Translate

Smielatura: Alessandro, Fabiola e Franca

 




La Francia guidi la difesa UE – Il centrosinistra riparta da casa e sanità



“Parigi guidi la difesa UE – Il centrosinistra italiano? Riparta da casa e sanità”
L’ex premier: Pd e 5 Stelle si confrontino su tutto, anche sulle armi a Kiev “Il mio suggerimento è sedersi a un tavolo per uscire con un’idea di governo. Serve una politica estera comune, la Francia ha una grande responsabilità

Intervista di Simone Arminio a Romano Prodi su Quotidiano Nazionale del 19 marzo 2024

Se dal confronto con il suo Ulivo non si scampa, allora Romano Prodi, 84 anni, ex premier, poi presidente della Commissione Ue e leader della stagione del centrosinistra di governo, preferisce andare sul concreto. E a Giuseppe Conte, Elly Schlein e gli altri leader del campo largo, propone due temi primari, “perché riguardano tutti gli italiani”. Sono casa e sanità. “Partano da quelli, si vedano, e portino a casa una naturale convergenza”.

Professore, la sua coalizione nacque così?

“Ne misi attorno a un tavolo i rappresentanti per uscirne con un’idea di governo e di Italia. Ci sono voluti molti mesi, ma funziona. E non creda che all’estero funzioni diversamente. Guardi alla Germania o ad altri Stati attorno a noi. È prerogativa di molte democrazie occidentali essere obbligati a coalizioni ampie e, per tenerle in piedi, serve pazienza e concretezza di temi e proposte”.

E non importa se questo campo largo, come dicono alcuni, ha oggi troppi coltivatori, riottosi tra loro?

“Quando parlavo dei coltivatori mi riferivo non al numero dei partiti, bensì dei voti. E per far crescere i voti servono programmi chiari che guardino ai problemi della gente”.

Partiamo da quelli, dunque.

Penso alla sanità, oggi a forte rischio, con ammalati sempre più angosciati e l’attenzione che gradualmente si sposta verso la sanità privata, con la certezza che troppi non se la potranno permettere. E penso alla casa, che non è un problema di tutta Italia, ma di certo è un problema di tutte le città. A Roma, Bologna, Firenze, Milano ci sono lavoratori che non guadagnano a sufficienza per pagarsi un alloggio e lo stesso è per gli studenti. Sono temi cruciali per la vita degli italiani e su questi due temi una coalizione deve preparare risposte concrete”.

Sembra facile. Ma di fatto si litiga anche per un candidato in Basilicata. E se rientra un partito, il M5s, allora sbatte la porta l’altro (Azione).

“Mi dispiace molto che non si sia trovato un accordo, anche se è pur vero che la politica locale ha accorpamenti e consuetudini differenti. Per governare il Paese in ogni caso non si scappa, serve un accordo“.

Dia la ricetta.

“Penso a piccoli gruppi di lavoro. Cinque o dieci persone dei vari partiti, che si riuniscano a partire da ora in modo informale ma fattivo su pochi temi. Anche se ve ne sono tanti altri, io ne propongo due: casa e sanità. Si parta da quelli. Ci si confronti e si esca con una proposta per il Paese”.

L’alternativa?

“Non c’è, stante la frammentazione dei partiti politici che, attenzione, riguarda ormai tutto l’Occidente. Poi i sistemi elettorali non aiutano. Guardi le Europee. C’è questo maledetto proporzionale, vuole che si creino convergenze? Ciascuno gioca una partita a sé”.

Eppure anche in Italia la riforma della legge elettorale sta andando dalla stessa parte.

“Ed è un male, perché ormai da tempo i leader sono schiavi dei veti di coalizione a discapito della progettualità”.

La sua idea di legge elettorale?

“Un maggioritario, con collegi uninominali, a doppio turno. Unico antidoto anche al disinteresse per la politica, un male sempre più diffuso soprattutto tra i giovani. Ma lei si appassionerebbe alla partecipazione quando, come ora, i parlamentari vengono imposti dall’alto e le coalizioni non hanno programmi concreti? Con questo sistema elettorale è garantita la durata dei governi e anche la loro forza. Accanto a questo sia garantita anche la permanenza di un sistema di pesi e contrappesi che ci metta al riparo dal rischio di autoritarismi, ma senza svilire il ruolo del Parlamento o del Presidente della Repubblica”.

La destra propone il Premierato.

“Il peso non va mai messo da un solo lato della bilancia. E poi se dovessi fare il politologo, con una battuta le direi che un sistema di questo tipo è stato adottato solo in Israele e poi sostituito, perché non ha funzionato”.

Nel centrosinistra resta un problema di leadership.

“La leadership esce dalle urne. È così anche nel centrodestra. Perciò aspettiamo le Europee”.

Lei ha richiamato all’ordine Conte e ha bacchettato Schlein. In chi crede?

“Il mio ruolo oggi, non avendo più velleità politiche, è richiamare all’ordine, è anche un obbligo di chi ha esperienza e anzianità”.

Schlein è una buona leader?

“Sta faticosamente lavorando e quindi lasciamola lavorare“.

Un ex segretario del PD oggi in Basilicata è in coalizione con la destra…

“Renzi ha suoi obiettivi personali, cosa c’entra col Pd?”

Torniamo al Pd e al campo largo, allora. Lei parlava di pochi temi su cui costruire una coalizione. Partiamo dalla pace. Oggi il Pd approva l’invio di armi all’Ucraina, il M5s no. Come se ne esce?

“Discutendo, a lungo se necessario. Per uscirne con una linea comune. Linea che però, nel caso dell’Ucraina, sia chiaro, dovrebbe essere di una comune linea europea“.

E invece?

“Ciascuno Stato fa per conto proprio, e il risultato è che non vi è un ruolo europeo sulla questione ucraina. Non abbiamo fatto nemmeno quello che, seppur parzialmente, hanno fatto la Turchia, il Kazakistan o l’Arabia Saudita”.

La Francia torna a proporre una difesa comune. Era una sua idea, e anche quella di una guida francese…

“Lo ribadisco: all’Europa servono una politica estera e una difesa comuni. E riguardo a quest’ultima la Francia, che detiene l’atomica, ha una responsabilità più grande e una leadership naturale, ma dovrà sbrigarsi, a mettere l’arma nucleare a disposizione dell’Europa, visto l’aumento della spesa militare tedesca”.

Come si esce dal pantano ucraino?

“La vera soluzione, come ho sempre ripetuto, passa da Cina e Stati Uniti“.

E di Putin, appena rieletto con plebiscito, ha timore?

“Oggi c’è da avere timore, ma i rapporti tra Occidente e Russia erano buoni in passato. Personalmente partecipai persino ad un vertice Nato-Russia. Nell’ultimo summit tra Commissione europea e Russia un autorevole giornalista russo chiese quando, e non se, la Russia fosse entrata nell’Unione Europea.

Dobbiamo ricordare le ammonizioni di Kissinger che, esistendo tre potenze nucleari, non è stata una grande idea aver lasciato che due di queste si mettessero insieme”.

L’altro scacchiere è l’Africa. Le piace il piano Mattei?

“Non ne vedo i soldi e non ne vedo la strategia“.

E il recente accordo con l’Egitto?

“Un progetto europeo, intelligentemente cavalcato dalla premier perché utile per le elezioni europee”.

[Suona il telefono, la suoneria è l’Inno alla gioia] A proposito, chi sarà il prossimo o la prossima presidente della Commissione?

“Difficile pronuciarne il cognome. Per il nome è più facile: Ursula“.

Ha nostalgia dei suoi ruoli in Commissione e al Governo?

“Mi piaceva molto. Ma era un’altra età della mia vita”

E ha rimpianti?

“Mi permetto di dire che se fossimo riusciti a portare a casa tutto il nostro programma oggi il Paese sarebbe un po’ diverso”.

Cosa farebbe oggi?

“Lotta all’evasione per raggiungere finalmente l’equità fiscale. Anche di questo il campo largo dovrebbe discutere, dopo casa e sanità. Ma meglio fare un passo alla volta”.

Leggi elettorali: restituire agli elettori la scelta dei politici



Sistemi elettorali – La scelta dei politici restituita agli elettori

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero 

Si parla tanto di crisi della democrazia, una crisi che parte dagli Stati Uniti, ma ormai presente nella maggioranza dei paesi europei. Proprio per le diverse caratteristiche di queste due realtà, anche le cause della crisi sono evidentemente diverse.

Dominante negli Stati Uniti è la spaccatura della società: non solo tra Trump e Biden, ma tra democratici e repubblicani, fra bianchi e neri, fra stabilizzati ed immigrati, fra ricchissimi e poverissimi con lo spiazzamento della classe media, fra abitanti delle coste e quelli dell’America profonda e, perfino, tra laureati e non laureati.

Non sono certo in grado di addentrarmi nei particolari di un’analisi troppo complessa, ma si deve certamente ammettere che anche la democrazia europea soffre di gravi malattie, alcune simili a quella americane come l’aumento delle differenze fra ricchi e poveri, l’indebolimento della classe media e, soprattutto, la crisi del welfare, che sta provocando una crescente fragilità proprio nel settore di cui la democrazia europea era giustamente orgogliosa.

In Europa mancano forse alcune delle tensioni presenti nella società americana, ma il comune atteggiamento anti immigrati è, da entrambi i lati dell’oceano, il principale strumento per una vittoria elettorale, proprio nel momento in cui negli Stati Uniti il copioso flusso di immigrazione (regolare o clandestina) è comunemente ritenuto una delle ragioni del boom economico e la mancanza di manodopera una delle principali cause del pigro andamento dell’economia europea.

In Europa, tuttavia, si aggiunge la moltiplicazione dei partiti e il conseguente prevalere dei governi di coalizione che, nella progressiva diversificazione della società, diventano sempre meno omogenei nei programmi e negli obiettivi.

L’attività dei governi europei si concentra infatti nel continuo sforzo di mediazione all’interno delle coalizioni stesse, una fatica che rende più precaria l’azione dei governi e più breve la loro vita.

Come risultato di questi processi in corso, le fratture della società provocano crescenti tensioni e rendono sempre più difficile l’attività di governo anche negli Stati Uniti, dove il sistema bipartitico aveva costantemente prodotto la formazione di un governo pienamente operativo, anche in presenza dei pesi e dei contrappesi di cui la democrazia americana è sempre stata orgogliosa.

L’impossibilità di raggiungere un accordo sul sostegno all’Ucraina è un chiaro esempio di questa involuzione. In Europa, alle fratture nella società, si aggiunge la tribolata vita delle coalizioni, la fatica nel costruire una strategia politica e la breve vita dei governi. Tutto questo costituisce un pericoloso elemento di debolezza di fronte alla maggiore stabilità e durata dei regimi totalitari.

Il breve periodo di vita dei governi e la limitazione dei loro orizzonti impediscono inoltre di mettere mano alle riforme necessarie alla vita stessa dei sistemi democratici. Essi non possono nemmeno essere fedeli alla tradizionale regola della democrazia secondo la quale nei primi due anni di vita della legislatura si prendono le decisioni impopolari, che però possono esercitare le loro conseguenze positive prima del successivo appuntamento elettorale.



Queste mancanze spingono i cittadini verso un crescente desiderio di autoritarismo, accettando anche una progressiva rinuncia al bilanciamento dei poteri che costituisce il fondamento stesso della democrazia.

Invece di correggere le deviazioni si accettano le regole di sistemi che ottengono una maggiore durata e una maggiore capacità decisionale dei governi, ma che tuttavia, senza un ordinato equilibrio dei poteri, tendono fatalmente verso l’autoritarismo, con le conseguenze che tutto questo provoca. Pensiamo soltanto alla guerra scatenata dalla Russia nei confronti dell’Ucraina. La soluzione deve quindi orientarsi innanzitutto verso l’adozione di riforme delle leggi elettorali perché siano in grado di rimediare, anche se in modo imperfetto, alle deviazioni dei sistemi democratici che abbiamo brevemente elencato in precedenza.

Mentre negli Stati Uniti il rinvigorimento della democrazia deve percorrere la faticosa, ma necessaria strada della ricomposizione della società civile, in Europa – e quindi a maggior ragione nel nostro paese – a questo sempre necessario obiettivo si debbono affiancare provvedimenti capaci di dare stabilità e forza ai governi senza annullare gli equilibri che garantiscono il corretto funzionamento della democrazia.

Governabilità ed equilibrio dei poteri non possono essere raggiunti tramite il dominio dell’esecutivo, ma tramite leggi elettorali capaci di assicurare la necessaria durata dei governi e la loro forza operativa, senza violare gli equilibri e le garanzie necessarie al mantenimento della democrazia. Invece di tutto si discute tranne che di una legge elettorale che restituisca ai cittadini la scelta dei parlamentari, da troppo tempo nominati dall’alto.

Nella situazione italiana penso che il delicato equilibrio fra capacità di governo e protezione dei diritti dei cittadini possa essere garantito non dal “premierato” proposto dall’attuale governo, ma da una semplice legge maggioritaria a doppio turno e collegi uninominali, come fu proposto quasi trent’anni fa nella prima tesi dell’Ulivo.

Nessuno pensa che questo sia un rimedio perfetto, ma è certamente quello che maggiormente riporta la capacità di scelta nelle mani dei cittadini e, nello stesso tempo, rende il governo capace di decidere e di durare.

Non abbiamo bisogno di rischiose rivoluzioni, ma delle correzioni necessarie per fare in modo che gli elettori siano in grado non solo di potere scegliere nel presente, ma di essere sicuri di potere scegliere anche in futuro.

Scampoli di vita romana


Lui:

Daniele Mancini ambasciatore molto noto perché ha rischiato di passare qualche lustro nelle carceri indiane quando ha dovuto gestire la rogna dei due Marò, i marinai che avevano ucciso a fucilate due pescatori indiani del Kerala scambiandoli per pirati.

Lei: 

Annarita Mancini consorte dell'ambasciatore molto nota per il suo talento organizzativo e per avere messo su iniziative che hanno accomunato la presenza degli imprenditori italiani nelle varie sedi diplomatiche in cui operava il marito. A Nuova Delhi siamo stati testimoni di quanto questa giovane signora si adoperasse per dare lustro al lavoro del marito e all'Italia che ne era rappresentata.

 Annarita Mancini per non smentirsi ha voluto organizzare presso lo Hilton hotel, che ormai ha cambiato proprietà diventando un Marriott, un party per festeggiare i suoi anni con amici provenienti da ogni parte del mondo,



Ed anche se può sembrare un po' singolare che il vostro redattore si dedichi a scrivere una nota di plauso per un evento sociale, ci sistemiamo la coscienza professionale affermando che quando ci si trova di fronte a un evento organizzato con grande capacità anche una sottolineatura positiva serve solo a mettere in evidenza il talento delle persone.

Agli oltre 150 ospiti Anna Rita Mancini ha offerto.un concerto diretto dal maestro Hector Ulisses Passarella che ha creato un'orchesttra di musicisti specializzati in bandoneon il cugino della fisarmonica estremamente diffuso in Argentina e Uruguay.

A Buenos Aires abbiamo avuto il privilegio di ascoltare al teatro, Astor Piazzolla un favoloso concerto di tango in sintonia con la musica jazz.

La serata è proseguita con un affresco di antipasti seguiti da una cena a sedere e ovviamente alla fine un' enorme torta. Con la collaborazione di mega colomba e uovo di pasqua.

Un paio di disc jockey hanno tenuto su la serata ricordando vecchi classici della canzone italiana oltre alle nuove sperimentazioni della musica giovanile,

Tutto questo per dire che questo evento che ha fatto ritrovare vecchi amici americani di Washington semi dimenticati da tempo ha confermato il talento organizzativo di Annarita Mancini coadiuvata dal suo sposo, l'ambasciatore Daniele.* 

Un modo simpatico per sfuggire per qualche ora al terrificante traffico romano.

__________________________________________________________________

angelo saracini

to me
bello ciao da Atene
___________________________________________________________________

Una giornata a Salerno


Sabato 16 è stata una giornata bella malgrado il maltempo. Il carissimo e fraterno amico Oscar Bartoli è venuto a Salerno con la cara moglie Franca e il figlio Max. Abbiamo passato delle belle ore insieme. 


L'avvocato Bartoli ha vissuto trent'anni a Washington D.C  dove tra i suoi molteplici incarichi è stato direttore dell'IRI-USA. Ha insegnato per dieci anni alla Luiss e per due anni alla Catholic University di Washington D.C. E tiene ancora un corso di comunicazione nel Master di relazioni Internazionali dello Iulm di Milano. Inoltre da pubblicista collabora con molti media italiani. 


Malgrado il suo immenso curriculum è un uomo dalla modestia esemplare.


Massimo Lavia


 













Nuovi equilibri: il dialogo necessario tra Cina e Occidente



Nuovi equilibri – Il dialogo necessario tra la Cina e l’Occidente


Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 09 marzo 2024

Ogni anno, all’inizio di marzo, il Primo Ministro cinese, di fronte ai tre mila delegati del Congresso Nazionale del Popolo, illustra lo stato di fatto dell’economia nazionale, presentando gli obiettivi per i successivi dodici mesi. In teoria nel discorso di Li Qiang non vi è nulla di sorprendente.

Pur ammettendo che lo sviluppo dell’economia cinese non è ancora solido, ha sostanzialmente ripetuto gli obiettivi dello scorso anno: una crescita del 5%, un deficit del 3% e una spesa militare del 7,2%. Non siamo naturalmente all’altezza dei gloriosi tassi di sviluppo del passato ma, dato il livello di medio reddito raggiunto dalla Cina, si può pensare ad una situazione di sufficiente equilibrio.

Gli elementi di squilibrio sono invece tanti e, sotto molti aspetti, preoccupanti. La crescita si fonda infatti ancora su uno sviluppo delle esportazioni pari al 20,7% del Prodotto Interno Lordo Cinese, il che, data l’enorme dimensione raggiunta dall’economia del paese, produce un surplus di 300 miliardi di dollari nei confronti dell’Europa e quasi altrettanti nei confronti degli Stati Uniti, nonostante i dazi imposti da Trump e confermati da Biden.

Si tratta di un surplus ritenuto politicamente e socialmente insopportabile, che è all’origine dei crescenti malumori politici e delle diffuse tensioni sociali.

Questo disequilibrio è frutto della difficoltà, e comunque della non decisione, di sostituire l’eccesso delle esportazioni con la necessaria crescita del consumo interno. Nonostante la crisi dell’edilizia residenziale e nonostante che l’impressionate processo di investimenti nelle infrastrutture volga sostanzialmente al termine, il tasso di investimento rimane estremamente elevato (intorno al 40% del PIL) mentre i consumi interni si presentano depressi, sia perché sono aumentati i tassi di interesse, ma soprattutto perché, sia pure con il possibile obiettivo di migliorare gli equilibri sociali, vengono tenuti compressi i salari del settore pubblico e varie forme di restrizione della domanda. Bisogna inoltre tenere presente che la scarsa presenza del welfare, induce a risparmiare e non a spendere.

Non bisogna inoltre trascurare il fatto che l’alto livello di disoccupazione giovanile, elemento così nuovo nella vita cinese dell’ultima generazione, induce le famiglie a comportamenti di spesa estremamente prudenti. Di conseguenza i consumi, invece di riequilibrare con la loro crescita l’eccesso delle esportazioni, si mantengono deboli, mentre il tasso di risparmio rimane così elevato da avvicinarsi alla somma del risparmio americano ed europeo messi insieme. Il livello dei prezzi dei consumi interni è quindi continuamente calato ed è ancora in calo, con una conseguente lunga depressione dei mercati finanziari e delle quotazioni delle imprese, che hanno raggiunto livelli minimi rispetto al passato, anche se hanno registrato qualche recente segnale di ripresa.

Non è comunque facile interpretare le ragioni che portano a rallentare la necessaria conversione verso il mercato interno e che, di conseguenza, allarmano i mercati internazionali provocando turbamenti profondi e gravidi di conseguenze.

Basta pensare a quanto è avvenuto nel settore delle energie alternative, con la quasi totale eliminazione dei concorrenti internazionali nella produzione dei pannelli solari e quanto si sta profilando nell’ancora più importante mercato delle auto elettriche e delle batterie.

La battaglia, in questo campo, si presenta di dimensioni ancora più ampie ed aggressive. È sufficiente pensare che, fra i colossi come la BYD e le imprese minori, vi sono in Cina oltre duecento produttori di automobili elettriche, con una potenziale capacità molto superiore a quella di tutto il resto del mondo messo insieme.

Una capacità produttiva che, anche per le limitazioni del mercato interno, sta facendo ogni sforzo per conquistare i mercati internazionali. Se non si aprirà quindi un dialogo fra Stati Uniti, Europa e Cina (come è assai improbabile dato l’attuale quadro politico) inizierà fatalmente una battaglia a colpi di dazi e restrizioni che non gioverà certo agli equilibri e alla crescita dell’economia mondiale.

Il livello di queste barriere dipenderà naturalmente dalla capacità di lobby dei produttori europei su Bruxelles e dalla vittoria di Biden o di Trump a Washington.

Tuttavia il quadro presente, con le differenze dei costi, le dimensioni dei sussidi pubblici e la diversità delle strutture produttive, fa pensare ad una inevitabile e feroce lotta di mercato, a cui si affiancheranno numerosi investimenti per la costruzione di impianti produttivi nei mercati esteri.

Si tratterà di un’inversione rispetto al passato: non più investimenti europei, americani o giapponesi in Cina ma in direzione opposta, per attrarre i quali i paesi europei sono già in forte concorrenza fra di loro.

La strategia dell’export cinese ha cambiato direzione, accentuando la propria attenzione verso i mercati in via di sviluppo che, già negli ultimi mesi, importano beni cinesi in maggior quantità rispetto ai paesi maggiormente sviluppati.

Si tratta di una conversione non sostitutiva, non facile, non breve e assai costosa per le diverse condizioni di mercato e per i diversi livelli dei prezzi ma, soprattutto, costituirà un altro passo in avanti verso l’ulteriore pericolosa divisione del mondo fra, come si suol dire, il West contro il Rest. Una divisione che non giova a nessuno. Sembra però che la Cina e l’Occidente facciano a gara per rendere più difficile una futura costruttiva convivenza nel nostro pianeta.

eiar Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche


 Lea, la zia di Oscar chiamato Lalli perche' quel nome era troppo impegnativo per un bambino, recitava in una filodrammatica ed aveva un grande successo.

Entro' in casa un po' eccitata e disse:

"Domani Lalli viene con me all'Eiar a cantare una canzone che poi sara' trasmessa a suo padre in Africa."

Il regime che controllava tutto aveva deciso di gratificare le truppe impegnate nei diversi fronti facendo ascoltare canzoni cantate dai figli.

Quella di maggiore successo era "Caro Papa'.."

Il giorno successivo Lea, tenendo per mano Oscar-Lalli, si reco' alla sede fiorentina dell'Eiar situata dietro piazza del Duomo in un palazzotto umbertino.

Il poliziotto all'ingresso chiamo' qualcuno al telefono ed apparve una signora molto florida e simpatica che condusse la donna e il ragazzino in uno studio, occupato da un piano a coda, microfoni vari e leggii.

Al piano sedeva un tale che doveva essere persona di riguardo, almeno a giudicare dal tono col quale il tecnico al di la' del vetro gli si rivolgeva.

"Maestro Molinari, speriamo col balilla Oscar di non impiegare due ore come con quello di prima. Che strazio,,,," disse il tecnico.

Il pianista fece cenno a Oscar di avvicinarsi ed impose con un gesto a Lea di mettersi a sedere in fondo allo studio e di stare muta.

"Vuoi fare 'caro papa'?, vediamo in che tono..' Il maestro Molinari comincio' a suonare la melodia della canzone e Oscar senti' che era giusta per lui e provo 'a cantare la prima strofa.

Il Maestro Molinari sorrise e non riusci' a nascondere la sorpresa.

"Balilla Oscar, mi sembra che vada bene. Cantala tutta e tu- rivolto al tecnico al di la' del vetro, prova a iniziare a registrare su disco.."

Oscar-Lalli canto' la canzone.

Caro papà, ti scrivo e la mia mano
quasi mi trema
lo comprendi tu
Son tanti giorni che mi sei lontano
e dove vivi non lo dici più
Le lacrime che bagnano il mio viso
Son lacrime d'orgoglio, credi a me
Ti vedo che dischiudi un bel sorriso
E il tuo balilla stringi in braccio a te

https://lyricstranslate.com

"Maestro Molinari, disse il tecnico su di giri, buona la prima, mi sembra vada bene. Giudichi lei. Gliela rimando in studio...."

Un effetto strano riascoltare la propria voce per il balilla Oscar. E non e' che gli piacesse troppo.

Il Maestro Molinari non riusciva a nascondere la sua soddisfazione per il risultato di quella audizione.

"Adesso, disse rivolto alla zia Lea, questo disco lo riversiamo a Roma e poi manderanno al padre del balilla un telegramma con tutte le indicazioni su quando sara' effettuato il collegamento con l'Africa."

Poi accarezzando la testa di Oscar-Lalli " Hai una bella voce, sei intonato...continua a studiare.."

___________________________________________________________________

Il tenente Sergio Bartoli era impegnato nel sistemare la Guzzi 500 cin la quale avrebbe dovuto percorrere piu' di trenta chilometri su una pista per raggiungere il presidio delle autoblindo dove  avrebbe ascoltato suo figlio cantare sul grande ricevitore dell'esercito. Almeno stando a tutte le indicazioni che gli avevano mandato via telegrafo.

Si mise sulle spalle una tanica di benzina, verifico' di avere preso una gomma di ricambio, con camera d'aria, colla, pompa e tutto il resto, la borraccia piena di acqua e si mise in moto affrontando la pista del deserto.

Raggiunse il presidio dopo alcune ore ma si rese conto di una strana atmosfera.....chi lo accoglieva era come imbarazzato.

Alla fine un sergente maggiore gli disse: " Signor tenente, mi dispiace doverle dire che il collegamento radio con l'Italia non e' possibile, perche' il ricevitore si e' guastato.."

Il tenente Bartoli riprese la strada del ritorno con la sua Guzzi 500 per raggiungere il gruppo di autoblindo che comandava e che il giorno dopo sarebbe stato l'obiettivo degli aerei inglesi.

__________________________________________________________________________

Dopo due mesi arrivo' in Borgo Pinti una lettera tutta gualcita.

"Caro Lallino- ho cercato di andare a sentirti cantare, ma avevano rotto il ricevitore. Non c'e' da meravigliarsi se stiamo perdendo la guerra.

Gli inglesi mi hanno fanno prigioniero e poi mi hanno passato ai francesi che non sono proprio cordiali.

Spero che stiate bene, nonostante i bombardamenti su Firenze.

Vi penso molto.

Che dio ci protegga.

Sergio

_______________________________________________________________

Complimenti Lalli-Oscar-Balilla 👏🏻

Buon mese di marzo!
Fiorenza 
Inviato da iPhone
_____________________________________________________________________

Allora era destino! Doppio destino: non solo perchè hai sempre una voce così bella; ma perché, pur non essendoci più i balilla, però sembrano tornati quelli con l’Orbace (solo che lo tengono ancora nell’armadio)

Un abbraccio!

Sandro

_____________________________________________________________


 Grazie di questa pagina intima e storica insieme! Una memoria preziosa che ci racconta più di tante parole …

Per le ha un valore speciale perché mio  papa’ ,Beppe Costa , dopo la guerra entro’  a Radio Firenze ( con intellettuali e personalità come Gomez, Piccioni , e altri ) e poi quando nacque la televisione fu tra quei pionieri arruolati  da Sergio Pugliese tra i dipendenti delle sedi Rai di Firenze e di Torino . Per questo nel 1950 i miei genitori si trasferiranno a a Roma da Firenze dove ero nata   nel giugno 49 !
E di quei tempi fiorentini e romani ho tanti racconti …
Un caro saluto
Silvia 


Sfida digitale: la via italiana per l’IA e il divario da colmare


Sfida globale – La via italiana per l’IA e il divario da colmare


Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero

Non sono un esperto di intelligenza artificiale, così come non sono un esperto di energia elettrica. Ciò non toglie che nella mia non breve vita mi sia reso conto di quanto l’elettricità abbia rivoluzionato non solo il modo di produrre, ma il funzionamento dell’intero pianeta.

Mi suscita quindi una certa impressione leggere che i veri esperti amano tracciare un parallelo fra le due rivoluzioni. Questo perché anche l’intelligenza artificiale è in grado di incidere in profondità nella nostra vita privata, nell’economia e nella stessa organizzazione della società.

L’impressionante mole di informazioni che riesce a raccogliere e ad organizzare tocca tutti i possibili settori: dall’industria alla scuola, dalla ricerca al credito, dal commercio alla santità, fino alle telecomunicazioni.

Quando nello scorso anno l’IA è divenuta nota al largo pubblico, ho immediatamente pensato che avrebbe reso inutile la compilazione delle tesi di laurea dato che è in grado di raccogliere e mettere in ordine i necessari elementi di conoscenza in un istante, mentre un laureando deve impiegare mesi di lavoro.

Tuttavia solo gli esperti erano a conoscenza che essa stava già rivoluzionando la scienza medica producendo progressi con una rapidità senza precedenti nella cura dei tumori e che era già largamente adottata non solo da Amazon per ottimizzare l’approvvigionamento dei beni da consegnare o da Airbnb per le prenotazioni alberghiere, ma già da innumerevoli imprese per ottimizzare i sistemi produttivi e distributivi. Ed anche dalle Pubbliche Amministrazioni per mettere ordine alla mole dei dati in loro possesso.

La rivoluzione dell’IA ha ora cominciato a diffondersi con una velocità e una pervasività infinitamente superiore a quella dell’elettricità. I protagonisti di questa rivoluzione sono naturalmente i giganti della rete, a cominciare dai colossi americani, due dei quali (Microsoft e Apple) hanno una capitalizzazione di borsa che supera largamente l’intero PIL italiano.

Nel mondo sono ormai più di 40.000 le imprese specializzate nell’IA: metà negli Stati Uniti, un 20% fra Gran Bretagna, Francia e Germania e il resto sparso per tutto il pianeta, con una presenza trascurabile nel nostro paese.

A questo proposito, proseguendo nel pur improprio parallelo fra elettricità e intelligenza artificiale, non può non venirmi in mente la centrale termoelettrica di Santa Redegonda, costruita nel 1883 a poche decine di metri dal Duomo di Milano.

Non è possibile dimenticarla perché era la seconda al mondo e la prima in Europa. Nell’IA, invece, occupiamo un ruolo assolutamente trascurabile anche nei confronti degli altri grandi paesi europei, che operano con una duplice strategia: attrarre gli investimenti americani e sviluppare in parallelo un know how nazionale.

Proprio negli scorsi giorni Microsoft ha deciso di investire 3,2 miliardi di dollari in Germania e, nel contempo, il governo tedesco ha presentato un progetto di sviluppo di una rete nazionale del settore.

In Francia Google ha formato 8.000 esperti e nei giorni scorsi ha inaugurato, con la presenza di mezzo governo, un centro di ricerca con oltre 300 ingegneri e ricercatori. L’obiettivo, esplicitato da tutti i politici presenti, è di fare di Parigi il grande centro di riferimento per l’IA europea.

Un centro che affianca a Google la presenza dell’IBM, della Samsung e della Fujitsu e che si propone di organizzare attorno ad esso grandi scuole di specializzazione, la formazione di ricercatori e lo sviluppo di start up.

E, quello che più conta, insieme al rapporto con i colossi internazionali, viene spinto l’uso dell’open source come strumento di maggiore libertà e autonomia. A questo si affianca l’obiettivo di formare 100.000 professionisti abili nell’uso dell’intelligenza artificiale, obiettivo che più di ogni altro contribuisce ad aumentare la produttività dell’intero sistema paese.

In Italia non si sta facendo né una cosa né l’altra. Abbiamo corteggiato Musk, ma non è servito a nulla. A differenza dei nostri partner, nei confronti della tecnologia abbiamo un atteggiamento da meri consumatori, non un’ambizione da produttori.

Il cloud della PA, anche quello che si potrebbe acquisire in open source da fornitori nazionali, è affidato a Google e, per proseguire con esempi concreti, la posta elettronica della maggior parte delle Università è stata recentemente delegata a Microsoft, senza che attorno ad esse vengano sviluppate istituzioni simili a quelle francesi. Anche nell’IA, quindi, i grandi leader mondiali agiscono in Italia sostanzialmente come semplici venditori.

Abbiamo certamente iniziative di grande interesse, soprattutto nelle biotecnologie, ma nulla portato a livello di sistema. Eppure già nel 2017 era stata presentata una proposta di legge come “Delega al Governo per la disciplina e lo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale” (proposta di Stefano Quintarelli) nella quale si proponeva una strategia per preparare l’Italia ad avere, se non una poltrona, almeno uno strapuntino nel grande treno dell’IA.

Già da allora si prospettava infatti la necessità di istituire presso la Presidenza del Consiglio un comitato permanente per costruire una via italiana all’IA, promuovendo, con le necessarie risorse, la formazione e l’attrazione di nuovi talenti, incentivando la nascita di start up, promuovendo l’uso dell’IA nella Pubblica Amministrazione e, soprattutto, nelle Piccole e Medie Imprese che non potranno nemmeno vivere senza usufruire delle prospettive che solo l’IA può offrire.

Un compito che l’Italia può oggi perseguire con maggiori possibilità di successo utilizzando l’enorme capacità di calcolo già installata nel progetto Leonardo.

Agendo in questa direzione non arriveremo probabilmente al primato europeo dell’antica Santa Redegonda, ma potremo almeno illuminarci abbondantemente con la nuova elettricità.