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Il peggioramento dell’economia e le riforme non rinviabili
Misure necessarie – L’economia del Paese e le riforme non rinviabili
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 16 settembre 2023
Lunedì scorso la Commissione Europea ha reso pubblico il suo consueto rapporto di previsione sull’economia dell’Unione per i rimanenti mesi del 2023 e per il prossimo anno.
Un documento con molti numeri e un accurato contenuto analitico. Il riassunto è tuttavia semplice: le cose vanno un po’ peggio del previsto per effetto della debole domanda dei consumatori in risposta ad una persistente inflazione che, anche se in leggero calo rispetto alle precedenti previsioni, supera ancora di gran lunga gli aumenti salariali.
A questa debolezza ha naturalmente contribuito il pigro andamento della domanda esterna all’Unione, soprattutto dal lato cinese, ma il freno è ovviamente da imputare soprattutto all’aumento dei tassi di interesse adottato per combattere l’inflazione.
Per il prossimo anno, con tutta la prudenza da tenere nei confronti di ciò che va oltre il nostro naso, assisteremo ad un prolungamento della debolezza dell’economia europea, anche se temperata da un’ulteriore diminuzione del tasso di inflazione.
Quest’andamento pigro si manifesterà non solo in un rallentamento della produzione industriale e degli investimenti, ma anche nella bassa domanda di servizi, nonostante una notevole ripresa del turismo. D’altra parte, fra l’aumento dei tassi di interesse e il forte rallentamento del commercio internazionale, non ci si poteva aspettare niente di diverso. Questo anche perché, in Europa, non sono stati messi in atto i poderosi incentivi che stanno mantenendo un ritmo sostenuto all’economia americana.
Degne di nota sono le diversità esistenti da paese a paese, anche se caratterizzate da un comune aspetto sorprendente: la mancanza di mano d’opera a ogni livello di specializzazione. La convivenza fra un’economia pressoché stagnante e la scarsità di lavoratori disponibili anche nelle regioni con un elevato livello di disoccupazione, è un segnale di cambiamento di cui l’Europa non ha ancora preso piena coscienza, come si evince dall’incapacità di elaborare una politica comune nei confronti dell’immigrazione.
A conclusione di tutti questi ragionamenti, le previsioni per l’Unione Europea sono riassunte in una crescita dello 0,8% per il 2023 e dell’1,4% per il 2024, cioè lo 0,2% e lo 0,3% in meno rispetto alle previsioni di primavera. Il tutto naturalmente sottoposto alle incertezze politiche che tanto hanno influito sull’andamento dell’economia nel recente passato.
Non possiamo essere certo contenti di tutto questo, ma non dobbiamo essere sorpresi. Nemmeno sorprendenti sono i dati riguardanti la Germania, con un segno negativo dello 0,4% nel 2023, dovuto al particolare peggioramento dei suoi mercati internazionali, a una spesa pubblica in diminuzione e agli umori sempre più negativi da parte degli operatori economici tedeschi.
Sono invece sorpreso dei commenti della gran parte degli osservatori che descrivono la Germania come un paese di fronte a una crisi irreversibile. Personalmente ritengo che, come sempre nei momenti di difficoltà ai quali non sono abituati, i tedeschi pensano che sia in arrivo una vera e propria catastrofe, sottovalutando le formidabili capacità di resilienza del loro paese.
Per quanto riguarda l’Italia il calo, seguito al “rimbalzo” che, finito il Covid, aveva portato la crescita al 7% nel 2021 e al 3,7% nel 2022, dovrebbe essere considerato come un evento inevitabile.
Dopo i commenti trionfalistici che, senza alcuna prova, avanzavano l’ipotesi di uno sviluppo elevato e continuativo della nostra economia per un lungo periodo di tempo, siamo semplicemente ritornati con i piedi per terra, con una prospettiva di crescita inferiore all’1% sia per l’anno in corso che per il prossimo.
L’unica nota positiva riguarda il calo dell’inflazione che, dal 5,9% di quest’anno passerà al 2,9% del prossimo, anche in questo caso come conseguenza del ritardo dell’adeguamento dei salari all’aumento dei prezzi. Il che non è certo un fatto consolante.
Vorrei a questo proposito sottolineare come tutti i commenti alle previsioni economiche che si susseguono ormai a ritmo serrato, finiscono sempre per esagerare la portata delle tendenze in atto, esaltando senza ragione l’ottimismo o il pessimismo e mettendo invece in secondo piano le decisioni che debbono essere adottate per migliorare concretamente l’andamento dell’economia.
Solo poche settimane fa l’esaltazione nei riguardi del “rimbalzo positivo” post-Covid aveva spinto a prospettare un nuovo lungo periodo di forte crescita dell’Italia, con il risultato che svariati commentatori e decisori hanno cominciato a credere che le indispensabili riforme (Pubblica Amministrazione, Giustizia, Concorrenza, Lavoro, Ricerca, Scuola ecc.) non fossero più necessarie.
Non vorrei che passasse ora la convinzione che il peggioramento dell’economia, con il rigore nel bilancio pubblico che esso comporta, costituisca una nuova scusa per continuare a rinviarle. In ogni caso dobbiamo sempre tenere presente che le previsioni economiche debbono servirci non per ridere o piangere, ma per spingerci a mettere in atto gli interventi necessari a rendere finalmente possibile una crescita sostenuta e duratura della nostra economia.
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