovi terroristi e nel fundraising. La sua morte stabilisce un precedente che mette a tacere tutte le anime belle che fanno appello ai diritti costituzionali: il governo americano puo' perseguire in qualsiasi parte del mondo un cittadino americano che sia responsabile di attentati contro la sicurezza nazionale.
Un Paese da operetta
(Da Alessandro Petti, Roma, riceviamo e volentieri pubblichiamo)
IL RITORNO DELL’OPERETTA
Un genere musicale dell’800 rivive nell’Italia di oggi
L’Operetta è un genere di teatro musicale di tono leggero che si diffuse, in Francia e in Austria, nella seconda metà dell’ 800 e si caratterizzava o per soggetti satirici che alludevano alla vita sociale e politica di quel tempo o per fantasiosi intrecci, sempre di natura politico-sentimentale. Chi non ricorda ad es “La vedova allegra” di Lehàr e le sue bellissime musiche?.
Si diffuse successivamente anche in Italia all’inizio del 900, con Mascagni e Leoncavallo. Ma - ecco la novità - si è prepotentemente ripresentata e sta di nuovo rivivendo sulla scena politico (sentimentale) del nostro Paese.ai nostri giorni.
Non però – e questa è la brutta notizia – con lo stesso genio deilcompositore di “Cavalleria rusticana” (Mascagni) e di quello dei “Pagliacci” (Leoncavallo). Ma con le “stecche” e le stonature di una modesta compagnia di teatranti musicali guidata da un modesto direttore di orchestra – o piuttosto di “banda”- il cav. Berlusconi Silvio, e formata da altrettanto modesti esecutori: non uno di essi si è infatti contraddistinto in questa nobile arte per un’ interpretazione minimamente degna del suo ruolo.
A partire dal primo violinista-economista Tremonti, che non si è accorto in tempo di una nave che stava affondando (vi ricordate cosa aveva detto non più di un mese fa a giornali e tv? “I conti dell’Italia sono a posto!”), fino alla viola Sacconi, che sarà per sempre ricordato per aver devastato per carenza di visione le relazioni industriali, al contrab-basso Brunetta, che non ha mai riformato la pubblica amministrazione, via via fino al trombone Calderoni, un ministro che pensa di governare, anziché un Paese, una valle: la Val Padania!
Ha detto, con ben più autorevolezza, queste stesse cose Giovanni Di Lorenzo, direttore di origine italiana di uno di più prestigiosi quotidiani tedeschi, Die Zeit.
In un’intervista rilasciata a “La Repubblica” a fine agosto, così si è espresso sulla situazione italiana: “Il governo tedesco ritiene forte l’industria italiana e ne ha fiducia. Quello che sembra mancare è un’azione decisiva del governo italiano e soprattutto del capo del governo”.
Per quali motivi? gli chiede l’intervistatore: “Per l’apparente assenza di competenza concreta. Notano in Germania come ai Consigli europei Berlusconi intervenga poco e se interviene non è mai nei dettagli o nei fatti specifici”… “L’impressione che qui si ha, e preoccupa tanto, è che sia una fine di regime dove i politici più importanti sono occupati solo in risvolti di politica interna, qui definiti Operetten-inszenierung, copione da operetta, e non coi fatti gravi che riguardano tutto il mondo e partono dall’Italia”. Per poi concludere: “ Sono reduce da una vacanza in Italia e mentre in Germania non si parla d’altro che della crisi internazionale, in Italia nei Tg, specie al Tg1, sembra quasi che la crisi italiana sia a pari merito di servizi su un cimitero per gatti o su cosa devono gli italiani col caldo”.
Eccoci allora giunti ancora una volta al dunque, al punto nodale, alla domanda delle domande
Ma perché la rabbia che una parte consistente di noi cittadini italiani – espressasi con forza nel voto di protesta degli ultimi referendum – non riesce poi a canalizzarsi a favore di uno schieramento alternativo?
Ce lo impedisce, purtroppo, il nostro carattere nazionale, il nostro costume nazionale. Gli italiani si sentono infatti uniti solo dalle loro differenze locali (“il Paese delle cento città e delle cento identità” lo definisce il sociologo Giuseppe De Rita!).
Un popolo di creativi, furbi, individualisti e adattabili, guidati soprattutto dall’arte di arrangiarsi e dall’attaccamento alla famiglia, e al proprio piccolo contesto locale. Ma lontani dallo Stato, dalle istituzioni, dalla politica, dal governo.
Grazie a questa mentalità l’evasione delle tasse è considerata quasi una forma di legittima difesa dallo Stato iniquo e inefficiente e il “Partito-Personale-dell’Imprenditore-che si è fatto-da sé” come la protezione ideale di questi piccoli, gretti e clientelari interessi.
Questo è il limite nazionale che ci impedisce di affrontare la sfida e il momento critico in atto: “E’ l’abbondanza di senso cinico e la povertà di senso civico”, scrive Ilvo Diamanti sempre su La Repubblica. E chissà se basterà il prestigio e la fiducia nell’operato del Presidente Giorgio Napoletano a compensarlo.
Incompetenza tecnico-economica e incapacità politico-culturale, unite a comportamenti e a “storie da operetta”, mettono a nudo e ci mostrano chi oggi ci governa e, in particolare, il capo di questo governo come una “corte dei miracoli”, del tutto incompatibile col ruolo di classe dirigente di un grande Paese europeo.
Alessandro Petti
IL RITORNO DELL’OPERETTA
Un genere musicale dell’800 rivive nell’Italia di oggi
L’Operetta è un genere di teatro musicale di tono leggero che si diffuse, in Francia e in Austria, nella seconda metà dell’ 800 e si caratterizzava o per soggetti satirici che alludevano alla vita sociale e politica di quel tempo o per fantasiosi intrecci, sempre di natura politico-sentimentale. Chi non ricorda ad es “La vedova allegra” di Lehàr e le sue bellissime musiche?.
Si diffuse successivamente anche in Italia all’inizio del 900, con Mascagni e Leoncavallo. Ma - ecco la novità - si è prepotentemente ripresentata e sta di nuovo rivivendo sulla scena politico (sentimentale) del nostro Paese.ai nostri giorni.
Non però – e questa è la brutta notizia – con lo stesso genio deilcompositore di “Cavalleria rusticana” (Mascagni) e di quello dei “Pagliacci” (Leoncavallo). Ma con le “stecche” e le stonature di una modesta compagnia di teatranti musicali guidata da un modesto direttore di orchestra – o piuttosto di “banda”- il cav. Berlusconi Silvio, e formata da altrettanto modesti esecutori: non uno di essi si è infatti contraddistinto in questa nobile arte per un’ interpretazione minimamente degna del suo ruolo.
A partire dal primo violinista-economista Tremonti, che non si è accorto in tempo di una nave che stava affondando (vi ricordate cosa aveva detto non più di un mese fa a giornali e tv? “I conti dell’Italia sono a posto!”), fino alla viola Sacconi, che sarà per sempre ricordato per aver devastato per carenza di visione le relazioni industriali, al contrab-basso Brunetta, che non ha mai riformato la pubblica amministrazione, via via fino al trombone Calderoni, un ministro che pensa di governare, anziché un Paese, una valle: la Val Padania!
Ha detto, con ben più autorevolezza, queste stesse cose Giovanni Di Lorenzo, direttore di origine italiana di uno di più prestigiosi quotidiani tedeschi, Die Zeit.
In un’intervista rilasciata a “La Repubblica” a fine agosto, così si è espresso sulla situazione italiana: “Il governo tedesco ritiene forte l’industria italiana e ne ha fiducia. Quello che sembra mancare è un’azione decisiva del governo italiano e soprattutto del capo del governo”.
Per quali motivi? gli chiede l’intervistatore: “Per l’apparente assenza di competenza concreta. Notano in Germania come ai Consigli europei Berlusconi intervenga poco e se interviene non è mai nei dettagli o nei fatti specifici”… “L’impressione che qui si ha, e preoccupa tanto, è che sia una fine di regime dove i politici più importanti sono occupati solo in risvolti di politica interna, qui definiti Operetten-inszenierung, copione da operetta, e non coi fatti gravi che riguardano tutto il mondo e partono dall’Italia”. Per poi concludere: “ Sono reduce da una vacanza in Italia e mentre in Germania non si parla d’altro che della crisi internazionale, in Italia nei Tg, specie al Tg1, sembra quasi che la crisi italiana sia a pari merito di servizi su un cimitero per gatti o su cosa devono gli italiani col caldo”.
Eccoci allora giunti ancora una volta al dunque, al punto nodale, alla domanda delle domande
Ma perché la rabbia che una parte consistente di noi cittadini italiani – espressasi con forza nel voto di protesta degli ultimi referendum – non riesce poi a canalizzarsi a favore di uno schieramento alternativo?
Ce lo impedisce, purtroppo, il nostro carattere nazionale, il nostro costume nazionale. Gli italiani si sentono infatti uniti solo dalle loro differenze locali (“il Paese delle cento città e delle cento identità” lo definisce il sociologo Giuseppe De Rita!).
Un popolo di creativi, furbi, individualisti e adattabili, guidati soprattutto dall’arte di arrangiarsi e dall’attaccamento alla famiglia, e al proprio piccolo contesto locale. Ma lontani dallo Stato, dalle istituzioni, dalla politica, dal governo.
Grazie a questa mentalità l’evasione delle tasse è considerata quasi una forma di legittima difesa dallo Stato iniquo e inefficiente e il “Partito-Personale-dell’Imprenditore-che si è fatto-da sé” come la protezione ideale di questi piccoli, gretti e clientelari interessi.
Questo è il limite nazionale che ci impedisce di affrontare la sfida e il momento critico in atto: “E’ l’abbondanza di senso cinico e la povertà di senso civico”, scrive Ilvo Diamanti sempre su La Repubblica. E chissà se basterà il prestigio e la fiducia nell’operato del Presidente Giorgio Napoletano a compensarlo.
Incompetenza tecnico-economica e incapacità politico-culturale, unite a comportamenti e a “storie da operetta”, mettono a nudo e ci mostrano chi oggi ci governa e, in particolare, il capo di questo governo come una “corte dei miracoli”, del tutto incompatibile col ruolo di classe dirigente di un grande Paese europeo.
Alessandro Petti
Salvietta sotto il sedere a San Francisco
Anche se il clima di San Francisco non e' dei piu' invidiabili, vento, acque gelide, nebbie, la comunita' gay si esibisce spesso in ostentazioni di nudismo in mezzo alla disattenzione degli altri concittadini abituati a rispettare le opinioni e le inclinazioni sessuali delle monoranze.
Succede pero' che i nudisti omosessuali entrino nei locali con i loro striminziti vestimenti a culo nudo. E molti non mettono una salvietta tra il deretano e il sedile.Da qui la presentazione di una legge che impone ai nudisti di mettere la salvietta quando si siedono in luogo pubblico. La legge e' stata proposta da un certo Wiener ed e' copiata da quelle gia' esistenti in altre citta' come Berkley e San Jose' che addirittura hanno proibito la nudita'in pubblico. Secondo questa proposta di legge la nudita' in pubblico e' illegale quando e' accompagnata "da pensieri e atti luridi e osceni e quando sono presenti altre persone che si sentono offese o annoiate."
Il quartiere Castro di San Francisco e' quello nel quale vi e' la maggiore concentrazione di omosessuali, feticisti ed altre categorie similari. A parte quelli che camminano o sostano di fronte ai locali indossando le classiche divise in cuoio che lasciano il posteriore scoperto, e' invalsa ormai la moda di girare come dio li ha fatti ma con il berretto stile nazi in testa. Inutile dire che Castro ed altri distretti molto noti sono il punto di ritrovo di migliaia di afficionados e di turisti con vantaggio per l'economia locale.
Sa Francisco non smentisce la sua fama di citta' molto liberal che giustifica in pieno il nome di "Gaysia", dato che la colonia asiatica e' molto consistente.
Mancato scoop della Associated Press
Per diverse settimane la Associated Press ha fatto dei ‘lanci’ sulla Polizia di New York che da tempo ha messo sotto sorveglianza le comunità musulmane. Ma anziché applaudire a queste inchieste i più importanti tabloid della Mela, il Daily News e il New York Post, hanno pubblicato editoriali di fuoco contro la grande agenzia di stampa.
“Quello che i dirigenti della AP hanno dimenticato, si legge sul Daily News, è che dopo l'11 settembre 2001 il mondo è cambiato. Alla gente interessa la sicurezza. I Newyorkesi hanno capito che gli agenti del controterrorismo devono essere aggressivi per scoprire per tempo trame e complotti. La sicurezza viene per prima.”
I reporters della AP che per mesi hanno indagato sul comportamento della polizia si sono trincerati dietro dichiarazioni secondo cui hanno agito nel rispetto delle libertà di tutti e nell’ottica di tenere informata la popolazione della più grande città degli Stati Uniti su quanto stava succedendo.
In questa storia c’entra di mezzo anche la CIA che non può spiare i cittadini americani, ma che sembra stia dando un sostanziale aiuto alla polizia di New York nella lotta contro il terrorismo.
Nota importante per i Lettori
Desideriamo far presente che non saranno pubblicati commenti anonimi. Chi vuole inviare note su articoli che appaiono su questo blog deve indicare il proprio nome e la localita' dalla quale scrive.
Se il Lettore chiede che siano poste in calce al proprio commento solo le sigle del nome lo faremo volentieri.
Ma, visto che noi ci esponiamo con nome, cognome e faccia, non vediamo perche' dovremmo ospitare scritti di chi si nasconde dietro l'anonimato.
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Ma, visto che noi ci esponiamo con nome, cognome e faccia, non vediamo perche' dovremmo ospitare scritti di chi si nasconde dietro l'anonimato.
Gli americani credono poco nei media.
Secondo una indagine condotta da Gallup il 55% pensa che quanto pubblicato dalla stampa o trasmesso da televisioni e radio sia scarsamente attendibile e inquinato da pregiudizi partigiani. Dall’indagine Gallup emerge che la maggioranza degli americani è convinta che i media siano orientati su posizioni liberals, che da queste parti corrisponde alla sinistra. Ma l’analisi delle interviste mette in evidenza che i simpatizzanti di destra accusano la stampa di essere di sinistra e viceversa. Confermando quindi la grande radicalizzazione dell’opinione pubblica americana divisa in due mega schieramenti in conflitto permanente e scarsa propensione al confronto, dialogo e compromesso. Secondo il Pew Research Center 9 americani su 12 manifestano il loro assoluto parere negativo verso i media, giudicati scarsamente obiettivi. Con buona pace di quanto si insegna nelle universita' di giornalismo l’orientamento generale è quello di dare la preferenza alla stampa e ai blog, soprattutto, apertamente schierati. E questo giustifica il calo nelle vendite dei grandi quotidiani e l'affannosa corsa a recuperare con le edizioni su Internet.
Visti da lontano
Il Presidente Obama non cita l'Italia tra i paesi che partecipano alla missione Nato in Libia? Una dimenticanza? Ma fatemi il piacere! Stiamo raccogliendo quello che abbiamo seminato. Non si puo' affermare, come ha fatto il Cavaliere, che Gheddafi deve essere capito. Non si possono mandare quattro aerei che pero' non devono partecipare alle operazioni di bombardamento perche' noi italiani siamo in Libia per ragioni umanitarie e con il fiore nella canna del fucile. Quando nella cultura anglosassone si accenna all'Italia (al di la' della simpatia della 'dolce vita' in cui saremmo immersi) emerge sempre il giudizio impietoso che siamo 'chicken', ovvero vigliacchi e che non riusciamo a finire una guerra dalla parte in cui l'abbiamo cominciata. Accuse sommarie, cattive, fatte spesso da interlocutori che non hanno certo la coscienza pulita. Pero' si tratta di una immagine che con volutta' alimentiamo con i nostri comportamenti e gli sculettamenti per piacere a tutti e non dispiacere ad alcuno. E c'e' poi costante la preoccupazione che l'Italia con il suo governo stia affondando Eurolandia all'insegna del "Muoia Sansone, ovvero B. con tutti i filistei italiani ed europei."
Forza Italia, Nazione stupenda abitata da un popolo di eccezionali talenti. Riappropriati dell'incitamento che ti e' stato scippato anni orsono e dimostra che la realta' del Paese e' ben diversa dall'immagine corrotta e deprimente di una parte della classe politica incapace e immorale che ti governa.
Duecento e piu' anni, la storia della Famiglia Bemporad
Marcello Bemporad ha presentato al Caffe' Milano, il locale piu' prestigioso di Washington creato da Franco Nuschese, il suo libro "Duecento e piu' anni", una storia avvincente di una famiglia di ebrei-cattolici. Il panel era composto da Guido Olimpio (Corriere della Sera), Mariuccia Chiantaretto (Il Giornale), Max Ullmann che ha letto un commento della moglie Elisabetta impegnata come interprete con il presidente Obama.
Defending Our Freedom
Migliaia di persone disabili hanno sfilato sulle loro sedie motorizzate per le vie di Washington dirette al Congresso. Nei manifestini distribuiti agli automobilisti in coda si legge che "La liberta' degli Americani colpiti da disability e' sotto attacco. Quasi tutti gli stati della Federazione stanno effettuando tagli che impediscono ai disabili ed agli anziani di continuare a vivere nelle proprie case. Nonostante che la Corte Suprema abbia sentenziato che i disabili e gli anziani hanno il diritto civile di vivere integrati nelle comunita'." Ogni giorno migliaia di anziani e disabili sono costretti ad entrare nelle nursing facilities che spesso sono dei luoghi nei quali un individuo subisce un degrado morale e materiale, abbandonati dai parenti e amici in attesa di una morte che presto arriva. Chi ha soldi, invece, per pagarsi costosi soggiorni in case per anziani che sono alberghi a quattro stelle non ha questi problemi.
Ribellarsi al declino, un cantiere di proposte per l'Italia
Allocuzione di Gustavo Raffi, Gran Maestro del GOI
"I Padri della Patria ci hanno insegnato ad amare la nostra terra e ad abitarne la speranza. Ne abbiamo raccolto la lezione di libertà e laicità. Di fronte al declino etico del Paese noi non stiamo fermi. Non vogliamo stare fermi. Non staremo fermi".
Il Gran Maestro Gustavo Raffi, conclude così il suo intervento a Villa Il Vascello, a Roma, per le celebrazioni del XX Settembre, invitando tutta l'Obbedienza a fare la propria parte per "rilanciare la speranza del cambiamento".
Pensiero, progetto e impegno solidale, spiega il Gran Maestro, perché "l'Italia trovi un nuovo passaggio a Occidente e si ribelli al declino".
"Bisogna inaugurare una stagione di pensiero autenticamente democratico e liberale, laico e solidale. Per questo - dice riferendosi alle celebrazioni del Grande Oriente per i 150 anni dell'Unità d'Italia - nel nostro viaggio identitario in tutta Italia, non vogliamo celebrazioni museali o retoriche. Gli uomini del dubbio, operai della speranza, vogliono allestire invece un cantiere di riflessione e di proposte per la Nazione, ponendo le basi per un possibile cambiamento. Quello che tutti auspicano ma che tarda a venire".
"I Padri della Patria ci hanno insegnato ad amare la nostra terra e ad abitarne la speranza. Ne abbiamo raccolto la lezione di libertà e laicità. Di fronte al declino etico del Paese noi non stiamo fermi. Non vogliamo stare fermi. Non staremo fermi".
Il Gran Maestro Gustavo Raffi, conclude così il suo intervento a Villa Il Vascello, a Roma, per le celebrazioni del XX Settembre, invitando tutta l'Obbedienza a fare la propria parte per "rilanciare la speranza del cambiamento".
Pensiero, progetto e impegno solidale, spiega il Gran Maestro, perché "l'Italia trovi un nuovo passaggio a Occidente e si ribelli al declino".
"Bisogna inaugurare una stagione di pensiero autenticamente democratico e liberale, laico e solidale. Per questo - dice riferendosi alle celebrazioni del Grande Oriente per i 150 anni dell'Unità d'Italia - nel nostro viaggio identitario in tutta Italia, non vogliamo celebrazioni museali o retoriche. Gli uomini del dubbio, operai della speranza, vogliono allestire invece un cantiere di riflessione e di proposte per la Nazione, ponendo le basi per un possibile cambiamento. Quello che tutti auspicano ma che tarda a venire".
Tot capita, tot sententiae
Doverosamente stimato sig. Bartoli, la lettura della lettera titolata “Viva l’Italia Paese di m …” di ”Un cittadino merdoso” presente nella sua rubrica, mi ha suggerito un pensierino. Il comportamento pubblico e privato del B. nazionale non brilla certo per stile e lessico, ma … qual’è l’alternativa? Abbiamo a disposizione una folta schiera di politici pluritrombati fra cui scegliere il successore. Ostinatamente si propongono sul mercato, come prostitute in offerta oscena sul marciapiede, politici buoni a nulla ma capaci di tutto che non sono soltanto onesti e rispettabili avversari con idee diverse da mettere serenamente a confronto, in tal caso godrebbero la mia stima e considerazione ma, invidiosi della sua ricchezza, trasudano odio diretto alla persona. E questo mi schifa. Il Bersani bofonchia a raffica il ritornello: - Se ne deve andare! - Bene. D’accordo! Ma bisogna proporre qualche onesto che lo sostituisca, o no? A mio modestissimo parere, ovvero quello di un pensionato cittadino contribuente, sono disgustato dall’agitarsi disordinato e rissoso di questa mandria che si ostina a rimanere sulla scena perché impaurita anzi, inorridita al pensiero di dover rinunciare ai privilegi di casta e tornare a guadagnarsi la pagnotta quotidiana con l’onesto sudore della fronte. OK sig. Bartoli, concordo con lei che il B. ha, alle volte, un comportamento incivile, uno stile becero ma è vero che ha ricevuto in dote, alla sua discesa in campo, un’Italia sanguinante e affannata, sommersa dai debiti. Però gli piacciono le belle donne (che, nella sua vita privata abbondano. Beato lui!) e, soprattutto, non è un politico mestierante ma un imprenditore di successo che NON RUBA. Anche questo è da valutare, di questi tempi. Le sembra poco? Grazie dell’attenzione. Guido Basaldella – Mestre VE - bslgdu@libero.it
Aumenta la poverta' negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti siamo quasi 308 milioni. Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Dipartimento del Censimento americano il numero di persone che vivono al disotto della soglia di poverta' ha raggiunto il 15.1 per cento pari a 46 milioni di americani. Questo significa che un cittadino se sei vive in profonde ristrettezze, ma il dato si modifica a seconda delle componenti razziali: gli ispanici hanno, per esempio, un tasso di poverta' di 1 su 4. 14 milioni di americani sono senza lavoro. Nelle periferie delle citta', sono sempre piu' numerosi quelli che vivono in macchina o su vecchi camper che sono costretti a spostare in continuazione per non essere multati. Va aumentando il fenomeno delle 'extended families', componenti di piu' gruppi familiari che si riuniscono in uno stesso appartamento per risparmiare sulle spese di affitto. Ovvero rinasce la coabitazione che ha afflitto per decenni l'Unione Sovietica.
Molti rinunciano alle apparecchiature elettriche perche' non sono in grado di pagare le bollette della luce. Particolarmente colpiti sono i bambini. Il 22 per cento vive in poverta'. In un paese in cui l'obesita' ha raggiunto forme epidemiche grazie al bombardamento del marketing che spinge il cibo spazzatura, in America ci sono 13 milioni di bambini che sono sottonutriti.
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chiedete un prestito ai greci
Angelo Saracini
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La vera povertà dell’Occidente di paolo majolino
Il male che più affligge oggi l’Occidente non è portato da malattie un tempo pericolose e pandemiche, bensì l’essere non voluti; quello che, in serenità e giustezza, amo dire la mancanza di attenzione e quando presente è il male maggiore che possa capitare. Il non essere oggetto di attenzione e meglio ancora di amore, accorgersi che non c’è nessuno che si cura di noi è terribilmente la porta per una solitudine che può portare alla depressione.Possiamo curare oramai quasi tutte le malattie del corpo con la medicina attuale, invero l’unica cura per la solitudine, per la mancanza di speranza, è l’amore ed è ovvio che non parlo soltanto di quello che può essere anche una relazione sentimentale. Ci sono tante, troppe, persone che muoiono per mancanza di cibo e purtroppo ce ne sono molto più che muoiono dal desiderio di ottenere un po’ di attenzione amorevole.E’ questa la vera povertà dell’Occidente, un tipo diverso di povertà provocata dalla fame di amore.
Obama alla Merkel: l'euro deve sopravvivere
(The Financial Review) Vi erano due obiettivi non dichiarati: il primo si riferiva alla necessità per il dollaro super indebitato di contenere la concorrenza dell'euro. La Cina ed altri stati arabi petroliferi avevano incrementato, in questi ultimi tre anni, la componente in euro delle proprie riserve valutarie. Il secondo obiettivo era quello di rafforzare l'alleanza tra le banche di Wall Street e il Congresso Usa, unico modo per portare avanti una globalizzazione che salva gli Stati Uniti ma penalizza l'Europa. Dopo il crack Lehman Brothers del settembre 2008 nulla è cambiato nel settore dei contratti in strumenti derivati nonostante le ripetute lamentele di Sarkozy, della Merkel e dei leaders asiatici. Lo stesso strumento dei credit default swaps (cds) è stato il grimaldello per far esploderre la crisi dei debiti sovrani. Nonostante la difficoltà di formulare previsioni all'apice delle turbolenze finanziarie, vi è la sensazione che entrambi gli obiettivi siano stati raggiunti. Ed infatti, al G-7 di venerdì scorso, il Segretario di Stato Usa al Tesoro, Tim Geithner, ha annunciato lo stop con due frasi perentorie. La prima, di principio, afferma che "è interesse degli Stati Uniti che l'euro sopravviva". Il dollaro è tornato sovrano e l’euro, divenuto più debole è certamente più utile La seconda prescrive alla Germania di smetterla: "I Paesi più forti dell'area, come la Germania, devono fare quello che devono fare. E' nelle loro possibilità risolvere i costi della crisi". Ed ha precisato con chiarezza che "non si possono fare riforme senza soldi e non si possono fare soldi senza riforme" rilevando che l'attuale crisi è peggiore della Grande Depressione. Con buona pace dei falchi tedeschi che hanno ingenuamente alimentato la crisi dei debiti sovrani. E' sintomatico che le dichiarazioni di Geithner abbiano coinciso con le dimissioni di Jurgen Stark da membro esecutivo della Bce. Dietro le quinte Washington ha ricordato alla Germania l'enorme aiuto, in termini finanziari ed economici, ricevuto dagli Usa e dall'Europa nel favorire la riunificazione tedesca dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989. Il governo di Angela Merkel ha dovuto obbedire. Naturalmente questo intervento a gamba tesa di Washington non significa che la crisi sia risolta. Geithner parteciperà personalmente, per la prima volta, alla riunione dei ministri finanziari europei venerdì prossimo proprio per “coordinare” la grande manovra di salvataggio. E' evidente che i paesi considerati vulnerabili, come l'Italia e la Spagna, "devono proseguire il consolidamento di bilancio". Ma già la Francia, con il ministro delle Finanze Francois Baroin, ha detto di "preferire che si valuti caso per caso il consolidamento dei bilanci". Vi è un ulteriore elemento di valutazione positiva costituito dalla "golden rule" (cioè il pareggio di bilancio inserito nella Carta costituzionale) fatta propria da tutti i paesi "vulnerabili" (Piigs). Nel gioco delle garanzie collaterali l'Italia ha delle carte da giocare. Le proprie riserve auree sono le quarte nel mondo e nel caveau della Federal Reserve di New York la Banca d'Italia ha lingotti d'oro per cento miliardi di euro. Sul piano industriale, l'Italia è il secondo maggior paese manifatturiero dopo la Germania. La popolazione di oltre 60 milioni di abitanti e il ruolo nuovamente strategico nel Mediterraneo garantiscono una ripresa della produzione e dei consumi laddove Governo e Parlamento proseguano nell'azione di riduzione della spesa pubblica (in termini di sprechi diffusi) e nell'erogare i pagamenti (cash flow) per la realizzazione delle opere pubbliche prioritarie decise dal Cipe. Solo così l'Italia può trovare credito sul mercato dei Titoli di Stato per almeno 123 miliardi di euro entro la fine dell'anno e per altri 440 miliardi circa nel 2012. Purtroppo questo è il costo, ben descritto oggi d Galli della Loggia sul "Corriere della Sera", del debito ereditato dal "blocco sociale conservatore il cui obiettivo è la sopravvivenza e l'immobilità". (Guido Colomba)
Il New York Times, noto giornale comunista, ci dedica un editoriale
Earl Wilson/The New York Times
Frank Bruni
September has been Italy’s most uncertain month, with questions about whether the Parliament will pass an austerity package, if that package will be stringent enough and how Europe’s fiscal stewards will react.
There’s also this: what sort of celebration will the country’s epically libidinous emperor — sorry, prime minister — orchestrate for his 75th birthday? Silvio Berlusconi’s big milestone is about two weeks away, and you have to assume he’ll pull out all the stops, but you also have to wonder what stops are left to be pulled. The man hasn’t been shy about sating himself.
As we now know, thanks to his current trial on charges of paying for sex with a minor, he regularly assembles veritable harems of young women for bacchanals with a dress code that could be described as whimsical. He calls them “bunga bunga” parties, which has no particular translation and no need of one. The hormonal gist comes through.
The bunga allegations grabbing headlines last week were that Berlusconi, in moments of pulchritudinous piety, was treated to lap dances from women attired as nuns. This followed claims that he received ministrations from women outfitted as nurses. And it’s said that Italy is a chauvinistic society! For Berlusconi, no profession is beyond a woman’s pantomime.
We Americans have found great entertainment in all of this — lengthy Berlusconi exposés appeared recently in The New Yorker and Vanity Fair — because it’s lurid, yes, but also because it’s reassuring. Our own political madness pales beside his triple-X opera buffa.
But we shouldn’t just gape and laugh. His country’s path from glorious to ridiculous, paved in part by his carnal and legal distractions, threatens the financial stability of Europe, and benefits no one. Beyond that, Italy presents a cautionary tale for many immodestly privileged Western democracies that have been lulled by comfort into complacency; have let too much silliness create too much damage; and haven’t held leaders to adequate account.
Our is one of them. America is in some ways a petit guignol version of Italy. We also coast on the accomplishments of yesteryear. Also neglect our infrastructure. Also watch young people struggle. Also waste precious time while lawmakers behave in petty, self-serving fashions. Also let money corrupt politics.
Money is Berlusconi’s lance, his armor, his steed, his everything. A billionaire many times over, he uses it to engender loyalty, and his business empire reaches deep into the image-burnishing and opinion-manipulating realms of television, journalism and publishing. At the end of a long interview years ago, he asked me if a recent book of mine had been distributed in Italy. It hadn’t.
“Would you like it to be?” he said.
But Italians have had his number for a while, and have seen their country’s economy stagnate and debt rise over the last decade. And Berlusconi, in power for much of the last 17 years, has made minimal progress on necessary tax, regulatory and entitlement reforms.
So how does he last? I asked many smart, concerned Italians that question, and was told that Italians have been too slow to take a hard enough look at his shenanigans, and allowed him to entrench himself.
The opposition, meantime, hasn’t mustered the maturity to move past its fractiousness and make him go away.
“The fact remains that there’s no alternative,” Giuliano Pisapia, Milan’s new mayor, told me. Milan is a Berlusconi stronghold, and yet Pisapia unseated a Berlusconi loyalist, proving the prime minister’s vulnerability. But nationally, Pisapia doesn’t see someone poised to supplant Berlusconi.
In a country with such treasure and beauty, maybe hardship is dulled and the situation hasn’t become quite bad enough.
I asked Mario Calabresi, a celebrated Italian journalist, why young Italians, whose unemployment rate is estimated to be about 27 percent, weren’t protesting on the scale of the “indignados,” or indignant, who crowd public squares in Spain. He said it was partly because their parents remain affluent enough to supply them with money for clothes, clubs and beach vacations, at least for now.
“You’re indignado, but not so indignado that you’d rather go to the square than to the restaurant,” he said as we sipped espresso on a cobbled piazza in Turin.
Still he hasn’t given up his belief that Italians will pull it together. Neither has the mayor of Florence, Matteo Renzi, an emerging center-left star.
“If Italians decide they really want to change 20 years of immobility, silence and political scandals, we have a future,” he said Monday in his Palazzo Vecchio office, whose walls and ceiling are covered in magnificent frescoes.
“It’s not easy to work here,” he added, “because you’re surrounded by the past. But I want to believe the most beautiful page in Florence’s history hasn’t been written.” I hope that’s true for all of Italy. For us, too.
Frank Bruni
September has been Italy’s most uncertain month, with questions about whether the Parliament will pass an austerity package, if that package will be stringent enough and how Europe’s fiscal stewards will react.
There’s also this: what sort of celebration will the country’s epically libidinous emperor — sorry, prime minister — orchestrate for his 75th birthday? Silvio Berlusconi’s big milestone is about two weeks away, and you have to assume he’ll pull out all the stops, but you also have to wonder what stops are left to be pulled. The man hasn’t been shy about sating himself.
As we now know, thanks to his current trial on charges of paying for sex with a minor, he regularly assembles veritable harems of young women for bacchanals with a dress code that could be described as whimsical. He calls them “bunga bunga” parties, which has no particular translation and no need of one. The hormonal gist comes through.
The bunga allegations grabbing headlines last week were that Berlusconi, in moments of pulchritudinous piety, was treated to lap dances from women attired as nuns. This followed claims that he received ministrations from women outfitted as nurses. And it’s said that Italy is a chauvinistic society! For Berlusconi, no profession is beyond a woman’s pantomime.
We Americans have found great entertainment in all of this — lengthy Berlusconi exposés appeared recently in The New Yorker and Vanity Fair — because it’s lurid, yes, but also because it’s reassuring. Our own political madness pales beside his triple-X opera buffa.
But we shouldn’t just gape and laugh. His country’s path from glorious to ridiculous, paved in part by his carnal and legal distractions, threatens the financial stability of Europe, and benefits no one. Beyond that, Italy presents a cautionary tale for many immodestly privileged Western democracies that have been lulled by comfort into complacency; have let too much silliness create too much damage; and haven’t held leaders to adequate account.
Our is one of them. America is in some ways a petit guignol version of Italy. We also coast on the accomplishments of yesteryear. Also neglect our infrastructure. Also watch young people struggle. Also waste precious time while lawmakers behave in petty, self-serving fashions. Also let money corrupt politics.
Money is Berlusconi’s lance, his armor, his steed, his everything. A billionaire many times over, he uses it to engender loyalty, and his business empire reaches deep into the image-burnishing and opinion-manipulating realms of television, journalism and publishing. At the end of a long interview years ago, he asked me if a recent book of mine had been distributed in Italy. It hadn’t.
“Would you like it to be?” he said.
But Italians have had his number for a while, and have seen their country’s economy stagnate and debt rise over the last decade. And Berlusconi, in power for much of the last 17 years, has made minimal progress on necessary tax, regulatory and entitlement reforms.
So how does he last? I asked many smart, concerned Italians that question, and was told that Italians have been too slow to take a hard enough look at his shenanigans, and allowed him to entrench himself.
The opposition, meantime, hasn’t mustered the maturity to move past its fractiousness and make him go away.
“The fact remains that there’s no alternative,” Giuliano Pisapia, Milan’s new mayor, told me. Milan is a Berlusconi stronghold, and yet Pisapia unseated a Berlusconi loyalist, proving the prime minister’s vulnerability. But nationally, Pisapia doesn’t see someone poised to supplant Berlusconi.
In a country with such treasure and beauty, maybe hardship is dulled and the situation hasn’t become quite bad enough.
I asked Mario Calabresi, a celebrated Italian journalist, why young Italians, whose unemployment rate is estimated to be about 27 percent, weren’t protesting on the scale of the “indignados,” or indignant, who crowd public squares in Spain. He said it was partly because their parents remain affluent enough to supply them with money for clothes, clubs and beach vacations, at least for now.
“You’re indignado, but not so indignado that you’d rather go to the square than to the restaurant,” he said as we sipped espresso on a cobbled piazza in Turin.
Still he hasn’t given up his belief that Italians will pull it together. Neither has the mayor of Florence, Matteo Renzi, an emerging center-left star.
“If Italians decide they really want to change 20 years of immobility, silence and political scandals, we have a future,” he said Monday in his Palazzo Vecchio office, whose walls and ceiling are covered in magnificent frescoes.
“It’s not easy to work here,” he added, “because you’re surrounded by the past. But I want to believe the most beautiful page in Florence’s history hasn’t been written.” I hope that’s true for all of Italy. For us, too.
Che musica, Dottore!
L'altra sera abbiamo assistito al concerto della World Doctors Orchestra (WDO) che si e' tenuto nello splendido auditorium di Strathmore in Maryland. L'orchestra riunisce 500 medici - musicisti selezionati in tutto il mondo. E' stata creata dal Prof. Stephan Willich, Director of the Institute for Social Medicine of the Charite' in Berlino. La missione di questa orchestra e' quella di sollecitare l'attenzione delle nazioni sensibilizzando le persone sulla necessita' che l'assistenza sanitaria sia considerata un diritto umano intangibile. Sino ad ora i medici musicisti hanno tenuto concerti a Berlino, Cleveland, Taipei, Yerevan.
Il settimo concerto si e' tenuto appunto a Washington in coincidenza con le celebrazioni del decimo anniversario dell'attacco terroristico alle Torri, al Pentagono e in Pensylvania.
Il programma del concerto prevedeva: Adagio per archi di Samuel Barber; il Concerto n.5 in La maggiore di Mozart e la Sinfonia n.2 di Mahler che ha visto impegnati oltre cento musicisti ed il coro della National Philarmonic Chorale.
La violinista Tamaki Kawabiko ha ricevuto una standing ovation di dieci minuti.
Il settimo concerto si e' tenuto appunto a Washington in coincidenza con le celebrazioni del decimo anniversario dell'attacco terroristico alle Torri, al Pentagono e in Pensylvania.
Il programma del concerto prevedeva: Adagio per archi di Samuel Barber; il Concerto n.5 in La maggiore di Mozart e la Sinfonia n.2 di Mahler che ha visto impegnati oltre cento musicisti ed il coro della National Philarmonic Chorale.
La violinista Tamaki Kawabiko ha ricevuto una standing ovation di dieci minuti.
Buon Dio: date anche a noi italiani un Premier come questo(a)! Viva le Donne capaci.
Australia says NO
Prime Minister Julia Gillard - Australia
'IMMIGRANTS, NOT AUSTRALIANS, MUST ADAPT. Take It Or Leave It.
I am tired of this nation worrying about whether we are offending some individual or their culture. Since the terrorist attacks on Bali , we have experienced a surge in patriotism by the majority of Australians. '
'This culture has been developed over two centuries of struggles, trials and victories by millions of men and women who have sought freedom'
'We speak mainly ENGLISH, not Spanish, Lebanese, Arabic, Chinese, Japanese, Russian, or any other language. Therefore, if you wish to become part of our society. Learn the language!'
'Most Australians believe in God. This is not some Christian, right wing, political push, but a fact, because Christian men and women, on Christian principles, founded this nation, and this is clearly documented. It is certainly appropriate to display it on the walls of our schools. If God offends you, then I suggest you consider another part of the world as your new home, because God is part of our culture.' 'We will accept your beliefs, and will not question why. All we ask is that you accept ours, and live in harmony and peaceful enjoyment with us.' 'This is OUR COUNTRY, OUR LAND, and OUR LIFESTYLE, and we will allow you every opportunity to enjoy all this. But once you are done complaining, whining, and griping about Our Flag, Our Pledge, Our Christian beliefs, or Our Way of Life, I highly encourage you take advantage of one other great Australian freedom, 'THE RIGHT TO LEAVE'.' 'If you aren't happy here then LEAVE. We didn't force you to come here. You asked to be here. So accept the country YOU accepted.'
Il nostro 11 settembre del 2001
Dopo la chiusura del discorso del Presidente a Camere riunite, si e' diffusa la voce che un tentativo 'attendibile' di attacco terroristico era sotto investigazione. La notizia ha ripiombato i cittadini di Washington e New York nella plumbea atmosfera che ha caratterizzato la fine del 2001 e l'anno seguente. E che sembrava essersi dissolta per sempre. Quella maledetta mattina ero al computer, quando sono stato raggiunto da una telefonata. Era mio figlio Marco che stava andando con il suo Durango al Campus di AOL dove lavorava. "Papa', mi dice, la radio informa che un aereo si e' infilato dentro una delle torri gemelle. Forse si tratta di un piccolo aereo, un Cesna o qualcosa di simile." Ho acceso la televisione. Ed ho assistito in diretta al piu' veritiero film dell'orrore. Tutto sembrava consueto e gia' visto, ammaestrati come siamo al cinema dei disastri holywooddiani. I grattacieli che crollano, le immense nubi di polvere e detriti, la gente che corre trafelata, gli occhi sbarrati, sporchi di cenere, cercando di mettersi in salvo, i poliziotti che non sanno cosa fare, i pompieri che corrono a salvare qualcuno, ma corrono verso la morte certa. E insieme a noi stavano davanti ai televisori quei 90 del Pentagono, alcuni dei quali hanno chiamato al telefono i familiari prima di essere vaporizzati dall'aereo che ha perforato i cinque anelli della fortezza. Mia moglie era in Italia insieme all'altro figlio. Marco mi ha chiamato di nuovo: era bloccato e non sapeva quando e come sarebbe tornato a casa. Washington era una citta' in delirio, strade deserte solcate da decine di ambulanze carri dei vigili del fuoco, sirene , nessuna notizia del Presidente Bush, migliaia di passeggeri bloccati negli aeroporti, i telefoni che ormai non funzionavano. E la televisione che continuava a scandire e ripetere sino all'ossessione le scene gia' imparate a memoria della tragedia delle Torri e del Pentagono, l'immagine di quelli che decidevano di mettere fine al tormento gettandosi dalle finestre. E' facile dire che tutto si dimentica. Certe immagini rimangono scolpite a fuoco nella memoria e si riaffacciano come incubi notturni. Da allora tutto e' cambiato nelle nostre vite di americani. La sfera della nostra autonomia e della nostra liberta' ha subito pesanti limitazioni. Al controllo prima del volo accettiamo ormai rassegnati ogni indagine, anche le piu' scabrose, perche' ci auguriamo che siano utili a identificare e sconfiggere il potenziale demonio terrorista. E nonostante il nostro antico liberalismo ci sorprendiamo a osservare con preoccupazione un turbante, un velo, una fisionomia olivastra , una barba che ci insospettisce. E proviamo poi un brivido di orrore perche' epidermicamente ci siamo scoperti razzisti.
Piove, piove, piove, piove, piove.......
Dopo il terremoto di 5.8 della scala Richter, dopo i disastri generati dall'uragano Irene, da tre giorni siamo sotto il fuoco concentrico di altri tre uragani: Katia, Maria e Nate. Tonnellate di acqua e avvertimenti di probabili alluvioni e esondazioni che interrompono te trasmissioni radio e TV.
In tanti anni di America e' la prima volta che ci troviamo confinati a casa da un tempo di m...come dice B.
E poi dicono che il clima non e' cambiato e che Al Gore si e' inventato per interessi personali il 'riscaldamento del pianeta'.
"Il postino suona sempre due volte", ma ora rischia di essere suonato
A Washington la posta in partenza viene inserita nella fessura della porta di ingresso. Il postino la ritira e introduce quella in arrivo. Il postman americano e' una icona della cultura di questo Paese. I suoi piccoli furgoni e l'abbigliamento che, quando il tempo lo consente, e' caraterrizzato dai calzoni corti (infinita la sequenza di vignette e storielle sui cani che azzannano i polpacci del postino) sono una delle immagini rassicuranti dell'America.
Ma i 574mila dipendenti delle poste stanno vivendo ore di angoscia perche' il Postmaster General ha dichiarato nei giorni scorsi in una audizione al Congresso che se non si trovano 9 miliardi di dollari per sanare e ristrutturare il servizio lo USPS e' destinato a chiudere. Tra le richieste del capo dei postini: l'autorizzazione a eliminare 120mila posti di lavoro, rivedere drasticamente le caratteristiche di funzionamento del servizio, ridurre gli uffici postali ed eliminare la consegna il sabato.
Le Poste americane sono state un collante nazionale che ha unito tra loro genti che abitavano a migliaia di miglia di distanza. Ha utilizzato i mezzi che la societa' del tempo poteva mettere a disposizione: dai pony express alle imbarcazioni a vapore, dagli aerei alle autostrade che dal 1941 hanno creato una rete effettiva di scambi e commercializzazioni nella nazione continente. Charles Lindbergh, il primo trasvolatore dell'Atlantico sul suo Spirit of St. Louis, si era fatto le ossa proprio come pilota postale tra le due coste della Nazione.
Oggi pero' il volume di posta gestita e' in netto calo. Internet, gli SMS e il testing, Skype, i siti sociali hanno accentuato la velocita' di colloquio tra le persone a costo zero. Lo USPS riceve a Natale tonnellate di lettere che i bambini mandano a Babbo Natale ed e' scelto per gli annunci di matrimonio. Pesante e' la concorrenza che UPS e Fedex fanno anche se la loro specializzazione e' prevalentemente internazionale.
Prodi: dopo il balletto di agosto cura drastica di riequilibrio e rilancio
(da Il Messaggero)
Se da due mesi navighiamo in piena tempesta, nelle ultime settimane abbiamo anche perso la bussola. Le proposte di intervento nell’economia si susseguono in ordine sparso per essere cancellate non appena si fa avanti la minima protesta o si apre una qualsiasi discussione.
Questa sorte è toccata all’aumento della tassazione per i redditi più alti, poi è stata la volta della proposta di non tenere conto degli anni di servizio militare e di studi universitari ai fini pensionistici, quindi è stato il caso dell’accorpamento dei comuni e dell’abolizione delle province. E così per l’aumento dell’IVA e la soppressione delle feste civili.
Il messaggio di questi comportamenti è inequivocabile: non solo non vi è un accordo all’interno del governo ma la disparità è così profonda da impedire ogni resistenza di fronte alla reazione delle categorie o dei soggetti toccati dai provvedimenti. La già precaria fiducia nei confronti dell’Italia è quindi crollata, provocando una progressiva valanga di vendite dei nostri titoli pubblici.
La Banca Centrale Europea si è resa conto di quanto la crisi italiana mettesse a rischio tutto il quadro economico continentale ed è intervenuta in nostro aiuto acquistando una cospicua quantità di Buoni del Tesoro. Nonostante i 40 miliardi di acquisto da parte della BCE e la partecipazione attiva dei cinesi alle ultime aste dei titoli italiani, la sfiducia è tanta che la differenza del nostro tasso di interesse rispetto ai titoli germanici ( il così detto spread ) è continuamente aumentata e ha ormai superato di 20 centesimi lo spread di un’economia strutturalmente più fragile come quella spagnola. Un mese fa ciò era assolutamente impensabile e tutti noi rispondevamo con un sorriso ironico a coloro che si azzardavano ad accomunare il destino di Spagna e Italia. Lo stesso Trichet, dopo avere messo in campo tutta le possibili batterie di intervento che la BCE aveva a disposizione, è stato infine costretto a ricordare al governo italiano che le ripetute incertezze stanno ormai portandoci versi il baratro.
Con una finanziaria che manca di copertura, nella quale non vi è alcun progetto per la crescita e gli spread hanno superato i 300 punti, il baratro è davvero vicino. Per evitarlo occorre mandare ai nostri cittadini, ai governi europei e ai mercati internazionali un messaggio molto più forte di quello che poteva essere sufficiente un mese fa.
Per essere espliciti, il baratro lo si evita adottando severe e forti decisioni ad effetto immediato, votando riforme di lungo periodo e prospettando una ripresa del cammino di crescita. Le incertezze e le contraddizioni di agosto hanno cancellato la possibilità di raddrizzare la nostra economia con misure parziali.
Mettiamoci quindi in testa che per aggiustare l’Italia bisognerà rimettere insieme molto di quello che è stato scartato e fare anche molto altro. Oltre che iniziare finalmente un rigoroso controllo della spesa (spending review) non si dovrà avere paura di chiedere qualcosa di più a chi ha di più, di riequilibrare le finanze dei comuni con l’imposta che ovunque nel mondo costituisce la loro base economica (cioè l’ICI) e di procedere subito alle misure di contenimento del costo della Politica e delle Istituzioni.
Nello stesso tempo occorre inviare messaggi di più lungo periodo su una maggiore correzione del profilo pensionistico concreto. Non è infatti pensabile che possa avere un futuro un paese in cui poco più del 30% di coloro che hanno tra i 55 e i 65 anni è ancora al lavoro mentre nei paesi con noi concorrenti questa percentuale si avvicina o supera il doppio.
Tutto ciò deve essere accompagnato da una misura di rilancio dell’economia che riduca il costo del lavoro, diminuendo il peso degli oneri indiretti. E’ altrettanto chiaro che quest’obiettivo non può essere raggiunto gravando sul bilancio pubblico ma deve essere compensato da un aumento dell’IVA.
In quanto alla lotta all’evasione è meglio non riempirci di parole a cui nessuno crede e chiarire una volta per tutte che, per raggiungere quest’obiettivo, è indispensabile ridurre ai minimi termini l’uso del contante ed estendere l’obbligo delle ricevute per tutte le transazioni economiche.
Ho sempre pensato (e ho sempre operato in coerenza con questo pensiero) che si potesse uscire dalla morsa del debito utilizzando la diminuzione degli interessi che l’Euro ci aveva donato e lavorando giorno per giorno ( come le formiche) sui singoli provvedimenti di aggiustamento. Le follie di agosto mi spingono a concludere che questa strategia è ormai impossibile e che per abbassare il costo del nostro debito e dimostrare che siamo seri non ci sia altra strada che una cura drastica di riequilibrio e rilancio. E se, a dispetto degli ammonimenti del Presidente Napolitano, noi continueremo a giocare coi provvedimenti e coi numeri, allora sarà bene cominciare a pensare a quello che fino ad ora non era pensabile. A mettere cioè in conto l’adozione di un’imposta patrimoniale.
Se la cancrena avanza è meglio tagliarsi un dito che finire al cimitero. Forse siamo ancora in tempo a fermare la cancrena ma gli eventi e gli errori di questo sciagurato agosto ci hanno tolto quasi tutte le alternative che prima avevamo a disposizione. Soprattutto ci hanno tolto il tempo.
Romano Prodi
Un Paese di M......!
Il Premier italiano ha definito in una conversazione telefonica la Nazione che e' tenuto a governare come "un paese di merda". Sarebbe facile obiettare che, per la proprieta' transitiva, un Paese di Merda esprime un governo di Merda."
L'Onorevole Primo Ministro e' un raffinato uomo di comunicazione. Ogni sua parola e' un distillato di tecnica illustrativa. Usando la volgare espressione senza ricorrere a edulcorate immagini del tipo 'escrementi' ha voluto mandare al suo interlocutore, perche' ne tenesse conto riferendola ad altri conniventi, il senso della sua profonda disistima per un'Italia che non lo apprezza, sembra, nella giusta maniera.
E lo ha fatto usando una parola che e' compresa idiomaticamente da altri milioni di persone al di la' delle Alpi.
Catalan: merda
Dalmatian: miarda
French: merde
Galician: merda
Istriot: mierda
Italian: merda
Portuguese: merda
Sardinian: merda
Spanish: mierda
Il Dr. Silvio Berlusconi e' persona di elegante e approfondita cultura, come dimostra il suo lessico pubblico forbito e ricercato.
Se nella sua frizzante definizione della Nazione che amministra ha fatto riferimento al piu' sordido dei rifiuti, significa che Egli e' esperto nuotatore in quel pantano che ha contribuito a creare in tanti anni di governo della cosa pubblica.
E siccome chi scrive questa nota e' profondo estimatore del Nostro, invitiamo i Compaesani a prendere lezioni di nuoto nella merda, apprezzandone anche il sapore, tenendo conto che l'Inquilino di Palazzo Grazioli ha disegnato con la sua caustica definizione uno scenario futuro che tutti ci riguarda ed al quale dovremo abituarci.
Grazie Divino.
Un cittadino merdoso di un Grande Paese di Merda.
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Ben tornato Oscar,
dal Paese dove tutto ed il contrario di tutto si dice e si fa contemporaneamente, regna sovrana una grande amarezza.
Amarezza, non già attribuibile al gusto di merda cui faceva riferimento ieri il nostro premier, perché a questa ci ha abituato ormai da tempo, come allo yogurt al mattino, sa di acido.
Ma che si venga considerati cittadini di Merda da personaggi che, sapranno sì, rapportarsi con il mondo della comunicazione in modo ineccepibile, esprimendo forbita dialettica, dopo che da decenni ci hanno preso per il Culo, così ne individuiamo anche il sito di provenienza, mi sembra veramente eccessivo.
Non è neanche rabbia, è solo amarezza, è il tradimento di un amico non di una moglie.
A Napoli dicono, “cornuti e mazziati”, un detto popolare che si perde nella storia dei tempi, ma che appare di straordinaria attualità.
Molti cordiali saluti,
Flavio
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Superbo Bartoli. Superbo.
Scampa
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Carissimo Oscar ... Quest'uomo è davvero strano ... Prima ha lavorato duramente vent'anni per trasformare l'Italia in un Paese di m....a ed ora che è ad un passo dal completare l'opera se ne vuole andare? Che rimanga qui a godersi il frutto del suo lavoro insieme a noi.
Carmelo
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Merde, Banane e Boomerang
Carissimo Oscar,
hai ragione ! In una Repubblica delle Banane, purtroppo senza neppure quelle, usare la parola del Generale di Napoleone Pierre Cambronne, che a Waterloo 1815 alla fine dello scontro, quando un generale inglese volle imporre la resa a lui e agli ultimi resistenti, sembra abbia pronunciato in risposta il celebre insulto «Merde!», è un vero boomerang fetente che torna in faccia a chi l'ha pronunciato. Perché non è il grido eroico in un momento estremo, è un semplice turpiloquio che fa da cartina di tornasole per misurare l'altezza che anima il Nostro Leader Maximo ed il suo concetto di Patria.
Certo che chi annichilisce la Cultura, l'Istruzione, la Ricerca, oggi in Italia, riduce il Paese a terra di desolazione, di emarginazione, a favela degradata d'Europa e quindi ragionevolmente può vantarsi di essere in un Paese di M.
Ma se siamo dalla parte dei resistenti, con un'idea alta della nostra amata Patria, gli rispondiamo come Cambronne: "MERDE!".
Dario Seglie, Torino
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Caro Oscar ,
il tuo pezzo di oggi mi ricorda di quando, frequentando per ragioni di lavoro l'Argentina, per valutare come andavano le cose in quel paese il modo era, secondo i porteňi (abitanti di Buenos Aires), il seguente :
"quanto tempo impiega il taxista che ti porta dall' aeroporto di Ezeiza in città , una volta partito a dire : " che! ette (este) es pais de mierda".
Non traduco perchè é troppo romantico....
Temo che in Italia, arrivando a Roma o Milano non ci sia nemmeno l'incanto di contare i secondi al taxista.
Cordialmente
Giuseppe
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Caro Oscar,
ormai mi chiedo solo una cosa: quando potremo essere certi di aver toccato il fondo, onde poter risalire?
Il guaio è che non se ne vede la fine e anche il nostro Presidente ha dovuto ribadire che, finchè avrà la maggioranza in Parlamento, questo Governo continuerà.
Contro tutto e contro tutti, soprattutto noi cittadini – che non siamo solo ‘gente’ qualunque come da sempre B. apostrofa il popolo.
E la vicenda Tarantini – è in una delle intercettazioni del caso che al Premier è ‘sfuggita’ la parolina – è emblematica:
si sa perfettamente di cosa si tratta e la questione è chiara ma B. ancora ci prende in giro parlando dei suoi versamenti di 20.000 euro al mese
come di ‘beneficenza per una povera famiglia caduta in disgrazia’...
Non ci sono più parole – specie dopo aver letto il fondo di Prodi sul Messaggero che tu giustamente riporti sul blog.
Ma certo che invitarti a tornare in Italia in questo momento non è un granchè, perché suona proprio male: dal Paese del sole al Paese di m…
Lucilla from Italy
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Libia: Chi ha alzato la mano di innocenti?
(Riceviamo da Paolo Majolino e volentieri pubblichiamo)
Prendendo spunto dall’articolo ho inteso analizzare il problema degli adolescenti guerrieri coinvolti in questa guerra da un’altra prospettiva che, quasi sempre, è omessa: quella economica.
Chi ha alzato la mano di questi ‘innocenti’?
E’ agli ispiratori della pseudo-guerra che necessita additare il dramma degli adolescenti utilizzati militarmente e costretti alla più ingiusta delle azioni: la guerra, se è poi fratricida aggiunge miseria all’animus combattendi.
Il dittatore che istruisce gli adolescenti è colpevole senza alcuna giustificazione, invero - a mio sommesso giudizio – lo è maggiormente chi è ispiratore della guerra ed aggiunge l’aggravante di sapere che in quella guerra saranno coinvolti adolescenti.
La Libia di Gheddafi è stata aggredita in una “non guerra” (citazione di Obama) per ragioni che non sono certamente il solo mancato rispetto dei diritti umani.
La vera ragione di questa ‘non guerra’ è stata la decisione di Gheddafi di abbandonare il dollaro e di adottare una nuova valuta: il dinaro oro, per farsi pagare il petrolio, gas ed altre materie prime.
Questa è la giusta prospettiva sulle reali motivazioni che hanno portato a questo nuovo conflitto.
Che poi la promotrice sia stata la Francia (Paese rimasto ancora colonialista nell’animo e nella memoria) è perché in quell’area da ‘dominus’ senza pari addirittura la Total non aveva alcuna concessione sul ricco suolo libico e certamente ora sarà al tavolo della ‘ricostruzione’ per pretendere dai ‘rivoluzionari’ il compenso.
Trent’anni fa (in un intervista rilasciata alla Principessa giapponese Nakamaru) Gheddafi aveva previsto l’intervento della CIA sul territorio libico e nel Medio Oriente per militarizzare l’area ed impadronirsi delle materie prime.
La decisione di abbandonare il dollaro per il pagamento di petrolio e gas – come fatto da Saddam Hussein nel 2001 riprezzando il petrolio sull’euro – avrebbe conseguentemente condotto ad una svalutazione del dollaro ponendo in serio pericolo l’economia statunitense, già sul baratro della bancarotta.
Prendendo spunto dall’articolo ho inteso analizzare il problema degli adolescenti guerrieri coinvolti in questa guerra da un’altra prospettiva che, quasi sempre, è omessa: quella economica.
Chi ha alzato la mano di questi ‘innocenti’?
E’ agli ispiratori della pseudo-guerra che necessita additare il dramma degli adolescenti utilizzati militarmente e costretti alla più ingiusta delle azioni: la guerra, se è poi fratricida aggiunge miseria all’animus combattendi.
Il dittatore che istruisce gli adolescenti è colpevole senza alcuna giustificazione, invero - a mio sommesso giudizio – lo è maggiormente chi è ispiratore della guerra ed aggiunge l’aggravante di sapere che in quella guerra saranno coinvolti adolescenti.
La Libia di Gheddafi è stata aggredita in una “non guerra” (citazione di Obama) per ragioni che non sono certamente il solo mancato rispetto dei diritti umani.
La vera ragione di questa ‘non guerra’ è stata la decisione di Gheddafi di abbandonare il dollaro e di adottare una nuova valuta: il dinaro oro, per farsi pagare il petrolio, gas ed altre materie prime.
Questa è la giusta prospettiva sulle reali motivazioni che hanno portato a questo nuovo conflitto.
Che poi la promotrice sia stata la Francia (Paese rimasto ancora colonialista nell’animo e nella memoria) è perché in quell’area da ‘dominus’ senza pari addirittura la Total non aveva alcuna concessione sul ricco suolo libico e certamente ora sarà al tavolo della ‘ricostruzione’ per pretendere dai ‘rivoluzionari’ il compenso.
Trent’anni fa (in un intervista rilasciata alla Principessa giapponese Nakamaru) Gheddafi aveva previsto l’intervento della CIA sul territorio libico e nel Medio Oriente per militarizzare l’area ed impadronirsi delle materie prime.
La decisione di abbandonare il dollaro per il pagamento di petrolio e gas – come fatto da Saddam Hussein nel 2001 riprezzando il petrolio sull’euro – avrebbe conseguentemente condotto ad una svalutazione del dollaro ponendo in serio pericolo l’economia statunitense, già sul baratro della bancarotta.
Il WSJ su (poveri) noi....
Austerity-Plan Drama
Berlusconi Changes Tack on Cuts as He Seeks a Politically Palatable Solution. By STACY MEICHTRY And GIADA ZAMPANO
ROME—Italian Prime Minister Silvio Berlusconi's penchant for dramatic flourishes is out of sync with a slow-burning debt crisis that demands steady political leadership and a clear plan to tackle Italy's chronically low economic growth, some analysts and observers say.
In the space of two months, Mr. Berlusconi has unveiled a flurry of budget-tightening measures and countermeasures, sowing confusion among both supporters and critics.
Premier Silvio Berlusconi, in Rome in August, is grappling with cuts.
.On Wednesday, people with knowledge of the situation said Mr. Berlusconi's government was planning to scrap a multibillion-euro program to delay pension payments for scores of Italians, potentially marking the fourth and fastest change of course in the government's summer of austerity.
A spokesman for Mr. Berlusconi declined to comment on whether the government was dropping the pension change.
The changes risk exacerbating investor concerns that Mr. Berlusconi doesn't have the stomach to pass unpopular measures that would allow Rome to pay down the country's €1.9 trillion ($2.7 trillion) debt, equivalent to 120% of Italy's gross domestic product.
"There is a replay of measures that appear and disappear, batting their wings and then dying like butterflies that live a few hours, just long enough to enchant the children," said a front-page editorial in Wednesday's edition of Corriere della Sera, Italy's biggest daily.
Mr. Berlusconi's spokesman declined to comment on the prime minister's leadership.
The prime minister, who recently returned from a holiday on the island of Sardinia, is under intense pressure to offer a final package of austerity measures before mid-September, when Parliament is expected to vote on the matter. The European Central Bank, which began buying Italian bonds in August to help bring down the country's borrowing costs down from record highs, has called on Italy to pass growth-boosting measures to revive its stagnant economy, which is held down by high youth unemployment, heavy taxes and crushing red tape.
"The mood in Italy won't change until the government does more on the growth side," said Fabio Fois, an analyst with Barclays Capital. "This going back and forth on the austerity plan isn't helpful. Markets will stay nervous."
Olli Rehn, the European Union commissioner for monetary affairs, was "paying close attention" to Italy's shape-shifting austerity package, his spokesman Amadeu Altafaj said Wednesday.
In the meantime, other weakened European economies are forging ahead with austerity measures. Portugal's government on Wednesday announced a raft of new tax increases and spending cuts that aim to bring the country close to a balanced budget by 2015.
Mr. Berlusconi's supporters see the debt crisis as a defining moment in a 17-year political career that has thrived on drama. The billionaire media mogul has cultivated an image of the consummate crisis manager, ready to take bold action in the face of disasters. He has repeatedly sent the military to clean up the trash-strewn streets of Naples, which has struggled with a dysfunctional waste-management system, and he moved the 2009 Group of Eight summit from sun-splashed Maddalena Island to the earthquake-stricken town of L'Aquila in a bid to win sympathy—and reconstruction funds—from world leaders. He won pledges of aid during the summit.
But some analysts say Mr. Berlusconi appears loath to administer the kind of bitter economic medicine—such as making Italy's rigid labor market more flexible or enacting sweeping tax increases—that could alienate his political allies.
At the same time, the premier has maintained a combative stance toward left-leaning opposition parties and labor unions that wield the power to broker a political compromise.
CGIL, Italy's largest union, has called a general strike for Sept. 6 that has gained support from other union leaders as the austerity makeovers have piled up.
"Berlusconi's model of leadership doesn't work in this environment," said Fabio Sdogati, an economist with Milan's Polytechnic University.
In July, Mr. Berlusconi rushed the government's initial austerity package through Parliament. Those measures aimed to balance Italy's budget by 2014 and eschewed unpopular tax increases and pensions reforms. But the plan did little to impress investors, and Italy's borrowing costs spiraled to their highest levels since the introduction of the euro.
In mid-August, Mr. Berlusconi returned to the drawing board, devising a plan to balance the budget by 2013 by levying a 5% tax on Italians who earn more than €90,000 a year and a 10% tax on earnings above €150,000.
The premier defended the proposed tax as an essential step to reassure financial markets and the ECB about Italy's creditworthiness, pledging to impose the levy even though it made his heart "stream with blood."
By Monday, Mr. Berlusconi and his allies had dropped the tax proposal.
After a seven-hour conclave at his Milan villa, Mr. Berlusconi and his ministers said they had found a silver bullet: A plan to delay pension payments, by no longer allowing Italians to include their college years and military service in the 40 years of work needed to be eligible for retirement.
The plan was expected to save between €500 million and €1 billion a year, according to a government official, because military service was compulsory in Italy until 2005, and low university fees had kept enrollment high.
"I'm very, very satisfied, because the austerity plan has been improved," Mr. Berlusconi said. "I've always worked this August to make this plan fairer and more sustainable."
Less than 48 hours later, the pension plan was on life support as unions, opposition lawmakers and business leaders railed against the changes.
Mr. Berlusconi, meanwhile, appears to be running out of austerity options.
"The measure has blown up, but the need for pension reform remains," said Minister for Youth Giorgia Meloni, a member of Mr. Berlusconi's party.
Write to Stacy Meichtry at stacy.meichtry@wsj.com and Giada Zampano at giada.zampano@dowjones.com
Berlusconi Changes Tack on Cuts as He Seeks a Politically Palatable Solution. By STACY MEICHTRY And GIADA ZAMPANO
ROME—Italian Prime Minister Silvio Berlusconi's penchant for dramatic flourishes is out of sync with a slow-burning debt crisis that demands steady political leadership and a clear plan to tackle Italy's chronically low economic growth, some analysts and observers say.
In the space of two months, Mr. Berlusconi has unveiled a flurry of budget-tightening measures and countermeasures, sowing confusion among both supporters and critics.
Premier Silvio Berlusconi, in Rome in August, is grappling with cuts.
.On Wednesday, people with knowledge of the situation said Mr. Berlusconi's government was planning to scrap a multibillion-euro program to delay pension payments for scores of Italians, potentially marking the fourth and fastest change of course in the government's summer of austerity.
A spokesman for Mr. Berlusconi declined to comment on whether the government was dropping the pension change.
The changes risk exacerbating investor concerns that Mr. Berlusconi doesn't have the stomach to pass unpopular measures that would allow Rome to pay down the country's €1.9 trillion ($2.7 trillion) debt, equivalent to 120% of Italy's gross domestic product.
"There is a replay of measures that appear and disappear, batting their wings and then dying like butterflies that live a few hours, just long enough to enchant the children," said a front-page editorial in Wednesday's edition of Corriere della Sera, Italy's biggest daily.
Mr. Berlusconi's spokesman declined to comment on the prime minister's leadership.
The prime minister, who recently returned from a holiday on the island of Sardinia, is under intense pressure to offer a final package of austerity measures before mid-September, when Parliament is expected to vote on the matter. The European Central Bank, which began buying Italian bonds in August to help bring down the country's borrowing costs down from record highs, has called on Italy to pass growth-boosting measures to revive its stagnant economy, which is held down by high youth unemployment, heavy taxes and crushing red tape.
"The mood in Italy won't change until the government does more on the growth side," said Fabio Fois, an analyst with Barclays Capital. "This going back and forth on the austerity plan isn't helpful. Markets will stay nervous."
Olli Rehn, the European Union commissioner for monetary affairs, was "paying close attention" to Italy's shape-shifting austerity package, his spokesman Amadeu Altafaj said Wednesday.
In the meantime, other weakened European economies are forging ahead with austerity measures. Portugal's government on Wednesday announced a raft of new tax increases and spending cuts that aim to bring the country close to a balanced budget by 2015.
Mr. Berlusconi's supporters see the debt crisis as a defining moment in a 17-year political career that has thrived on drama. The billionaire media mogul has cultivated an image of the consummate crisis manager, ready to take bold action in the face of disasters. He has repeatedly sent the military to clean up the trash-strewn streets of Naples, which has struggled with a dysfunctional waste-management system, and he moved the 2009 Group of Eight summit from sun-splashed Maddalena Island to the earthquake-stricken town of L'Aquila in a bid to win sympathy—and reconstruction funds—from world leaders. He won pledges of aid during the summit.
But some analysts say Mr. Berlusconi appears loath to administer the kind of bitter economic medicine—such as making Italy's rigid labor market more flexible or enacting sweeping tax increases—that could alienate his political allies.
At the same time, the premier has maintained a combative stance toward left-leaning opposition parties and labor unions that wield the power to broker a political compromise.
CGIL, Italy's largest union, has called a general strike for Sept. 6 that has gained support from other union leaders as the austerity makeovers have piled up.
"Berlusconi's model of leadership doesn't work in this environment," said Fabio Sdogati, an economist with Milan's Polytechnic University.
In July, Mr. Berlusconi rushed the government's initial austerity package through Parliament. Those measures aimed to balance Italy's budget by 2014 and eschewed unpopular tax increases and pensions reforms. But the plan did little to impress investors, and Italy's borrowing costs spiraled to their highest levels since the introduction of the euro.
In mid-August, Mr. Berlusconi returned to the drawing board, devising a plan to balance the budget by 2013 by levying a 5% tax on Italians who earn more than €90,000 a year and a 10% tax on earnings above €150,000.
The premier defended the proposed tax as an essential step to reassure financial markets and the ECB about Italy's creditworthiness, pledging to impose the levy even though it made his heart "stream with blood."
By Monday, Mr. Berlusconi and his allies had dropped the tax proposal.
After a seven-hour conclave at his Milan villa, Mr. Berlusconi and his ministers said they had found a silver bullet: A plan to delay pension payments, by no longer allowing Italians to include their college years and military service in the 40 years of work needed to be eligible for retirement.
The plan was expected to save between €500 million and €1 billion a year, according to a government official, because military service was compulsory in Italy until 2005, and low university fees had kept enrollment high.
"I'm very, very satisfied, because the austerity plan has been improved," Mr. Berlusconi said. "I've always worked this August to make this plan fairer and more sustainable."
Less than 48 hours later, the pension plan was on life support as unions, opposition lawmakers and business leaders railed against the changes.
Mr. Berlusconi, meanwhile, appears to be running out of austerity options.
"The measure has blown up, but the need for pension reform remains," said Minister for Youth Giorgia Meloni, a member of Mr. Berlusconi's party.
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