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Virata a destra – il messaggio del voto olandese alla politica




Virata a destra: il messaggio del voto olandese




Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero 

La vittoria della destra estrema di Geert Wilders nelle elezioni olandesi è di particolare importanza. Mancano infatti pochi mesi alle elezioni europee del prossimo giugno e questi risultati sono un oggettivo segnale d’allarme, soprattutto perché provenienti da un paese fondatore dell’Unione, che pure negli ultimi tredici anni era stato governato dal centro-destra.

Non penso tuttavia che questo evento possa determinare una rivoluzione nel Parlamento europeo e nella Commissione che, assai probabilmente, continueranno ad essere governati dalla stessa coalizione che vede il proprio punto di riferimento nella tradizionale alleanza fra il Partito Popolare e il Partito Socialista.

I pur importanti mutamenti avvenuti in Olanda riguardano infatti un paese che comprende solo il 4% della popolazione dell’Unione: ben difficilmente possono quindi sconvolgere gli equilibri politici europei.

Il voto olandese deve tuttavia farci riflettere sui nuovi orientamenti dell’elettorato che, negli ultimi anni, ha segnato un significativo progresso della destra.

La causa dominante è da attribuire all’immigrazione. Su questo tema era caduto il precedente governo olandese, con il primo ministro Rutte costretto alle dimissioni proprio perché i partiti minoritari della coalizione non avevano accettato le sue proposte di maggiore severità in materia.

Il suo partito è addirittura crollato e i suoi elettori si sono spostati verso l’estrema destra di Wilders, significando ancora una volta che, quando si tratta di temi divisivi, l’estremismo prevale sul ragionamento e l’originale sulla copia.

Inoltre, analizzando più a fondo i voti olandesi, si evidenzia qualcosa già conosciuto in Italia: la corsa verso l’estremismo è un voto contro le città aperte e liberali come Amsterdam (che ha votato contro Wilders) in contrasto con una periferia che si sente dimenticata e culturalmente estranea rispetto ai temi progressisti. Essa si preoccupa soprattutto della propria sicurezza, inclusa ovviamente la sicurezza economica.

In secondo luogo la migrazione di voti da un un leader come Rutte, severo dal punto di vista degli equilibri economici, ma filo-europeo, in direzione di un partito ferocemente anti-europeo, dimostra come, nonostante la parentesi di solidarietà espressa nella lotta al Covid e nel PNRR, l’Unione non offra ai suoi cittadini la protezione sufficiente in un momento in cui le guerre e le tensioni si moltiplicano.

Tutto questo richiede infatti un’Europa più forte e attiva nel quadro internazionale.

Dai risultati elettorali emerge un’ulteriore riflessione, che riguarda il risultato del Partito Socialista. Il suo candidato, Frans Timmermans, si era dimesso da Vice Presidente della Commissione Europea (nella quale era responsabile della politica ambientale), con la fondata speranza di divenire il perno di una coalizione vincente, con un programma riformista e filo-europeo.

Un candidato certamente autorevole, fornito di grande intelligenza ed esperienza, a cui gli elettori hanno però rivolto un duplice rimprovero.

Il primo, che nasce dal populismo che troppo spesso è dato come morto, è stato proprio quello di essere eccessivamente raffinato e di “parlare sette lingue, ma non quella del popolo.”

Il secondo rimprovero è quello di avere portato avanti una politica ambientale che, per essere di esempio a tutto il mondo, non aveva tuttavia tenuto in dovuto conto delle sue conseguenze economiche e sociali, mentre i grandi inquinatori, partendo dagli Stati Uniti e dalla Cina, continuano ad adottare politiche molto meno severe ed economicamente più vantaggiose.

Come il problema migratorio, anche quello dell’ambiente, deve quindi essere affrontato con la consapevolezza che l’Europa ha l’obbligo di mantenere il primato di avanguardia che ha sempre esercitato in passato, ma che questo obbligo non può essere adempiuto senza tenere conto di quanto avviene nel resto del pianeta.

Cresce infatti sempre più l’allarme sulla possibilità che i doverosi sacrifici siano resi vani dai comportamenti altrui e si venga a creare una reazione in senso contrario, rendendo più fragile la doverosa battaglia ambientale.

Il voto olandese ha dimostrato che questo pericolo esiste, con una destra che finisce con l’avere maggiore successo quando si oppone in modo radicale alla politica di difesa dell’ambiente.

Tuttavia, nonostante l’affermazione che, raddoppiando i precedenti risultati, ha portato Geert Wilders ad ottenere il 23,5% dei voti, non gli sarà facile formare il nuovo governo. Il suo estremismo, ripetuto ossessivamente per vent’anni, ha reso assai dubbioso il raggiungimento della necessaria maggioranza in Parlamento.

Le trattative, come è avvenuto in passato in Olanda, dureranno quindi molti mesi e potranno anche mantenere all’opposizione il partito di Wilders.

Il che non sarebbe certo un danno per l’Italia dato che, oltre che predicare l’abbandono della lotta al cambiamento climatico, il distacco dagli organismi dell’Onu, l’uscita dall’Unione Europea e il bando al Corano e ai suoi fedeli, uno dei suoi slogan preferiti è stato quello di opporsi a ogni misura di solidarietà europea. In questo campo il suo linguaggio si è soprattutto esplicitato nel ripetere che “nessun soldo europeo deve essere dato all’Italia”. Il che non sarà un problema da poco per i politici italiani che si schierano fra i suoi amici.

Biden e Xi: un primo passo avanti ma il cammino è ancora lungo


Primi riscontri – L’incontro tra Biden e Xi che allenta le tensioni

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero 

Era ora che Biden e Xi Jinping si incontrassero. Prima di tutto per evitare il peggio, dato che la tensione fra gli Stati Uniti e la Cina è talmente aumentata che ogni nefasta ipotesi sul futuro è diventata plausibile, fino alla possibilità che la guerra mondiale a pezzi si possa trasformare in una guerra mondiale planetaria. Da un anno i due leader non si incontravano e sono passati sei anni dall’ultima volta che Xi Jinping ha messo piede negli Stati Uniti.

L’incontro era quindi assolutamente necessario e, sotto quest’aspetto, ha raggiunto il suo risultato, dato che le relazioni fra Stati Uniti e Cina hanno, negli ultimi due anni, raggiunto il livello più basso da quando la Cina ha iniziato il suo lungo periodo di sviluppo economico e politico.

Non è nemmeno il caso di citare le controversie, gli scontri verbali e gli insulti che i leader dei due paesi si erano reciprocamente scambiati. Negli ultimi mesi, passo per passo, si sono finalmente tenuti ripetuti incontri fra i massimi responsabili dell’economia, della difesa e della politica estera cinese e americana. Un avvicinamento dovuto più alle debolezze interne delle due grandi potenze che non alla volontà di affrontare in modo diretto le grandi crisi mondiali.

La Cina, dopo il Covid, si trova infatti di fronte a una situazione difficile, con una crescita del PIL molto inferiore a quella dei decenni precedenti, un crescente controllo politico sull’economia, una caduta degli investimenti interni, il crollo degli investimenti americani ed europei, un’accresciuta difficoltà nell’export e, perfino, il problema della disoccupazione giovanile, fino a ieri impensabile.

D’altra parte gli Stati Uniti stanno entrando in una campagna elettorale che vede il paese profondamente diviso su tutti i grandi problemi, dall’emigrazione alla politica estera, fino alla gestione dell’economia.

Le aspettative erano quindi diminuite man mano che ci si avvicinava al vertice, che pure dobbiamo considerare positivo, in quanto, riaprendo il dialogo fra le due grandi potenze,  rende certamente più difficili gli scontri irreparabili.

In effetti l’incontro è stato definito positivo, costruttivo e cordiale da entrambi i protagonisti, ma i progressi sui grandi temi mondiali, cioè la guerra di Ucraina, le tensioni su Taiwan e gli scontri commerciali, sono stati indubbiamente modesti.

Una sintesi corretta può considerare il vertice di San Francisco più come un punto di partenza per la stabilizzazione delle relazioni Cino-Americane che un vero salto in avanti. Ulteriori progressi avranno bisogno di lunghi e complicati negoziati.

Due sono state tuttavia le decisioni concrete. La prima riguarda la ripresa dei colloqui fra i rappresentanti delle forze armate dei due paesi, colloqui che erano stati sospesi in conseguenza del viaggio di Nancy Pelosi a Taiwan e del pallone-spia che aveva sorvolato gli Stati Uniti.

Il secondo accordo concreto riguarda un problema scarsamente pubblicizzato in Europa, ma di grande importanza negli Stati Uniti. Si tratta di una sostanza chiamata Fentanyl, la cui componente base viene prodotta in Cina e che, successivamente manipolata in Messico, costituisce la base di un potentissimo stupefacente.

Il Fentanyl, negli anni recenti, ha causato decine di migliaia di morti in America: più di tutte le perdite delle recenti guerre che hanno coinvolto gli Stati Uniti. Su questo tema si è fatto un passo avanti concreto, creando anche un gruppo di lavoro comune per la lotta contro la droga.

Il fatto che un tema così particolare sia stato portato all’ordine del giorno fra le due massime potenze del mondo, obbliga da un lato a riflettere come siano complessi e inaspettati i problemi della globalizzazione, ma ci spinge fatalmente anche a ricordare che il più grande scontro fra l’Occidente e la Cina è passato alla storia come la guerra dell’oppio. Un problema che si è ripetuto dopo quasi due secoli, con un cammino che ha proceduto in direzione opposta e al quale, a differenza di quanto avvenne in passato, si sta cercando di porre rimedio non con un conflitto ma con un accordo.

Come quasi sempre avviene, anche questo vertice ha avuto un seguito. Anzi, essendo un vertice così importante, ha avuto un duplice seguito. Il primo è stato l’incontro conviviale fra Xi Jinping e alcuni tra i responsabili delle più grandi e avanzate imprese americane, a cominciare dalla Tesla per passare all’Apple e alla Pfizer. Le cronache parlano di un grande amore reciproco e di un intenso desiderio di cooperazione.

Al termine dell’incontro Xi Jinping  ha infatti dichiarato che la Cina, con il suo miliardo e quattrocento milioni di abitanti, è una grande opportunità economica per il mondo e che, per raggiungere questo risultato, è pronta ad essere partner e amica degli Stati Uniti.

Il secondo evento post- vertice è stata la dichiarazione di Biden che, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha sottolineato, in modo franco e non diplomatico, la grande distanza che separa la leadership democratica da quella autoritaria. La risentita reazione cinese dimostra che il cammino per arrivare a un’intesa sui grandi problemi del mondo è ancora molto lungo. Ci dobbiamo quindi accontentare di questo primo passo.

Io, la chemio e Firenze

Sono sdraiato sulla poltrona del dipartimento di oncologia. La chemio scende dall'alto e si inserisce nel Port. Che per chi non lo sa è un catetere inserito nel petto e collegato ad una vena. Per evitare la polverizzazione delle vene delle braccia. 

Adesso si tratta di impiegare in qualche modo le 2 ore del trattamento. E spero vivamente sia l'ultimo di questa terapia.

E così ti ribollono in testa immagini e pensieri che uno va a spazzolare. E qualche volta appaiono di nuovo con grande vivacità nonostante la lontananza nel tempo.

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Tanto per cominciare questa storia del ragazzo assassino della porta accanto che probabilmente si risolverà nel solito modo italiano: attenuanti generiche perché il giovane ha un grosso deficit psichiatrico. Poi dopo qualche anno di buona condotta, ce lo vedremo di nuovo in giro, magari pronto ad ammazzare qualcun'altra.

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Ieri la puntata di  Quel giorno particolare di Aldo Cazzullo su La7 mi  ha colpito per la crudezza della storia della congiura dei Pazzi che odiavano i  Medici. Speravano di galvanizzare  la popolazione fiorentina, loro che godevano della appoggio del Papa. 

E sono finiti sterminati dalla reazione di Lorenzo il Magnifico.

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Bella Firenze, sontuoso e austero Palazzo Vecchio dove ho passato molte ore nelle riunioni del Consiglio Comunale nel quale ero stato appena eletto per il Partito Liberale.

A cominciare da quel febbraio del 65  con l'insediamento del Consiglio Comunale in Palazzo  Vecchio, il Salone dei Cinquecento pieno di centinaia di agitatori comunisti che protestavano contro la nuova maggioranza del Consiglio Comunale.

Gettavano soldi verso il banco del sindaco, rotoli di carta igienica conditi da espressioni fiorentine di facile comprensibilità.

Ero stato appena eletto. Con un discreto successo personale grazie, anche ai comizi volanti che mi ero inventato andando a parlare nelle piazze fiorentine dove nessun altro partito ad eccezione del Partito Comunista osava prendere la parola.

La buriana continuava a imperversare nel salone dei Cinquecento nonostante i ripetuti appelli al silenzio e a un comportamento degno dell'ambiente austero che ci ospitava. 

Ho chiesto di poter parlare al microfono. I miei colleghi di partito mi guardavano impressionati.

 "Signor sindaco, signori consiglieri, inclito pubblico..."

 Questa parola " inclito " ebbe l'effetto di far ammutolire per alcuni istanti la folla inferocita del Salone dei Cinquecento.  

Fino a quando qualcuno si prese la premura di spiegare il significato della parola ai più facinorosi.

I violenti  ripresero sangue e si avventarono contro il tavolo della presidenza minacciandomi a pugno chiuso. Come testimoniarono le tante foto pubblicate da La Nazione.

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4 novembre 1966, alluvione di Firenze.

Ho lavorato nel fango insieme ad altri colleghi della Società Metallurgica italiana.

Una sensazione indescrivibile, quella di prendere a picconate gli armadi del nuovo centro calcolo IBM appena inaugurato.

Devo sostenere l'esame orale per essere qualificato procuratore legale. La sede è presso la facoltà di giurisprudenza Aldo Moro a Bari. Adesso sto cercando di imparare qualcosa sommerso da Bignami, riassunti vari ma sento  che non ho lo spirito giusto dopo tutto quello che è successo. Nela mia strada, via Torta, il livello dell'acqua dell'Arno ha raggiunto i sette metri e mezzo di altezza. 

Per mia fortuna, si fa per dire, dato che lo studiolo nel quale abito è al terzo piano, l'acqua del fiume è arrivata praticamente sotto il pavimento.

Tutte le figure femminili che mi passano in mente mi hanno dato tanto. Senza nulla chiedere.

Prima che nella nostra area alluvionata fosse ristabilita l'erogazione dell'acqua potabile, sono riuscito a salvarmi, grazie ad una cara amica che ogni giorno saliva le ripide scale per raggiungermi al terzo piano portando ogni volta due pesanti taniche di acqua.

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L'apparecchiatura che distribuisce la chemio emette un suono per indicare che la procedura si è esaurita. Arriva l'infermiera che estrae dal mio petto l'ago infilato nel Port. E mi dà appuntamento tra tre settimane per un'altra terapia. Traballando mi alzo sperando che non si manifestino troppo velocemente le reazioni per il veleno che mi è stato infilato in corpo.

Saluto gli altri pazienti alcuni dei quali purtroppo in giovane età.

Oscar


Cisgiordania: il percorso (in salita) per la pace a Gaza e in Israele






Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero 

Da più di un mese sono due i pezzi della guerra mondiale in corso: il primo fra Russia e Ucraina e il secondo fra Israele e Palestina.

I due pezzi non si sono ancora congiunti in una vera e propria guerra mondiale, ma questa duplice tragedia rende ancora più urgente la ricerca di una pace dedicata a costruire un modello di convivenza in grado di evitare che le guerre a pezzi si riuniscano fra di loro.


Parlo di “convivenza” perché la pace non si può fondare sull’imposizione agli altri del proprio sistema politico, economico o religioso, come troppo spesso è avvenuto nel recente passato, a cominciare dalla Corea per passare all’Iraq e alle varie guerre di Afghanistan.

La pace non può che fondarsi nella ricerca di un modello di convivenza fra popoli diversi, che hanno tutto il diritto di mantenere la propria diversità, anche se destinati a vivere fianco a fianco o, addirittura, mescolati fra di loro.

Il principio vale tanto per la guerra fra Russia e Ucraina, quanto per il tragico conflitto fra Israeliani e Palestinesi, anche se le due tragedie presentano caratteri assai diversi e richiedono quindi soluzioni diverse.


Nella guerra di Ucraina vi è infatti uno scontro diretto, pur territorialmente definito, fra le grandi potenze. Dal lato dell’Ucraina si schiera tutta la Nato, mentre l’altro lato vede la “ferrea” alleanza fra Russia e Cina, anche se la Cina non gioca un ruolo di diretto partecipante, ma di indispensabile protettore.

Essa, infatti, rende possibile la resistenza dell’amico russo non solo con la protezione politica, ma con uno spettacolare aumento dell’interscambio commerciale e, soprattutto, degli acquisti di petrolio.

La pace, in questo caso, non può che essere la conseguenza di un accordo diretto fra Cina e Stati Uniti, veri e unici arbitri della situazione.


L’ Europa, infatti, pur provvedendo ad un impegno finanziario pari a quello americano, svolge un ruolo assolutamente subordinato, confermato dal fatto che, ormai arrivati quasi al ventesimo mese di guerra, non è stata in grado di esercitare alcun ruolo di mediazione nemmeno in casi particolari, come l’esportazione dei cereali.

Le due grandi potenze potranno naturalmente servirsi di intermediari, ma solo loro sono capaci di dettare le nuove regole del gioco.

Diverso è il caso del conflitto israeliano-palestinese. Da un lato gli Stati Uniti sono ancora determinanti, ma Israele ha una sua autonoma politica e forza militare. Dall’altro lato, a fianco dei palestinesi, si è direttamente schierato tutto il mondo arabo, che produce oltre un terzo del petrolio mondiale e ne possiede quasi la metà delle riserve.


I recenti eventi hanno di nuovo riunito i Paesi arabi nell’opposizione a Israele, e forse questo era proprio l’obbiettivo principale di Hamas.

La Russia, inoltre, si è progressivamente schierata con il mondo arabo, nonostante debba tenere conto del fatto che oltre un milione di cittadini israeliani sono di origine russa.

Nello stesso tempo, hanno però suggerito ad Israele di procedere con moderazione nella conquista di Gaza, con un maggiore impegno nella protezione dei civili.



Su questo si sono manifestati forti e imprevisti dissensi fra israeliani e americani. Inoltre, molti paesi amici di Israele, preoccupati per la tragica situazione umanitaria di Gaza, non sono più disposti a prestare un incondizionato supporto.

In Europa, in America Latina e perfino negli Stati Uniti si fa sempre più forte la spinta per una tregua umanitaria, mentre Macron, Sanchez e Lula ribadiscono, pur con toni diversi, che la lotta contro il terrorismo non giustifica il sacrificio di tanti civili e che la protezione umana non è contro Israele o contro la Palestina, ma protegge tutti.


Riusciranno gli Stati Uniti (perché solo loro lo possono fare) a imporre a Israele un così difficile passo, come mai sono stati in grado di fare in passato?

D’altra parte, dato il profondo odio che si è accumulato per tanti decenni e data la totale perdita di autorità dell’Autorità Nazionale Palestinese, non appare realistica nemmeno la soluzione di una convivenza fra palestinesi e israeliani in un unico Stato.

Il tutto garantito dalla presenza di una forte ed efficace missione internazionale di pace come quella guidata dall’Italia nel vicino Libano, nel 2006, missione che lo stesso Olmert ha citato come unico esempio di successo.


Mettere insieme un’azione mirata contro Hamas, con la restituzione della gran parte della Cisgiordania ai palestinesi, con la creazione di un’efficace Autorità Nazionale Palestinese e con l’accordo del governo israeliano non è certo un’impresa facile.

È tuttavia l’unico modo per garantire una pace duratura, perché fondata sul rispetto dei diritti di tutti.

“Tacco punta”: la manovra per rianimare la nostra economia


Il “tacco-punta” – Cosa serve per rianimare la nostra economia
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero 

Si è fatto un gran discutere sui dati economici resi noti negli scorsi giorni dall’Istat. C’è chi ha festeggiato perché l’inflazione è discesa all’1,8% e c’è che si è vestito a lutto dovendo constatare che nel terzo trimestre dell’anno in corso il PIL italiano non ha registrato alcun aumento, segnando quindi crescita zero.

Onestamente non trovo sostanziali motivi di sorpresa. Questi dati sono la conseguenza naturale delle decisioni prese a livello europeo e a livello italiano. In buona sostanza è ovvio che, quando si pone mano al freno, ogni mezzo meccanico rallenta la sua velocità e, se il freno persiste, la vettura non può che fermarsi.

Quanto al calo dell’inflazione l’Italia si colloca meglio della media degli altri paesi, ma questo è quasi esclusivamente dovuto al variare dei prezzi dell’energia.

L’attuale dato esce infatti dal confronto con lo stesso mese dello scorso anno, mese in cui i prezzi del gas e del petrolio erano impazziti verso l’alto, segnando una vera e propria anomalia anche nei confronti degli altri paesi europei.

La constatazione che l’ attenuazione dell’inflazione sia avvenuta soprattutto nel campo dell’energia ci obbliga naturalmente a riflettere sul fatto che l’attuale deterioramento della situazione politica in tutto il Medio Oriente potrebbe portare sgradevoli sorprese che tuttavia, almeno fino a questo momento, non si sono verificate.

Il quadro che abbiamo presentato ci impone di riconsiderare anche le previsioni sugli andamenti economici futuri. La crescita del nostro paese si collocherà infatti intorno allo 0,7% e, con ogni probabilità, rallenterà ulteriormente nel prossimo anno superando difficilmente lo 0,5%, livello quindi sensibilmente inferiore alle attuali stime del governo.

D’altra parte, l’aumento del costo del denaro e il proseguimento dell’inflazione, anche se a ritmi più contenuti, non possono non incidere sugli investimenti e sui consumi interni, che non sono certo compensati dal buon andamento delle nostre esportazioni verso i mercati extraeuropei

Quest’analisi sembrerebbe concludere che il cammino dell’economia è segnato dai fatti e non ha alternative. Il che non è vero. Se infatti prendiamo in esame l’economia americana, osserviamo che gli aumenti del costo del denaro hanno seguito la stessa traiettoria dell’Europa ma gli Stati Uniti, nonostante le pessimistiche previsioni, stanno tuttora crescendo ad un ritmo di poco inferiore al 5%.

La differenza sta nel fatto che gli Stati Uniti non si sono limitati ad applicare il freno ma hanno, nello stesso tempo, messo in atto forti stimoli alla crescita economica.

Hanno cioè adottato quella che in tempi passati si chiamava una manovra “punta-tacco“, ossia frenato con il tacco, ma spinto sull’acceleratore con la punta, attraverso un poderoso contributo del bilancio federale e, in modo particolare, con una politica industriale estremamente attiva. Hanno cioè mobilitato, nello stesso tempo, consumi e investimenti. Il che non è certo una novità.

Anche nella grande crisi finanziaria del 2008 le cose sono infatti andate nello stesso modo. La crisi era stata generata e alimentata dagli Stati Uniti che, tuttavia, mettendo in atto rapidamente i necessari interventi governativi, ne sono usciti in poco più di un anno.

In Europa è invece durata per oltre un quinquennio, rendendo ormai senza confronto il cammino di crescita americano rispetto a quello europeo.

Per quanto riguarda l’Italia la strada è ancora più in salita perché, in mancanza di una politica economica europea, non possiamo nemmeno disporre delle risorse del governo tedesco e di quello francese.

La nostra legge di bilancio prevede infatti un intervento di sostegno all’economia intorno ai 24 miliardi, di fronte a 1080 miliardi di spesa pubblica.

Si tratta cioè di una variazione intorno al 2%, con un aumento del deficit di 15 miliardi e piccole correzioni fiscali per il restante.

Se non si riesce a mettere in atto le ormai infinitamente ripetute manovre strutturali, il cammino della crescita non potrà uscire dai limiti indicati in precedenza.

L’attimo di crescita vigorosa e inaspettata dopo il Covid aveva fatto credere ad alcuni che si trattasse addirittura di un nuovo miracolo economico.

I recenti dati, che hanno suscitato tanta attenzione, dimostrano invece che la crescita economica non procede per miracoli, ma si fonda su un continuo processo di cambiamento e di innovazione. In Italia il freno prevale sull’acceleratore.

Italo Balbo: Quando gli italiani erano ammirati in tutto il mondo

 




Cesare Bernazzani, sergente maggiore dell'Aeronautica, seduto nel suo stambugio ricavato nello scafo sinistro dell'idrovolante era tutto preso dal funzionamento del radiogoniometro e dalle informazioni che come marconista riceveva e doveva trasmettere al suo capitano.


"Madonna! Che ritorno di merda. Questa traversata dell'Atlantico è stata tremenda: impossibile alzarsi di quota perché le nubi erano basse ed allora abbiamo dovuto volare per migliaia di chilometri a bassa quota con il pericolo continuo di finire a mare.."

Cesare Bernazzani, 27 anni, una vita fino allora fatta di nessun affetto familiare (Il padre era sparito quanto alla madre poveretta visto che il bambino le pesava molto aveva preferito affidarlo ad un orfanotrofio ed era stata la fortuna di Cesare perché lo avevano tirato su in maniera perfetta).

 A 17 anni c'era stata la visita del medico militare per la leva che aveva riscontrato una forte deficienza toracica in quel ragazzino. Il periodo trascorso in Marina lo aveva rigenerato. Dopodiché Cesare aveva deciso di cambiare arma ed era riuscito a farsi accettare dalla aviazione grazie al fatto che si era perfezionato come marconista. A quei tempi la funzione del marconista era essenziale perché era l'unico modo per un pilota di sapere dove si trovava e tutti gli altri elementi del volo che stava facendo.

Adesso bisognava tirare fuori ancora energie perche' la Trasvolata del Decennale stava per concludersi.

Un successo mondiale che aveva disegnato un volto nuovo dei milioni di italiani che negli anni passati avevano affrontato per nave il rischio di una vita in una nazione  di cui non conoscevano gli usi, i costumi, la lingua.

Che annata era stata quella, con il generale Balbo che spronava in continuazione i componenti della 'centuria' a perfezionare la loro preparazione per l'impresa che non poteva e non doveva fallire.

I Cento (piloti, meccanici, marconisti) avevano dovuto addirittura imparare a sciare, tante le volte fosse capitato di dovere ammarare nei paesi del nord.

Che uomo il Generale Balbo, pensava Cesare, impegnato in prima persona nell'organizzazione della missione che aveva avuto il tiepido benestare di Mussolini che si era sentito tirato dentro un'impresa di cui non condivideva appieno gli scopi e le finalita'.


Quella trasvolata che stava per concludersi era stata preceduta nel dicembre del 1930 da quella verso Rio De Janeiro. 

12 idrovolanti Siai Marchetti, 48 uomini 10400 chilometri. Avevano lasciato in Sud America gli aerei ed erano rientrati in nave.

Cesarino, la mano appoggiata sul tasto  del telegrafo, spazzolava i ricordi di quell'impresa che stavano per concludere.

 "Che esperienze.! Fatte soprattutto in giovane età. D'accordo che me le sono meritate perché con il generale ci siamo fatti tutti un mazzo enorme, lui compreso, sempre il primo, sempre lui a spronarci perché dovevamo dare un segno della nostra capacità. Al mondo intero. E poi c'era quell'altro a Roma. Che ce l'aveva messa tutta imponendo di non fare sosta al rientro nelle capitali europee. Bisognava ridurre l'effetto mediatico dell'impresa...perche' Lui era geloso., almeno si sussurrava nelle cabine degli idrovolanti."

Erano partiti il primo luglio 1933 dalla Laguna di Orbetello. La prima tappa era stata Amsterdam. A seguire 

  1. Orbetello-Amsterdam
  2. Amsterdam-Londonderry
  3. Londonderry-Reykjavík
  4. Reykjavík-Cartwright
  5. Cartwright-Shediac
  6. Shediac-Montréal
  7. Montréal-Chicago
  8. Chicago-New York

La crociera aerea del Decennale[1], o crociera Nord Atlantica[2], o ancora "aerocrociera del Nord Atlantico"[3], anche nota come crociera aerea "Italia-America del Nord", "Orbetello-Chicago-New York-Roma" o "II crociera atlantica", fu la seconda ed ultima crociera aerea transatlantica di massa che si tenne tra il 1º luglio ed il 12 agosto 1933.

Venne organizzata da Italo Balbo nel primo decennale della Regia Aeronautica e come occasione di propaganda per la Century of Progress, l'esposizione universale che si tenne a Chicago per il centenario di fondazione della città.

Vi presero parte 25 idrovolanti SIAI-Marchetti S.55X[4], organizzati in 8 squadriglie. A bordo 52 ufficiali piloti, 1 ufficiale ingegnere e 62 sottufficiali specialisti[5]. Ritornarono in Italia in 24 velivoli, essendone stato perso uno nel tragico incidente alle Azzorre (Baia di Horta).(wikipedia)



Cesare Bernazzani viaggiava sulla squadriglia Verde cerchiata 

I-LONG Ο T.C.Pil. Ulisse Longo, Cap.Pil. Ivo De Wittembersky, S.T. Antonio Chiodi (Riserva), S.M.Mot. Guglielmo Ometto, S.M. Cesare Bernazzani

Due furono gli incidenti gravi che funestarono la Crociera.

Il 1º luglio 1933, dopo una tratta di 1.000 km, al primo ammaraggio ad Amsterdam l'idrovolante del capitano pilota Mario Baldini cappottò e il sergente motorista Ugo Quintavalla di Colorno perse la vita.

Già sulla via del ritorno, il 9 agosto 1933 nella Baia di Horta per Lisbona distante 1.440 km, cappottò l'idrovolante del capitano pilota Celso Ranieri provocando la morte del secondo pilota tenente Enrico Squaglia di Lucca e la perdita del velivolo. Giungevano così a sette le vittime avvenute durante questo tipo di crociere che comunque aumentavano il prestigio dell'Italia nel mondo, ma che pure chiedevano un obolo di sangue.

Così come per la crociera aerea transatlantica Italia-Brasile determinante, anche se non pubblicizzato, fu il supporto della Regia Marina. La nave Alice fece supporto logistico nella baia di Cartwright, mentre i sommergibili Balilla e Millelire, entrambi Classe Balilla, e le due dragamine classe Pellegrino MatteucciMatteucci e Biglieri come radiofari.

I mezzi: Savoia-Marchetti S.55X

La scelta degli idrovolanti ricadde sui Savoia-Marchetti S.55X, che rappresentavano un mezzo ormai collaudato a dieci anni dal suo primo volo, agosto 1923[15]. Se la cellula dell'idrovolante restava invariata, i sistemi di bordo venivano sottoposti a diverse modifiche, la principale era rappresentata dall'adozione di motori 18 cilindri a W Isotta Fraschini Asso 750, in sostituzione dei precedenti motori 12 cilindri a V Fiat A.22R installati sugli S.55ª della trasvolata Italia-Brasile.[15]

Arrivati a Chicago gli uomini di Balbo furono sommersi dall'entusiasmo di centinaia di migliaia di persone. A Balbo fu dedicata una importante strada; General Balbo Avenue.

Quando i 24 idrovolanti si trasferirono, volando in formazione, su New York milioni di abitanti della Mela impazzirono per gli italiani. Il trionfo della Broadway l'invito a pranzo del presidente Roosevelt. E poi la partenza ed il ritorno in Patria.

Il 12 agosto 1933 Cesare Bernazzani forni al suo capitano pilota tutte le informazioni di volo per ammarare alla foce del Tevere in formazione insieme agli altri 24 idrovolanti che avevano trasvolato nei due sensi l'Atlantico. Un'impresa che viene tuttora ricordata come un esempio di eccezionale capacita' organizzativa e logistica. Talenti raramente riconosciuti agli Italiani,


Tutto si paga nella vita, soprattutto il successo. La Centuria di Italo Balbo appena rientrata il 12 agosto 1933 in Italia, dopo i tanti festeggiamenti, fu praticamente cancellata dalla storia del Fascismo. I 24 idrovolanti della missione che erano ritornati dopo aver compiuto la missione transatlantica del decennale furono distrutti a Orbetello.

Italo Balbo nonostante i suoi successi personali, ma forse proprio per questo, era inviso al dittatore Mussolini. Che al ritorno del Maresciallo dell'Aeronautica emano' un decreto di nomina a governatore della Libia e della Cirenaica per toglierselo dai piedi. 

Il 28 giugno 1940 mentre Italo Balbo pilotava il suo aereo sopra il cielo di Tobruk venne centrato dalla contraerea dell'incrociatore San Giorgio. Era l'unico aereo che volava in quel momento nel cielo di Tobruk non erano previste incursioni dell'Aeronautica inglese, e ovviamente le autorità centrali di Roma dovettero ammettere che si trattava  di un errore della contraeria italiana.

La moglie, Emanuela Florio, continuo' invece per anni a sostenere pubblicamente che il marito era stato la vittima di un complotto orchestrato da Roma. Minacce sia private che delle autorita' la costrinsero a chiudere la bocca soprattutto per la sicurezza dei figli.

Cesare Bernazzani , divenuto ufficiale, grazie alla sua alta professionalità venne comandato a far parte dell'equipaggio dell'aereo personale del Duce. Morì a 59 anni per le complicazioni scatenate da un ittero.

Oscar

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Grazie Oscar, da non dimenticare.

Iniziative e realizzazzioni fantastiche. Anche a Niagara Falls c'erano targhe e tracce della crociera Nord Atlantica.
Anche mio padre era convinto della tesi di abbattimento su ordinazione. Che tristezza, disgusto, e che  peccato
R..Paolieri
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franco bernazzani

8:14 PM (52 minutes ago)
to me
Che pezzo meraviglioso! A parte tutte le cose belle che hai detto di Papa', ma la descrizione della trasvolata e' superba! Grazie Oscar!
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Grazie  Grandissimo !

Mi  hai  fatto  rivivere momenti  di  gioia che  avevo  vissuto circa  quaranta anni fa  leggendo  il libro  di Giordano Bruno Guerri  "Balbo".

Un  abbraccio !

Andrea Mazzoni