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Serve un patto tra Paesi latini



Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 22 aprile 2012

L’austerita’ procede sovrana in Europa ma le speculazioni contro i titoli pubblici continuano e i mercati finanziari sono sempre più deboli e volatili.

Le cose vanno avanti così da troppo tempo, anche se i paesi sotto processo hanno fatto e stanno  facendo i compiti a casa come era stato a loro prescritto.

La Grecia è da tre anni in piena recessione: una recessione da fame. La Spagna, pur faticando a mantenere sotto controllo i bilanci regionali, cammina nella giusta direzione. L’Italia, anche se non arriverà al formale pareggio il prossimo anno, cammina verso l’equilibrio alla massima velocità possibile.

Tutto questo era necessario, ma il risultato è una bella recessione che vede un profondo segno meno nella crescita di tutti i paesi periferici europei, mentre la Germania, nonostante il boom delle sue esportazioni, si mantiene in un area poco superiore allo zero.

Insomma chi deve tirare la cinghia lo fa ma chi deve trascinare la ripresa si rifiuta di fare da locomotiva. Eppure anche in Germania si intravedono sostanziali cambiamenti. La comunità degli affari tedesca è infatti sempre più convinta che il ruolo che la Germania intende ricoprire nel mondo potrà essere raggiunto solo se ci sarà una grande e forte industria europea, di cui la Germania sarà il perno, ma che ha bisogno di comprendere tutto il continente. Di fronte al grandioso distretto industriale che si va costruendo fra Cina, Giappone e Corea del Sud si deve mettere insieme tutta l’Europa, altrimenti la gara è perduta in partenza.

Non è tuttavia facile tradurre in azione concreta questa così semplice lettura dei fatti. In primo luogo la Germania sembra essere convinta di potere fare da sola, ignorando che noi costituiamo una gran parte della sua fortuna. Gli altri paesi, a loro volta, invece di fare fronte comune,  sostengono di fare i compiti meglio degli altri e guardano più al rapporto fra i loro spread che non alla loro diminuzione in assoluto. La gara fra Italia e Spagna è stata a questo proposito deleteria. Mentre discutevamo fra di noi su chi era il più bravo, le banche americane, come brutalmente risulta dai loro bilanci, hanno continuato a vendere a mani basse i nostri titoli di stato.

Eppure non solo Italia e Spagna ma tutti gli altri paesi periferici, Francia inclusa, sono nella stessa barca: la caduta di uno di essi li travolgerebbe tutti. Partendo da questa realtà bisogna quindi cambiare politica.

Questo cambiamento, per essere efficace, non può prescindere dalla Francia. Finora la Francia ha preferito dialogare in modo solitario con la  Germania in ripetuti vertici nei quali non è mai emersa una concreta alternativa francese alla politica tedesca.

E’ giunto perciò il momento che la Francia si leghi sempre più strettamente all’Italia e alla Spagna: gli interessi francesi  coincidono  con i nostri interessi.

Tutti noi abbiamo infatti bisogno della ripresa non solo per combattere la miseria e la disoccupazione ma anche per essere in grado di  mettere in ordine i nostri bilanci e difenderci dalla speculazione. Non per contrapporci alla Germania ma per dare alla Germania stessa tutte le garanzie di cui ha bisogno, facendole tuttavia capire, con la necessaria forza, che non si esce da una crisi rendendo la crisi più grave ma preparando insieme i cambiamenti necessari.

Questa è la politica che Spagna e Italia debbono cominciare subito a elaborare, in modo da metterla sul tavolo del prossimo presidente francese  quando fra due settimane si saprà il nome del vincitore.

Tale operazione sarà più facile se vi sarà un presidente diverso, ma sono convinto che anche Sarkozy, dopo gli innumerevoli vertici a due dai quali non ha mai ricavato nulla, si stia rendendo conto che gli interessi francesi saranno meglio difesi solo da una politica comune con Italia, Spagna e gli altri paesi europei.

E’ inutile girare attorno al problema: non ci si difende dalle manovre ribassiste sui nostri debiti sovrani solo attraverso una politica di tagli e di ripetuti segni meno nel reddito. E’ ora di un grande sforzo comune negli investimenti infrastrutturali europei (come suggerisce lo stesso presidente della Banca Mondiale). E’ ora di fare arrivare con urgenza alle aree più critiche i fondi regionali. E’ ora di aumentare gli impegni della Banca Europea degli Investimenti, per preparare poi l’unica invalicabile difesa dell’Euro attraverso l’introduzione degli Eurobonds e il rafforzamento dei poteri della Banca Centrale Europea.

L’Italia ha un ruolo fondamentale per mettere in atto questi cambiamenti. In primo luogo operando, senza inutili distinguo, insieme alla Spagna e agli altri paesi che stanno soffrendo per gli attacchi speculativi e, dall’altro, preparando un progetto comune da discutere con il prossimo presidente francese fino dal giorno del suo insediamento.

Mario Monti ha in questi mesi ricostruito la dignità e il ruolo dell’Italia in Europa. Ora deve usare questo risultato per promuovere una politica in grado di riportarci verso la crescita. Se si vuole raggiungere quest’obiettivo è necessario camminare insieme alla Spagna e convincere la Francia del grande ruolo che essa può e deve ricoprire per fare riprendere all’Europa il suo cammino.

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