Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 15 giugno 2024
Si può davvero dire che, nelle elezioni europee, non è successo nulla e, nello stesso tempo, che è successo di tutto.
Nulla leggendo i risultati complessivi perché si è riconfermata la maggioranza Ursula che, con Popolari, Socialisti e Liberali, raggiunge i 406 eletti su un Parlamento composto da 720 componenti. Vi è stato certo un progresso dei partiti antieuropei di estrema destra, ma inferiore alle previsioni. Inoltre il migliore andamento relativo del partito a cui appartiene l’attuale presidente della Commissione rende, almeno in teoria, più probabile la sua rielezione rispetto a una settimana fa.
Il vero terremoto è originato dalla decisione del Presidente francese di indire subito nuove elezioni, nella speranza di cambiare la maggioranza di estrema destra espressa dalle urne europee.
Si tratta di una sfida perlomeno azzardata, dato che non sarà certo facile rovesciare a distanza di poche settimane l’esito e il senso di un voto popolare che, in qualsiasi modo lo si voglia interpretare, ha manifestato una diffusa sfiducia della Francia profonda nei confronti di Macron. Anche perché alla decisione, improvvisa e solitaria, di indire subito nuove elezioni si sono opposte frange non trascurabili delle forze politiche che dovrebbero appoggiare il Presidente nel ballottaggio finale contro Marine Le Pen.
Tuttavia, riguardo alla Presidenza della Commissione, le chances della von der Leyen sono, come si accennava in precedenza, più elevate del previsto. Nel Consiglio Europeo, che deve designare il candidato alla presidenza della Commissione, i rappresentanti del Partito Popolare sono infatti cresciuti, anche se il voto segreto nel Parlamento, unito alle recenti manifestazioni di insoddisfazione nei suoi confronti, le rendono necessario cercare supporti ulteriori rispetto alla coalizione che ufficialmente la sostiene. Esistono però veti incrociati, in conseguenza dei quali la sinistra non è disposta a sostenere la von der Leyen qualora accettasse voti dall’estrema destra, e viceversa. La mancanza di coalizioni alternative, emersa dalle elezioni, lascia pensare che un compromesso si troverà, anche se si tratta sempre di un compromesso che renderà meno facile mettere in calendario le grandi scelte necessarie al futuro dell’Europa.
Per questo motivo l’inattesa decisione di Macron di indire immediate elezioni appare un gioco azzardato, anche se frutto della speranza che, di fronte a uno scontro diretto con l’estrema destra, la maggioranza dei francesi ritorni a sostenere le forze politiche più tradizionali.
Ipotesi non facile da verificarsi non solo per la brevità dell’intervallo che ricorre fra le recenti elezioni europee e le prossime elezioni francesi, ma anche perché il voto all’estrema destra è, in parte non certo trascurabile, effetto di un’inquietudine ed un’insicurezza che spingono i cittadini di tutti i paesi democratici, e quindi non solo i francesi, a cercare rifugio in un’indefinita ed indefinibile autorità che li protegga. Un’inquietudine e un’insicurezza che difficilmente si cancelleranno in poche settimane.
La Presidente del Consiglio si è infatti preparata ad assumere una posizione che, in modo scientifico anche se con un po’ di ironia, possiamo definire “ambidestra.” Di destra di sicuro ma che, a seconda dei negoziati che si apriranno, potrà appoggiare, da destra, la coalizione Ursula o potrà invece schierarsi, sempre da destra, con i suoi tradizionali alleati, molto critici di fronte al progetto europeo.
Per lunghi mesi infatti la Presidente Meloni ha mostrato una crescente vicinanza con le posizioni politiche di Ursula von der Leyen salvo poi, nelle settimane immediatamente precedenti alle elezioni, partecipare attivamente, come capo partito insieme ai suoi antichi alleati, al coro ostile nei confronti dell’Unione Europea organizzato dalla spagnola Vox. Una libertà di azione che può essere tatticamente utile, anche se è bene ricordare che, così come non vi può essere un’Europa senza l’Italia, non vi può nemmeno essere un’Italia senza l’Europa.
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