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Hope Solo, piu' che una speranza una certezza d'oro


I giornali italiani che lavorano a ranghi ridotti perche le ferie in italia sono sacre,( anche se la crisi consiglierebbe di rimanere al proprio posto di lavoro perche non si sa mai) ci deliziano quotidianamente con le foto delle 'coccole' che si scambiano coppie famose e quasi famose, effusioni chissa' quanto spontanee o concordate con il paparazzo di turno. L'Italia guardona dal buco della serratura ha il sopravvento sull'informazione vera.
Per esempio lo spazio dedicato alla vittoria nella finale olimpica della squadra americana femminile di calcio su quella giapponese e' stato minimo nonostante si sia trattato di una grande partita, giocata con alta tecnica e vinta dalle americane non solo per i due goal realizzati ma per le cinque parate del loro portiere, Hope Solo.
Questa bella ragazza di orgine italiana ha una storia particolare. E' stata concepita in un colloquio coniugale in un carcere dove era rinchiuso il padre, Jeffrey, un tipo accusato di mafia e addirittura di omicidio e poi liberato per un alibi. Veterano del Vietnam, Jeffrey Solo era finito sulle panchine aumentando la schiera degli ex colleghi di guerra divenuti homeless.
La figlia Hope, anche se affidata alla madre, ha sempre mantenuto un rapporto con il genitore al quale portava addirittura il mangiare nei prati dove sostava per la notte.
Hope Solo prima di diventare portiere ha giocato con successo come attaccante nelle squadre della sua universita' a Seattle e poi come professionista. Speranza ha 31 anni, e' bella, intelligente e con una lingua tagliente che esercita giornalmente su Twitter. La sua indipendenza le ha procurato un sacco di guai a cominciare dalla allenatrice della squadra nazionale che non tollera individualismi. Una volta e' stata tenuta negli spogliatoi quando veniva eseguito l'inno nazionale, altre volte e' stata rimandata a casa con aerei diversi da quelli delle compagne perche', esclusa da una partita persa malamente, aveva detto che lei quei tiri li avrebbe parati.
Questa rabbia dentro ha consentito a Hope di saldare il conto con tutti: con la sua squadra nazionale, con l'allenatrice - tipo di suora - smonacata, con le compagne invidiose che spettegolano perche' ha un corpo da donna vera e non da quasi uomo, con quelli che per anni ridono del calcio femminile in America perche' e' uno sport da bambinelle. Un episodio in piu' che conferma come gli Stati Uniti siano davvero il paese delle opportunita'. Che differenza tra Hope Solo e la cultura delle donne velinare italiane, compresi stuoli di parapolitiche e pronte a tutto. Lei per affermarsi non ha bisogno di darla al potente di turno. Per affermarsi le basta la sua professionalita' tecnica e la voglia di gareggiare e vincere. Quanto al 'resto' sono 'Solo' affari suoi.

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Grazie mille Oscar, molto interessante l'articolo, condivido in pieno la tua riflessione . 

L’essere umano è costruito in modo tale che si trova continuamente obbligato a uscire da sé stesso. Dal momento in cui si sveglia al mattino, egli “esce”, vale a dire guarda, ascolta, parla, lascia la sua abitazione per andare al lavoro o nei negozi, va a visitare degli amici, va a distrarsi, a passeggiare, a viaggiare… Tutto questo è bene, ma alla lunga egli si lascia talmente prendere da queste attività esteriori che finisce per perdere il contatto con sé stesso, e non sa più chi egli sia veramente. A partire da quel momento, non solo non vede più chiaro nelle varie situazioni e commette degli errori, ma inoltre si indebolisce, e il minimo imprevisto o la minima contrarietà lo lascia smarrito.
È normale che l’uomo esca da sé stesso, dato che ogni contatto col mondo esterno lo obbliga ad uscire; ma per non andare alla deriva, egli deve continuamente vigilare per ristabilire l’equilibrio fra l’esterno e l’interno, fra la periferia e il centro, fra la materia e lo spirito.
Giuseppe Savazzi (Udine Italia)

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