Telefonata al dottor Luigi Orlando, presidente della Società Metallurgica italiana (SMI).
"Buonasera dottore, mi hanno chiamato dalla segreteria del Dott. Eugenio Scalfari dell'Espresso che avrebbe piacere se lei potesse accettare un invito per una cena informale, ristretta. Suggeriscono una trattoria toscana dalle parti di via Veneto. Insieme a Scalfari sarà presente solo il principe Caracciolo. Suggeriscono, sempre che le sia possibile, la sera del 22 ottobre, data del consiglio direttivo della Confindustria, sapendo che lei sara' a Roma per quella occasione…"
Nota per il lettore: a quei tempi il vostro redattore era responsabile della sede legale della SMI e assistente del dottor Orlando, vicepresidente over all della associazione degli imprenditori privati italiani.
Eugenio Scalfari era il fondatore dell'Espresso il più importante periodico italiano del momento.
Il mio presidente il giorno dopo mi fece sapere che accettava l'invito di Scalfari ma avrebbe avuto al suo fianco il sottoscritto.
Il mio lavoro di responsabile della sede legale della SMI richiedeva che assistessi il mio boss nei numerosi incontri con parlamentari, esponenti del giornalismo, dirigenti di attività istituzionali.
Però quella richiesta di incontro da parte di Scalfari mi aveva messo un po' in apprensione, conoscendo quanto il suddetto fosse abile non solo come grande giornalista ma anche come imprenditore editoriale a tessere reti e contatti che talvolta avrebbero potuto essere dismessi in un batter di ciglia.
Orlando non apparteneva alla categoria dei grandi imprenditori che fanno dei ritardi agli appuntamenti una sorta di medaglia della loro importanza.
Arrivammo puntuali alle nove nel ristorante toscano dove in una saletta riservata ci stavano attendendo Scalfari e il principe Caracciolo.
Dopo i soliti salamelecchi d'uso Scalfari, tra una portata e l'altra appena scalfite dai presenti (sottoscritto compreso con grande dolore) illustrò a Orlando il progetto della realizzazione di un quotidiano assolutamente originale sia nella forma che nei contenuti che avrebbe dovuto riempire il vuoto lasciato dall'informazione rivolta alla vasta componente della media borghesia italiana, ma non solo, stretta tra quella comunista e quella democristiana.
Il quotidiano di Scalfari e Caracciolo avrebbe potuto chiamarsi Repubblica con lo scopo di agglutinare il consenso degli elettori di ispirazione socialista o comunque di centro sinistra.
Scalfari e Caracciolo erano bene a conoscenza che Luigi Orlando rappresentava la più antica famiglia imprenditoriale italiana che aveva finanziato addirittura la spedizione dei Mille partita da Quarto con due navi su una delle quali era imbarcato un Orlando.
Cavour aveva potuto contare sulla SMI per la creazione di stabilimenti destinati alla produzione di munizionamento militare per affrancare la neonata Italia da quell'Austria contro la quale si sarebbe scatenata la guerra.
Scalfari concluse il breve incontro facendo capire esplicitamente al suo interlocutore fiorentino che contava sull'appoggio della sua azienda per contribuire a far nascere il progetto Repubblica.
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Molti anni più tardi, divenuto responsabile dei rapporti con i media dell'Iri, mi sono trovato talvolta a dialogare, si fa per dire, con Scalfari per conto del professor Prodi a causa di articoli sensazionalistici che mettevano a repentaglio attività di largo respiro e di grande importanza economica messe in essere dal Professore di Bologna.
Tanto per fare un esempio: titolo tra virgolette su una presunta dichiarazione di Prodi mai fatta.
Episodio questo risolto con una quasi risata telefonica di Scalfari che disse al presidente dell'Iri che non era il caso di arrabbiarsi per quel virgolettato, un peccatuccio veniale per interessare il lettore.
Questo era lo stile maramaldo del giornale in quei tempi.
Uno stile senza dubbio di grande successo tenendo conto del fatto che Repubblica superò ben presto in termini di copie vendute lo stesso Corriere della Sera.
Oscar
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Buongiorno Oscar
ho letto con grande interesse il tuo « pezzo » su Scalfari che ho trovato ricco di dettagli sulla personalità del grande giornalista.
Ricordo il primo numero de La Repubblica nel gennaio 1976 quando lavoravo a Roma pochi mesi prima del mio trasferimento a New York.
Il giornale mi piacque subito anche per il formato all’epoca decisamente innovativo in Italia e per il modo di raccontare e commentare i fatti. Ne sono rimasto lettore e lo ho seguito negli alti e nei bassi del suo percorso avvertendo che occasionalmente si allontanava dallo spirito che informava la creatura pensata da Scalfari.
Non mi è chiaro dal tuo articolo se il dr Orlando si rese disponibile al finanziamento suggerito durante la cena nella trattoria Toscana a Roma.
Cordiali saluti
Carlo (Ginevra)
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Ciao Carlo,
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