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Il razzismo è in calo negli Stati Uniti?


Joseph La Palombara per www.formiche.net

Il razzismo è in calo negli Stati Uniti? Le generazioni più giovani sono meno razziste di quelle più vecchie? E il tempo renderà questo Paese meno razzista?

La risposta positiva a queste domande suggerisce che, prima o poi, un problema così radicato in America possa trovare una soluzione.

Che gli americani, i bianchi in particolare, possano un giorno sposare quel che afferma la Dichiarazione di Indipendenza, e cioè che tutti gli uomini sono creati uguali.

Oggi in verità in America la verità è ben altra. I poveri, le persone di colore, chi fa parte di una minoranza sono esposti a ogni tipo di discriminazione.

Non succede solo in America, intendiamoci, ma i dati non mentono. Le donne, ad esempio, sono ancora molto discriminate. I sondaggi mostrano come lo stesso lavoro, in America, sia pagato meno a una donna che a un uomo.

L’atteggiamento della polizia nel Paese è un altro segnale eloquente di questo trend. I dati più recenti mostrano come negli ultimi la polizia americana abbia ucciso, solitamente in scontri a fuoco, una media di mille persone all’anno. E fra questi gli americani di colore sono in larga maggioranza.

Ma lo stesso vale per le prigioni sovraffollate: un uomo di colore ha ben più chance di finire chiuso in prigione rispetto a un uomo bianco, che può considerare l’eventualità come piuttosto remota.

Oggi sono le tasse, domani è la qualità della scuola, un altro giorno si tratterà di qualche altra amenità. Le stesse catene commerciali notoriamente sono solite riempire i loro scaffali a seconda che il vicinato sia più o meno benestante. Queste forme di discriminazione sono facili da osservare, e si osservano un po’ ovunque in America.

Una serie di emendamenti approvati all’indomani della Guerra civile americana tentarono all’epoca di rendere gli americani di colore cittadini a pieno titolo. Questi emendamenti sono stati ampiamente ignorati, in alcuni Stati più di altri. I movimenti per i diritti civili, i sit-in non servirebbero, se non versassimo in questa situazione.

Certo, sono stati fatti progressi. Ci sono leggi federali contro la discriminazione. Le persone di colore, le donne e gli anziani sono ora protetti dalla legge. Detta in altre parole, chi in America rimane convintamente razzista oggi deve fare un po’ più di attenzione.

Deve nascondere i suoi impulsi e le sue pulsioni dal pubblico e magari dai sondaggisti. Anche per questo affidarsi ai sondaggi per avere un’idea del razzismo e della sua diffusione è un’illusione. A confronto, meglio fare riferimento alle intenzioni di voto
In diversi degli Stati controllati da una maggioranza di Repubblicani e in assemblee locali la discriminazione riaffiora a tratti tra trucchi e manipolazioni in aula.

Ci sono Stati in cui vengono approvate leggi disegnate per rendere più difficile il diritto di voto alle persone di colore e ai più poveri. A volte perfino per negarlo.

Corti con giudici piazzati dai Repubblicani che convalidano queste leggi. E una speranza non vana che le stesse leggi siano dichiarate valide da una Corte Suprema conservatrice.

C’è poi un’altra ragione del nuovo rigoglio del razzismo americano e ha un nome e cognome: Barack Obama. Difficilmente il suo successore sarebbe entrato nello Studio Ovale se quattro anni prima gli Stati Uniti non avessero eletto un uomo di colore come presidente degli Stati Uniti. La rabbia contro quella presidenza si può ancora toccare con mano. I razzisti, in America, non l’hanno mai digerita.

Intendiamoci: gli Stati Uniti hanno fatto enormi passi avanti sin dalla loro fondazione e sarebbe assurdo il contrario. Ma questo progresso non dovrebbe essere gonfiato, come a mio parere hanno fatto alcuni sondaggi in tempi recenti.

La schiavitù, in tutte le sue forme, rimarrà un problema serio per la società americana. Nessuno potrà parlare di vero progresso finché un uomo di colore non potrà uscire di casa la mattina senza chiedersi se tornerà sano e salvo a casa la sera stessa.

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