Scriviamo a caldo subito dopo la conclusione del discorso di Joe Biden al termine del quarto giorno della convenzione democratica.
Nei giorni scorsi la maggioranza dei commenti era orientata nel definire questa elezione del 3 novembre come un referendum anti Trump.
Il candidato presidenziale Biden non solleticava le penne dei principali giornali perché pesava su questo anziano personaggio politico la maligna definizione di "sleeping Joe' appiccicatagli da quel Donald Trump, il cui unico talento è quello di coniare etichette ingiuriose sugli avversari del momento.
È probabile che queste elezioni americane di importanza storica si rivelino come un referendum contro un discusso presidente impegnato in una costante azione di sabotaggio delle istituzioni nazionali.
Ma dalla quattro giorni della convenzione democratica digitale risalta anche la figura di un candidato, Joe Biden, le cui qualità, il cui temperamento, la cui preparazione politica in decenni di permanenza al Congresso e negli otto anni come vicepresidente degli Stati Uniti sono emerse nettamente smentendo le maligne definizioni che ne avevano eroso fino ad ora l'immagine.
Il ticket Biden-Harris si presenta nell'agone politico con una caratura di ottimo livello e con il proposito vero e non fasullo di ricostruire negli Stati Uniti una sostanziale unità dopo le lacerazioni determinate dai quasi quattro anni di gestione di Donald Trump.
La politica è fatta di "chimica", di 'body language', di cartapesta, ma soprattutto di bugie.
La politica non fa prigionieri.
La politica è in continua collusione con il mondo economico.
La politica è l'arte del possibile, spesso dell'impossibile, quasi sempre nascondendo dietro il moralismo d'accatto interessi personali e di conventicola.
Questa almeno è la considerazione di cui godono i professionisti di questa difficile arte in ogni paese senza distinzioni a causa del maleodorante stagno di corruzione nel quale annaspano i protagonisti di questo mestiere.
Fa quindi una certa impressione al termine di tre ore dello show della quarta giornata verificare su noi stessi che, nonostante il cinismo di cui siamo impregnati con l'aggravante dell'età, questo incontro politico ha mostrato finalmente un lato della fisionomia popolare americana che credevamo scomparso.
Siamo rimasti insomma stupiti nel constatare che ci sono ancora larghe stratificazioni della popolazione americana che credono nella validità dei principi sanciti dalla costituzione e soprattutto in quegli ideali che nel bene e nel molto male hanno comunque contribuito a fare dell'America una grande democrazia.
Una democrazia, si badi bene, messa costantemente in pericolo dai comportamenti eccentrici di un presidente completamente sbilanciato nella ricerca di creare una autocrazia dando quindi all'uomo della Casa Bianca una totalità di poteri senza alcun bilanciamento congressuale o giudiziario.
Per noi che viviamo in questo grande paese da oltre 20 anni è stato un momento di sollievo la scoperta che il popolo americano è composto anche da persone che vivono all'insegna di solidi principi morali ed etici anche se questo costa loro un prezzo che devono pagare nel tentativo di conciliare la morale con la dura realtà quotidiana.
Joe Biden è una persona normale, con alle spalle episodi tragici a cominciare dalla morte della prima moglie e della figlioletta in uno scontro automobilistico per arrivare al figlio Beau, bello di nome e di fatto, con un grande avvenire sancito dai successi professionali e politici e fulminato da un tumore al cervello.
Biden è sicuramente uno che sa ascoltare, che vuol entrare in contatto con il suo prossimo, che si rende disponibile a manifestare una empatia che non è soltanto di facciata.
Al suo fianco Kamala Harris si presenta come una incredibile scelta positiva, una sicura garanzia fatta di energia, preparazione professionale di alto livello, origini indiane giamaicane, studi liceali in Canada, doti espressive di grande potenza.
A tutto questo si deve aggiungere un commento positivo per i produttori di questa convenzione che si è articolata in quattro giornate ognuna caratterizzata da almeno tre ore di trasmissione.
Se paragonata alle precedenti tradizionali mega assemblee politiche di partito che vedevano alternarsi gli interventi di secondo e terzo piano nell'attesa dei big, il tutto di fronte alle gradinate divise secondo le correnti e agli ordini dei capi bastone, bene: questa convenzione, costretta dal virus a cambiare morfologia rifuggendo il contatto fisico e basandosi sulla molteplicità delle connessioni digitali, ha avuto secondo noi un grande successo.
Il tema di fondo era "We the People" e la tecnologia digitale è riuscita a dare veramente la sensazione di una piazza allargata nella quale si alternavano le presenze dei protagonisti politici inframmezzate da convincenti testimonianze della gente normale.
Se il buongiorno si vede dal mattino (ovvero dal modo in cui è stata immaginata e realizzata questa convenzione su una base Internet) c'è da sperare in un sostanziale risveglio del partito democratico, del resto magnificamente confermato dall'intervento di Barack Obama.
Oscar
Apprezzo moltissimo i tuoi commenti!
Thanks,
Francesco I.___________________________________________________