Arrivato a Roma con il volo 966 della United (regolarmente strapieno alla faccia dei dirigenti Alitalia che per anni hanno sempre negato la possibilita' di effettuare un volo diretto tra la Capitale degli Stati Uniti e Roma) ho preso un Freccia Rossa, il famoso treno italiano.
Mi trovo alla stazione Termini. Devo fare biglietto e prenotazione e, nonostante il suggerimento di mio figlio che mi dice di andare ad un totem elettronico, ho la cattiva idea di infilarmi in una lunga fila fuori della biglietteria dei treni Freccia Rossa. Molti gli stranieri, russi, arabi chiaramente residenti in Italia. Quasi nessun turista. Un solo impiegato amministra i clienti. Gli altri colleghi sono in pausa pranzo che, specialmente a Roma, e' sacra e deve essere rispettata a norma sindacale. E chissenefrega se ci sono cento persone che attendono di fare il biglietto. Passa il tempo e la speranza di prendere il Freccia Rossa delle 13:15 svanisce ben presto. Sono ormai le 13:30, alcuni impiegati rientrano al posto di lavoro e finalmente e' il mio turno. Attesa che il convoglio in partenza alle 14:15 arrivi al binario e salgo nello scompartimento di prima classe. Deo assolvere ad una emergenza idraulica e mi avvio alla toilette. Mancano i fazzoletti di carta, il distributore del sapone non funziona, la tazza e' sporca.
Stiamo per partire e un messaggio registrato assicura che nel treno c'e' un 'assistente' con il compito di effettuare la manutenzione dei servizi al quale ci si puo' rivolgere.
Partiamo mentre gli altoparlanti della Stazione Termini diffondono l'annuncio che il Freccia Rossa che doveva partire alle 13:15 ha un ritardo di 45 minuti perche' si e' rotto il locomotore.
Arriviamo a Milano in perfetto orario ale 17:45 dopo la sosta a Firenze e Bologna.
Peccati venialidi un servizio pagato a caro prezzo: andata e ritorno 228 euro. Sempre meno che negli Stati Uniti.
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