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Le storie di Oscar # 17: Toh ! Chi si rivede !! (New York)

Vespucci Tour in America organizzato dal Rotary club di Firenze. Me l'ero pagato quel viaggio con i primi risparmi del mio nuovo lavoro dopo aver lasciato il cosiddetto mondo musicale. 

Un mondo fasullo ripiegato su se stesso, fatto di gente di scarso livello culturale pronti a mollare una band quando qualcuno gli offriva qualche centinaio di lire in più al giorno. 

Un mondo fasullo fatto di serie puttane professioniste che cercavano di costruirsi un amore vero dando soldi al ruffiano di turno che poi le riempiva di cazzotti, un mondo fasullo fatto di donne scatenate alla ricerca di chissà che sempre pronte a buttarsi via, un mondo fasullo dove la clientela ti imponeva di suonargli quello che gli piaceva e la cosa più umiliante era quando ti costringevano ad andare ai tavoli con la chitarra. 

Un mondo fasullo in cui era possibile anche se estremamente raro trovare qualche persona di cui fidarsi. Ad esempio un bassista napoletano, un ragazzone che mi ha lasciato un ottimo ricordo se paragonato alla miriade di altri ex collaboratori che tutto facevano fuorché aiutarti. 

Avete già capito che lasciare quel mondo fasullo, anche se ormai la mia band era qualificata per i locali e i night-club più importanti della penisola, era stata una decisione molto dura specialmente perché presa a 27 anni e con uno straccio di laurea in giurisprudenza conquistato si fa per dire dopo anni di fuori corso. 

Avevo avuto la fortuna di essere assunto come capo ufficio stampa presso la Società Metallurgica Italiana, leader del settore metalli non ferrosi pesanti a livello europeo. 

Capo ufficio stampa: non ne sapevo nulla ma mi ero buttato su libri e manuali per farmi un minimo di cultura. 

Poi, grazie a Dio, ero riuscito a capire come funzionava la macchina ed anche ad avere successo. Almeno così dicevano gli altri.

Ed ora New York, Washington, Detroit con visita alla Ford, ovviamente le Cascate del Niagara. 

Andare in America, quell'America sognata nei primi film che erano arrivati subito dopo la Liberazione. 

L'America degli stereotipi, i cowboy, i gangsters, le attrici fascinose con quelle chiome super cotonate, ma anche e soprattutto l'America di quei GI che erano entrati nella Firenze affamata, annientata dai duelli di artiglieria tra una sponda all'altra del fiume Arno, che ci avevano rifocillato subito con quel pane incredibilmente bianco e le scatolette piramidali con quell'ottima carne, il corned beef.

A New York con altri Rotary club incontro conviviale al Waldorf Astoria. Quell'albergo era il simulacro effettivo della straordinaria potenza di quello stato, l'America. Che ci aveva salvato dalla dittatura mussoliniana ormai esausta e dal nazismo che cercava di rinascere dalle proprie ceneri.

"Ma guarda chi si vede!"

Il giovane alto in doppiopetto blu estivo mi guardava sorridendo e mi porgeva un flute di chanpagne che aveva preso da un tavolo di servizio lì vicino.

Cercavo disperatamente di fare ricorso alla memoria e dovevo riconoscere che i lineamenti del giovane rotariano mi erano lontanamente familiari. Ma chi accidente era mai?

"Vedo che stai annaspando per cercare di mettere a fuoco il mio viso. Capisco che non è facile perché ho la barba e baffi. Comunque sono Mario Bianchi ed eravamo insieme in quinta elementare dalle suore domenicane… Riesci ad inquadrarmi? Tu hai quella solita espressione con quel naso a Pinocchio (se mi permetti) e poi tanto per dirti che non sono un mago ho letto prima di venire sull'invito la composizione della delegazione italiana e il tuo nome mi è saltato all'occhio."

Difficile riconoscere il Mario Bianchi alla distanza di 20 anni e dietro una robusta barba con baffi.

Il mio antico compagno di scuola era laureato in medicina  e stava facendo una specializzazione a New York in  cardio chirurgia.

Ci sediamo vicini prendendo posto ad un lunghissimo tavolo intorno al quale erano assiepate almeno cinquanta persone venti delle quali erano il gruppo fiorentino di rotariani in visita.

Mario Bianchi mi racconta dei suoi successi accademici  e del fatto che l'America gli abbia aperto le porte per una specializzazione che in Italia gli sarebbe stata estremamente difficile nel breve giro di pochi anni a causa dei baroni che bloccano gli accessi alla professione di chi manifesta troppi talenti.

Mentre parla uno dei tanti camerieri che servono intorno al lungo tavolo si avvicina con un ampio vassoio metallico che vedo pericolosamente inclinarsi verso di me.

Un chilo di carne arrostita con contorni vari si trasferisce dal vassoio metallico al sottoscritto che indossa per l'occasione un pregiato abito di lino crema.

Sono stato soccorso immediatamente dal maitre che mi ha preso sottobraccio, mi ha portato fuori della grande sala e mi ha infilato in una camera pregandomi di liberarmi del vestito che mi sarebbe stato restituito nel giro di un'ora.

Ed infatti dopo 60 minuti il maitre ha bussato alla porta restituendomi il vestito lavato e stirato e, fatto questo che mi ha risollevato il morale, senza alcun danneggiamento nonostante si trattasse di una stoffa molto delicata.

Rinfrancato ho chiesto al maitre per quale ragione un albergo così famoso si avvalesse di personale inadeguato professionalmente.

"Gentile signore, purtroppo il personale è difeso da un potente sindacato. Siamo costretti ad assumere gente che non ha professionalità e che non possiamo licenziare… Siamo spiacenti per quanto le è successo."

Era il maggio del 1964

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A New York 15 anni dopo per un incontro presso la sede della Finmeccanica.

Ero lì come capo delle relazioni con i media dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale, una posizione se volete di alto prestigio che contava assolutamente nulla perché, nella tradizione di questa enorme galassia para pubblica ogni finanziaria si faceva i cavoli suoi senza nemmeno informare i vertici dell'Iri e la stessa cosa si ritenevano autorizzati a fare anche i dirigenti delle principali aziende che appartenevano a queste finanziarie.

Il fatto che Finmeccanica di New York mi avesse invitato a seguire un incontro con alcune delle aziende più importanti americane nel settore della comunicazione aziendale dipendeva esclusivamente dal buon rapporto di vicinanza e quasi amicizia che avevo saputo creare con il responsabile di quell'ufficio newyorkese.

Ho dato appuntamento a mia moglie e mio figlio Max a conclusione dei lavori della mattinata.

Passeggiamo lungo la Quinta Strada alla ricerca di un buon ristorante. Ma soprattutto facendo quello che ogni turista innamorato di questa megalopoli fa quando decide di svacanzare a New York senza avere un impegno preciso. 

Camminare, guardare, assorbire le vibrazioni di una folla che ti passa addosso e talvolta ti urta magari senza un sorry. 

Tutto il contrario di quando ti trovi a camminare in una realtà cinese come quella di Shanghai, immerso nella massa umana che ti scivola addosso senza toccarti.

Superiamo una coppia di fronte all'ingresso di un albergo, lui in là con gli anni, vestito di pelle nera, lei si intuisce che è una gran bella donna anche se coperta da un lungo soprabito.

"Oscar Bartoli…!"

Il mio nome viene pronunciato con voce timbrata. Questa poi..ma veramente qualcuno ha pronunciato il mio nome?

Mi fermo, perplesso guardo mia moglie e mio figlio, poi mi giro e ritorno sui miei passi avvicinandomi a quel signore di nera pelle vestito.

Gli sorrido mostrando ovviamente sorpresa e simpatia.

"O' che tu 'un mi rihonosci " dice il tale, aggiungendo: "So' Roberto Cavalli, lo stilista..."

Un momento tragico per il vostro redattore, perché nella confusione del traffico newyorkese non ero riuscito a individuare il famoso creatore di moda fiorentino che, pensate voi, avevo conosciuto molti anni prima quando con una mia band suonavo in una balera dell'empolese frequentata da cameriere, parrucchiere e professioniste del sesso. 

A quei tempi Roberto Cavalli mi chiedeva di suonare 'la Gatta' di Gino Paoli. Ma si trattava di un episodio scolorito nel tempo che mi sono ben guardato dal ravvivare in quei pochi minuti di incontro newyorkese.

Poi negli anni successivi a Firenze il mio nome era circolato molte volte durante le campagne elettorali amministrative e politiche nelle quali ero candidato per il Partito Liberale Italiano e successivamente eletto consigliere comunale a Palazzo Vecchio.

Inutile dire che quando successivamente ho provato a prendere contatto con Cavalli, citando il simpatico incontro a New York, il tutto è caduto nel nulla.

La bella signora sorridente che assisteva alla scenetta era la moglie del famoso stilista.

Oscar

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Per chi preferisce ascoltare

https://youtu.be/wSHT3KYfOyg

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