(The Financial Review) L'export italiano in volume, secondo le nuove serie Istat, è cresciuto moltissimo smentendo i dati finora diffusi. Ad esempio, per misurare tale cambiamento, basta citare il settore meccanico che è diventato più importante degli stessi beni tradizionali al punto che oggi il surplus italiano meccanico con l'estero supera nettamente quello complessivo della moda, dell'arredo-casa e dell'alimentare. L'Istat non ha certo truccato i dati ma ha sostituito i vecchi valori medi unitari all'export con i prezzi all'esportazione decisamente più aggiornati. Cosa emerge? L'export italiano di beni in volume risulta aumentato del 27% tra il 2003 e il 2008 molto di più di quello francese e inglese. Anche tenendo conto dei dati negativi relativi agli ultimi tre anni dopo il fallimento di Lehman Brothers, l'aumento registrato dall'Italia è pari al 17% contro aumenti del 12% delle esportazioni di Francia e Gran Bretagna. I dati sono stati segnalati dal Sole 24 Ore (Marco Fortis, 27 dicembre) ma hanno finora avuto scarsa eco. Va sottolineato che le vecchie serie statistiche, recepite dall'Ocse, dalla Banca mondiale, dalla Birs e dal Fmi, indicavano nel periodo 2003-2010 un calo dello 0,5% dell'export italiano di beni in volume contro un aumento reale del 17%. C'è solo da augurarsi che, in sede europea ( il 23 gennaio vi sarà il nuovo vertice), il governo Monti faccia pesare, insieme all'aggiustamento dei conti pubblici, anche questo risultato positivo per l'Italia. Poiché l'obiettivo è di recuperare la fiducia dei mercati, ai nostri rappresentanti non deve sfuggire questa opportunità per rafforzare l'outlook nazionale in termini di competitività internazionale. Un aspetto che le agenzie di rating continuano a sovra pesare ritenendo non sufficienti gli aggiustamenti nei conti pubblici varati dal governo Monti con la manovra salva-Italia. Anche nel 2011, i dati di fine ottobre indicano un andamento delle esportazioni verso i paesi extra Ue addirittura migliore della stessa Germania. Nel mese di novembre l'incremento in valore su ottobre è stato del 3,1% nonostante il clima recessivo. Dunque, il vero problema è proprio la debole domanda interna aggravata dal mancato pagamento, superiore agli 80 miliardi di euro, della Pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori. Se lo Stato pagasse, come dovrebbe, aumenterebbe di pari importo il debito pubblico. Un problema di difficilissima soluzione. E' evidente che la ricetta di solo rigore, proposta dalla Merkel, non è sicuramente la più adatta per far uscire dalla crisi non solo l'Italia ma tutta l'Europa. Altrettanto evidente è la necessità di varare un fondo patrimoniale, come hanno suggerito tra gli altri Mucchetti e Pomicino, nel quale conferire beni immobiliari e azioni delle società municipalizzate per un valore di 300-500 miliardi di euro. A fronte di questa garanzia, sarà possibile offrire sul mercato ai risparmiatori italiani in libera scelta una emissione obbligazionaria per un valore pari al 50% ad un tasso equo intorno al 4-5%. Oltretutto questa soluzione avrebbe il vantaggio di non incidere sul debito pubblico e di non dover affrontare il pericolo di "svendite" in un momento di mercato così sfavorevole. Mario Monti, interrogato sul punto dalla stampa estera, ha prudentemente detto che "non è escluso nulla" lasciando intuire che molto dipende dalla volontà politica dei partiti nel convincere soprattutto gli enti locali a questo passo che smantellerebbe molti apparati clientelari. Vi è infine da valutare il significato di queste misure nel contesto di una richiesta politica rivolta a Monti di far sentire la voce dell'Italia in Europa (ma prima dov'erano i nostri governi?). Occorre una breve premessa. In dieci anni l'euro è divenuta la seconda moneta di riserva nel mondo dopo il dollaro passando dal 18% del 1999 al 27% di oggi. Per le impresse l'integrazione nei mercati finanziari ha comportato risparmi stimati in 20-25 miliardi di euro all'anno. Dati che servono a chiarire come mai la Casa Bianca abbia fin qui seguito una politica a doppio binario. Da un lato ha assistito (senza impedire la speculazione delle banche di affari attraverso i contratti derivati) ai litigi europei che hanno sicuramente indebolito l'euro, dall'altro è intervenuta a sostegno della moneta europea dal settembre scorso per evitare un rischio sistemico mondiale. Non a caso il Wall Street Journal ha detto con rara tempestività, alla vigilia dell'approvazione finale alla Camera della manovra, che dalle decisioni dell'Italia dipendono non solo la salvezza dell'euro ma quella dell'intero Occidente.
Guido Colomba
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