Caro Bartoli,
la leggo spesso sul suo blog: appena scrive una nuova lettera, ecco che mi arriva il messaggio in casella !
Arrivederci Roma ! ottima !
Sono d'accordo quasi su tutto e mi piacerebbe argomentare sul resto ...
Purtroppo faccio parte di quella fetta di paese che, non rubando e non dedicandosi alla politica (che ci sia qualche collegamento...?) lavora anche sabato e Domenica per tirare avanti una bella famiglia con 3 figli (22-22-15).
Quindi, prima di iniziare un pomeriggio di lavoro domenicale mi concedo qualche minuto ...
Cittadino dello stivale mi rendo perfettamente conto di dove sto scivolando ...
56 anni, professionista, agricoltore, velista, ex-assistente al Politecnico di Milano, cacciatore di montagna, guardia venatoria volontaria, liberale ante-grande-guerra, credente-praticante ... romantico (?) ...
Realista per costituzione e lavoro (ingegnere), sono abituato a guardare ai problemi cercandone curiosamente le cause per arrivare, partendo da quelle, a possibili soluzioni.
Provo a sintetizzare alcuni dei miei molti pensieri e ... per evitare innumerevoli "a mio avviso" premetto, una volta per tutte, che quanto scrivo di seguito non è che il mio, opinabile, personalissimo, punto di vista.
Lei ha perfettamente descritto la nostra situazione quotidiana : il furbismo impera, la meritocrazia non è che un lontano ricordo, l'imprenditoria e la fantasia che hanno fatto rinascere l'italia del dopoguerra merce solo "per esportazione", il senso civico è vissuto (soprattutto dai giovani!) come un handicap che ti preclude carriera, successo, ecc.
L'egoismo dilaga a tutti i livelli : sentendo mancare lo Stato l'italiano coltiva il suo orticello e lo difende al meglio.
In un editoriale di oltre 25 anni fa Giorgio Bocca (che non è il mio giornalista preferito ...) scriveva: "Ho perduto la speranza perché ho capito che l'Italiano nasce suddito e non cittadino!".
Qui è la radice del problema ...
Il senso civico non si crea "per Decreto" ma è la conseguenza di una scelta sociale: un gruppo di persone giunge alla convinzione che per vivere meglio è giusto darsi e rispettare regole.
Per giungere a questa maturazione la storia propone molte strade, tutte più o meno impervie e traumatiche, tutte caratterizzate dal denominatore comune di un lasso di tempo sufficientemente lungo perché il processo nasca e si compia.
E questo perché è necessario che la generazione (le generazioni ...?) che compie la scelta riesca a radicarla, progressivamente, nella generazione seguente e così via, EDUCANDO PRIMA e chiedendo poi che il processo non si arresti.
Non riesco a vedere un sostanziale disaccoppiamento tra senso civico e senso di appartenenza ad uno Stato.
Non uso volutamente la parola nazionalismo perché la sua accezione deteriore ha portato alle catastrofi che conosciamo MA se la scelta del "gruppo" di darsi delle regole e seguirle, è finalizzata ad una migliore qualità di vita globale che non preveda prevaricazione di altri, quando il "gruppo" coincide con una popolazione ed un preciso territorio, con una "Nazione", è evidente che nasce una sorta di coscienza Nazionale e quindi un sentimento di tutela di tale identità.
E' un sentimento che, se misurato, se non scivola nella chiusura verso il prossimo, se è aperto all'integrazione di chi vuole entrare a fare parte della Nazione, se pretende dagli estranei al "gruppo" il rispetto delle regole che sono state fissate, è quanto di più auspicabile possa verificarsi.
E' il sentimento che dovrebbe ragionevolmente albergare nei cittadini; l'applicazione di questi semplici concetti potrebbe essere alla base della soluzione delle problematiche attuali legate ai flussi migratori ... ma le cose semplici non sono fatte per la politica !
Purtroppo gli italiani sono poco cittadini: lo sono, paradossalmente, molto di più quando vanno all'estero, quando l'isolamento e la nostalgia fanno loro ricordare un paese bellissimo, quando il confronto con altri popoli che li ospitano fa loro sentire struggente la mancanza di ciò che una bandiera dovrebbe rappresentare.
Ecco perché mi commuovo quando vedo sventolare un tricolore ... sempre.
Adesso ci stiamo "facendo in quattro" per festeggiare (?) i 150 anni dell'unità d'Italia ...
Nessuno ha il coraggio di raccontare a questo paese smarrito che forse ci sarebbe più bisogno di rigore che di festeggiamenti !
Nessuno va a dire che i consumi complessivi di Energia Elettrica dei primi tre mesi del 2011 fanno registrare tre segni negativi con punta del -2,2% ( e il consumo di EE è strettametne legato al PIL ...).
Nessuno ricorda che ogni nascituro ha sul capo €.50.000,00 di debito pubblico ...
Ecc.
Politici di vario livello e di tutte le colorazioni evocano momenti e ideali del passato strumentalizzandoli, tragicomicamente, ciascuno per il proprio tornaconto.
Ma i problemi non stanno nella mancanza di memoria o stortura della storia Patria (anche se non la si fa più studiare e non la si conosce più) !
I nostri veri problemi di oggi affondano le radici in una guerra perduta ed in una guerra civile che non è ancora finita.
Gli italiani sono ancora divisi in due fazioni: quelli che sostengono di aver vinto la guerra e quelli che dovrebbero averla persa.
Uno dei "bachi" sta lì: la realtà è che non ci sono due Italie, ce n'è una sola e quella, la guerra, l'ha persa.
Se si fosse partiti da lì, si fossero contati i danni, verificate le risorse, archiviate le faide, fatta giustizia (da entrambe le parti e ce ne sarebbe stato bisogno ...) e rimboccate le maniche, avremmo raccolto tutte le energie di una nazione verso un solo obiettivo: ricostruire.
Invece di "chiudere" una guerra civile con pragmatismo, salvando lo Stato (cosa ha fatto la Germania ?), facendo autocritica costruttiva (per cancellare un ventennio sono stati scientemente cancellati i soli cent'anni di storia unitaria che precedevano) la fazione cosiddetta "vincitrice", con alcuni complici ..., ha scelto semplicemente di azzerare tutto quanto era esistito fino ad allora, per costruire una nuova società di stampo socialista.
Non essendo poi riuscito il progetto, ma non essendoci dall'altra parte Uomini capaci di scelte magari impopolari ma oneste e coerenti, si è rimasti a vivacchiare a metà del guado inaugurando la sciagurata stagione della ricerca del consenso e dei compromessi (più o meno storici).
La classe politica ha chiuso gli occhi sulle reali necessità del paese ed ha assunto quella condotta ondivaga i cui deleteri frutti oggi raccogliamo a piene mani.
Non è stata fatta una politica industriale di lungo respiro, non si sono curate le reali risorse del paese, non si è programmato e si è improvvisato .
A tutti i livelli si è operato per convenienza: di partito, di lobby, di settore industriale, di fazione, di privato ... (una su tutte: chissà perchè l'Italia è ancora sprovvista di una dorsale ferroviaria a carattere commerciale mentre si è sempre avvantaggiato il trasporto su gomma).
Al popolo è stata data l'informazione al momento "più opportuna" ... fino alla deriva attuale .
In questo stato di cose, ricordando Platone, mentre coppieri improvvidi continuano a versare vino al popolo, nasce e si sviluppa la tirannide.
E' già avvenuto in passato; in larga misura ne viviamo oggi una sorta di ripetizione in versione ... oligarchica.
E' vero, dovremmo (o dovremo ...), riconquistarci lo Stato, ma chi?
In Italia non si riesce ad entrare in politica restando immacolati !
Per essere eletti si deve scendere a compromessi e quindi, o si rinuncia (esperienza personale, nulla di eclatante !), oppure si accetta la trattativa ma poi, non si è più liberi di agire onestamente.
I migliori, quelli che hanno capacità, fantasia, voglia di fare, I GIOVANI (!), vengono frustrati realmente o psicologicamente (fa differenza?) al punto da abbandonare un paese che non consente di raccogliere il sudore della propria fronte ancor prima di averci provato.
Una rivoluzione, anche se pacifica (è di questo che stiamo parlando ...) deve avere basi culturali sulle quali radicarsi, alti ideali comuni verso i quali tendere.
Saranno i campioni del Grande Fratello che guideranno le schiere dei "nuovi cittadini" sulle barricate, anche se solo immaginarie?
Oppure saranno le nuove Marianne di Arcore? (magari potrebbero avrebbero un certo seguito maschile ...)
E' vero, come Lei scrive , che "da un popolo di anziani non si può pretendere che schizzi fuori l'energia per cambiare" ma, mi creda, ci sono ben poche energie giovani, oggi, disposte a lavorare e a sacrificarsi per degli ideali comuni e per avere uno STATO!
Al primo colloquio di lavoro il candidato "standard" è più interessato a sapere quale sarà il suo orario di lavoro, i suoi giorni di ferie, la sua retribuzione ... che nemmeno cosa dovrà fare, cosa potrà imparare, quali prospettive di arricchimento culturale e tecnico la ditta gli può riservare, quali progetti hanno su di lui ...
Fosse un movimento per rimettere insieme la nazionale di calcio avrei più speranze ...
Vengo dalla campagna e pur vivendo in città, la frequento ancora: quanta saggezza minuta è stata insipientemente distrutta, quale patrimonio culturale è stato sperperato !
Quante possibilità sono state precluse, in questo ormai simulacro di Nazione, alle giovani generazioni che si affacciano oggi alla ribalta del mondo.
Però, pur disilluso, coltivo il seme: educando i miei figli, continuo a "battere" sul trinomio Mazziniano perché ... per me non può essere che così, perché non riesco ad arrendermi, anche se so che, almeno per la mia generazione, questa è una battaglia è perduta.
Continuo per coerenza a seminare testimonianze di civismo ma, mi creda: in questa Italia è l'equivalente di una cura omeopatica per un malato terminale.
Ci vuole ben altro !
Volevo scrivere pochi minuti e invece ...
La sua cassa di risonanza è certamente molto più importante della mia: continui a denunciare la positività dell'italianità e l'insipienza di chi ci governa.
Il mondo corre veloce e chissà che la Provvidenza si dedichi un po' a noi ... certo che a quel punto, dovrà trascurare gran parte del resto del mondo!
Con simpatia
Cordiali saluti
G. della Volta
No comments:
Post a Comment