La legge Tremaglia, n.459 del 2001, suscitò grande “speranza” negli italiani nel mondo, ma alla luce dei fatti e’ stata una cocente “delusione”. Questo perche’, contro ogni logica, la legge non ha tenuto conto del fatto che il compito del Parlamento italiano e’ quello di fare leggi a favore dell’“interesse generale” nazionale. Di conseguenza, i parlamentari eletti nelle quattro circoscrizioni estere “non rappresentano” chi li ha votati in quanto soggetti, esclusivamente, all’”interesse generale” del Paese. Cosi’ com’e’ la legge del voto degli italiani nel mondo e’ una “barzelletta”. E’ stata una “commedia” costosa di cui hanno “beneficiato” (lautamente) soltanto “diciotto” persone, quelle che hanno vinto la “lotteria” delle votazioni. Lo si può affermare senza essere smentiti. I 18 “magnifici” hanno “brillato” per non essere riusciti ad ottenere neppure “un solo” provvedimento a favore della comunità italiana nel mondo. Non sono neppure riusciti ad “impedire” o mitigare i tagli finanziari adottati dal governo, ovviamente esclusi quelli che era giusto tagliare per essere delle vere e proprie “truffe” tollerate dai governi di sinistra. Non bisogna continuare a fare gli “struzzi” e non vedere che nelle due elezioni estere (2006 e 2008) ha votato soltanto il 39% degli aventi diritto. E’ anche accaduto che una parte consistente di questa percentuale e’ stata “pilotata” da certi “organismi” politicizzati della sinistra e che numerosi sono stati i “brogli”, bipartisan, che hanno reso “ridicola” ed “illegale” la votazione. La bassa percentuale dei votanti ha ampiamente dimostrato che solo una “piccola percentuale”, degli italiani residenti all’estero, e’ interessata alle vicende politiche italiane. E questo non e’ un particolare trascurabile. Quasi nessuno degli italiani nel mondo conosce il nome del Presidente della Repubblica. Soltanto per le note vicende “scandalistiche” (diffuse all’estero da alcuni giornali italiani per danneggiarlo, ma che, in effetti, ha danneggiato l’Italia), molti conoscono Silvio Berlusconi, ma pochissimi sanno che e’ il primo ministro. Vista la profonda “ignoranza” delle cose italiane, non e’ giusto che a decidere per gli “interessi nazionali” sia qualcuno all’oscuro dei problemi politici, economici e sociali dell’Italia. D’altra parte, pero’, e’ pur vero che gli italiani nel mondo (circa 4 milioni) in possesso del passaporto italiano, sono cittadini italiani a tutti gli effetti e che, secondo la Costituzione, anche loro hanno diritto al voto. Veramente e’ stato sempre possibile votare, soltanto che, chi risiedeva all’estero, poteva farlo se rientrava in Italia per eleggere candidati presenti nelle liste della circoscrizione in cui era iscritto. Per far si che gli italiani nel mondo potessero esercitare il loro diritto costituzionale di votare, senza rientrare in Italia, sarebbe stata sufficiente una legge che permetteva loro, se iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiana Residenti Estero), di votare per posta per uno dei candidati nelle liste della loro ultima circoscrizione di residenza in Italia. Invece Tremaglia ha voluto “strafare”. E’ riuscito a far modificare la Costituzione per istituire quattro circoscrizioni estere per eleggere 12 deputati e 6 senatori. Probabilmente le intenzioni del “buon” Tremaglia andavano oltre al solo diritto di voto, voleva anche che la sua legge permettesse l’applicazione dell’art.35 della Costituzione: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero”. Chi delle vecchie generazioni (ma anche quelle nuove) di emigranti hanno visto applicato questo articolo della Costituzione? Lo Stato italiano avrebbe dovuto “curare” la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori all’estero, “promuovendo” e “favorendo” gli accordi con le organizzazioni internazionali per “salvaguardare” i diritti dei lavoratori italiani. Non e’ mai accaduto niente di tutto questo. Tutti sappiamo invece come sono andate le cose. La “tutela” del lavoratore all’estero e’ stata lasciata esclusivamente nelle mani dei “patronati” che altro non sono le “filiali” dei maggiori sindacati italiani. Non e’ mai capitato che un “patronato” abbia “tutelato” il lavoratore italiano all’estero. Anche oggi la situazione non e’ cambiata affatto, il lavoratore italiano all’estero trova ancora difficoltà ad individuare quegli enti italiani che dovrebbero “tutelarlo” nel lavoro. Gli eletti all’estero, per giustificare la loro presenza in Parlamento, “almeno” avrebbero dovuto impegnarsi per l’applicazione dell’art. 35 della Costituzione per il fatto che, la “tutela” dei lavoratori italiani all’estero, e’ senz’altro “interesse nazionale”. Purtroppo gli italiani nel mondo continuano ad essere “figli di un Dio minore” abbandonati da tutti e, prima di tutto, dai 18 che gli hanno “carpito” il voto per farsi esclusivamente i “casi propri”. Sappiamo dei loro “lauti” stipendi con annessi benefici e della loro “cospicua” ed “immeritata” pensione, ma e’ un “mistero” come abbiano trascorso il loro tempo in questi ultimi “cinque anni”. Ogni parlamentare costa al contribuente piu’ di 200mila euro all’anno: totale costo annuo dei 18 e’ di 3milioni e 600mila, conseguentemente, per cinque anni il costo e’ di 18milioni. Con quali risultati? ZERO. Solo interrogazioni, proposte e “chiacchiericcio” e viaggiare in giro per il mondo in “missione”. Piu’ che essere dei “missionari” i 18 da cinque anni sono in “vacanza” e, per giunta, retribuita. Eppure per farsi eleggere ne hanno raccontate di “balle” e fatte di promesse, come la riacquisizione della cittadinanza italiana. Sapevano benissimo che nessun governo avrebbe mai approvato una legge a tale scopo. E l’eliminazione degli “indebiti” pensionistici? Un’altra vergognosa “presa per i fondelli” dei pensionati. E’ la prova provata che gli eletti all’estero, tranne a se stessi, non sono serviti ne’ per fare l’”interesse nazionale”, ne’, tanto meno, quello degli italiani all’estero. Hanno fallito nel loro compito anche i COMITES (Comitati italiani all’estero, 136 in tutto il mondo) ed il CGIE (Comitato generale italiani all’estero). Dopo ben vent’anni di attività (si fa per dire), questi “organismi”, sconosciuti al 99% degli italiani, ma che si “spacciano” per “rappresentativi” della comunità italiana all’estero, hanno “abbondantemente” dimostrato di non essere stati all’altezza di assolvere al mandato per cui furono istituiti. In piu’ hanno “sperperato” quasi 100 milioni di euro principalmente per far girare il mondo ai propri componenti “confortevolmente” alloggiandoli negli alberghi piu’ esclusivi, incassando anche una “diaria”. L’Italia, nonostante tutto, e’ ancora tra i sette Paesi piu’ industrializzati nel mondo, ed ha “necessariamente” necessità di far affidamento su una qualificata “rappresentanza” all’estero per mantenere, efficientemente, i contatti con la grande comunità italiana nel mondo, molto bene inserita in tutti i Paesi in cui si e’ stabilita. E’ consapevolezza generale che la comunità italiana nel mondo rappresenta una grande “opportunita’” per l’Italia. Per l’”interesse nazionale” e’ assolutamente necessario costruire, finalmente, quel famoso “ponte”, di cui si parla da lungo tempo, per stimolare maggiormente l’esportazione dei prodotti italiani, favorire le joint venture e promuovere il turismo. Se, da fatti reali, i parlamentari eletti all’estero, i COMITES ed il CGIE sono stati dei “fallimenti”, cosa dovrebbe fare lo Stato perche’ il “ponte” venga costruito per favorire il progresso italiano in Italia e all’estero per l’”interesse nazionale”? Se la riforma parlamentare (quando e se si farà) non cancellerà l’elezione dei 18 parlamentari esteri, gli stessi dovrebbero essere selezionati con un nuovo criterio. Non piu’ come “rappresentanti” dei partiti politici, ma per i loro requisiti che garantiscano “alta professionalità” per avere maturato una profonda conoscenza politica/sociale/amministrativa. Ad esempio, potrebbero essere scelti tra coloro che hanno ricoperto ruoli nel Parlamento dei loro Paesi di residenza. La loro esperienza favorirebbe “proficuamente” la collaborazione tra l’Italia ed il loro Paese adottivo. Ma la soluzione “ottimale” e’ di cancellare i 18 eletti all’estero, i COMITES ed il CGIE. Lo Stato italiano, nei Paesi dove esiste una buona rappresentanza di italiani, dovrebbe favorire la costituzione di “comitati esecutivi” con poteri “decisionali” formati, “esclusivamente”, da professionisti altamente competenti per la loro esperienza maturata nel campo economico, sociale e culturale ecc. E’ risaputo che le problematiche sono assai diverse e variegate da nazione a nazione ed anche da regione a regione dello stesso Paese. Il compito dei “comitati esecutivi” starebbe nell’individuare i problemi “specifici” ed evidenziare le opportunita’ (commerciali, industriali, culturali ecc.) nella loro area di gestione, sviluppare progetti e fare decisioni per sottoporle “direttamente” al ministro competente. Il finanziamento di tali “comitati esecutivi” sarà molto inferiore del costo globale dei 18 eletti all’estero e dei “carrozzoni” inutili come hanno dimostrato di essere i COMITES ed il CGIE. Seppure il costo fosse identico, i risultati che si otterrebbero saranno “concreti”, per l’assoluta assenza del gioco della “contrapposizione politica”, un vero “cancro”, che ha sempre bloccato ogni buona iniziativa se proposta dall’avversario. L’“unico” obbiettivo sarà quello di favorire l’“interesse nazionale” che comprende, ovviamente, anche quello degli italiani nel mondo.
Giampiero Pallotta
SYDNEY (Australia)
www.itamondo.blogspot.com
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