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Dopo la sparata di Berlusconi contro l'Iran

Pubbllichiamo questo articolo ripreso dalla agenzia "Acta Diurna" diretta da Marco Emanuele che fa il punto sull'interscambio economico tra Italia e Iran e le conseguenze per migliaia di aziende italiane dopo la levata di scudi del Premier italiano in visita a Israele.
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"Ecco il lauto giro di affari Italia-Iran, ma si intravede il calo" e' il titolo di un articolo pubblicato da Il Foglio del 3 febbraio 2010: " Le esportazioni italiane verso l'Iran, principale capitolo di spesa nell'interscambio fra Roma e Teheran molto forte sin dai tempi di Khomeini, sono sempre andate crescendo negli ultimi anni. Nel 2006 l'interscambio Italia-Iran e' stato di 5,719 miliardi di euro, l'anno successivo di 6,048
miliardi, per salire a 6,090 miliardi nel 2008. Da tre anni, l'Italia e' seconda soltanto alla Germania nel giro di affari in Europa con il regime iraniano. Nel 2001 le esportazioni italiane verso l'Iran erano a quota 1,995 miliardi di euro. Nel 2002 salgono a 2,300, l'anno dopo sono 2,538 e nel 2004 addirittura 3,172. E cosi' via sempre a salire, fino al calo del 2009. Ieri il presidente del Consiglio Berlusconi da Gerusalemme ha spiegato che
dal 2007 il governo e' impegnato a ridurre gli investimenti in Iran. Il rapporto tra Italia e Iran non e' certo iniziato con Berlusconi. Le relazioni tra Roma e Teheran non si sono mai interrotte, neppure nei momenti peggiori. Come quando negli anni Ottanta l'Iran combatteva contro gli iracheni nelle paludi dello Shatt el-Arab e le imprese italiane furono le uniche che non abbandonarono mai la piazza. Il ministro degli Esteri Franco
Frattini ha annunciato una decrescita degli investimenti italiani in Iran per il 2010. "Paolo Scaroni ci ha dato la sua disponibilita' a incontrare l'amministrazione israeliana", ha detto Frattini, per dimostrare che l'Eni e' pronto a non investire piu' in Iran. La stessa Eni ci conferma che il colosso energetico andra' a esaurire i contratti esistenti e non ne siglera'
altri. Il ministro degli Esteri ha poi spiegato che "la Sace non assicura piu' gli investimenti a Teheran e questo e' un forte disincentivo perche' chi vuole investire lo fa a suo rischio e pericolo". Parlando con il Foglio, il portavoce di Frattini, Maurizio Massari, illustra cosi' il dato del 2009: "Nei primi dieci mesi dell'anno appena trascorso, rispetto allo stesso
periodo del 2008, lo scambio economico si e' ridotto del 39,7 per cento, con un 50 per cento in meno delle importazioni e un meno undici delle esportazioni". La diminuzione degli affari e' dovuta anche a contingenze come il crollo del prezzo del greggio, la crisi finanziaria globale, l'imbarbarimento in Iran dopo le elezioni e le restrizioni poste da Usa e Onu. Resta enorme il giro d'affari fra Italia e Iran, sotto osservazione da parte americana e israeliana. Sono mille le aziende italiane presenti in Iran. A partire dall'avventura alla presidenza di Ahmadinejad, un grande accordo ha riguardato un impianto per la produzione di alluminio realizzato dalla Fata, del gruppo Finmeccanica, del valore di oltre 300 milioni di euro. Nel giugno scorso la Maire Tecnimont ha siglato un accordo di investimenti pari a 200 milioni di euro. Insieme a Russia e Cina, l'Italia ha anche contribuito allo sviluppo del programma aerospaziale iraniano, anche se ha negato di essere impegnata per il futuro lancio di un nuovo satellite artificiale di Teheran, il Mesbah-2. La compagnia italiana Carlo Gavazzi Space ha aiutato l'Iran con il suo sistema di comunicazione satellitare Mesbah, che gli israeliani ritengono possa essere usato per
scopi di intelligence e militari. Nonostante questi rischi, il progetto Mesbah ha avuto il sostegno politico di Roma. L'allora ambasciatore italiano a Teheran, Riccardo Sessa, era presente nel 2003 alla cerimonia di firma dell'accordo. Anche la Guardia Rivoluzionaria - il cui ruolo e' quello di proteggere il regime e addestrare terroristi - ha beneficiato della
progettazione italiana. Le forze di sicurezza paramilitari hanno acquisito la costruzione e il modello della nave chiamata "Levriero" dalla compagnia italiana FB Design, usata dalla nostra Guardia di finanza. Quando i media italiani riportarono la notizia, fondatore e proprietario della FB Design, Fabio Buzzi, e' stato sorprendentemente sincero. "E' vero, non e' un mistero, ho venduto barche e tecnologia agli iraniani", disse nel 2008 all'Ansa. "Abbiamo venduto regolarmente design e tecnologia ai servizi servizi segreti iraniani", ammise. Buzzi disse di aver interrotto gli affari con l'Iran dopo che funzionari americani lo avevano interrogato sulle sue consegne ai pasdaran. In questi anni il business italiano a Teheran ha sempre avuto un forte sostegno diplomatico. Nel consiglio di amministrazione della Camera di commercio Italia-Iran di Roma, a oggi il piu' grande
istituto bilaterale di questo tipo in Italia, siedono non soltanto leader commerciali ma anche ufficiali governativi di alto profilo e da entrambe le parti, fra cui Cesare Ragaglini, ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, Alberto Bradanini, l'ambasciatore italiano a Teheran, Amedeo Teti, direttore delle politiche commerciali al ministero italiano per lo Sviluppo economico, e Fereidoun Haghbin, ambasciatore dell'Iran a Roma, che siede come "portavoce onorario". "

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