Analisi dei costi e dei benefici per le
infrastrutture e le opere pubbliche. Un termine scolastico che va indietro ai
tempi di Giovanni Spadolini e Ugo La
Malfa. C'è voluto un saggio del prof. Marsullo dal titolo
significativo "Il filo di Arianna per un buon governo" per
richiamare il metodo corretto al fine di ammodernare il Paese e favorire la
crescita. Un metodo che la
Banca Mondiale e la
Banca Europea utilizzano con successo da trent'anni per il
finanziamento di programmi e progetti. Ma la politica ha corrotto tutto e
messo in soffitta il "manuale" dei costi e dei benefici, tuttora in
vigore, che dovrebbe servire anche oggi per stabilire quali progetti
finanziare e con quale priorità. Nel 1982 il debito pubblico ammontava a 181
miliardi di euro attuali pari al 63,5% del PIL. Oggi ha superato
l'incredibile cifra di 2040 miliardi pari a oltre il 127% del PIL, il doppio
di trent'anni fa. Nel 1982, Spadolini, primo premier non democristiano,
istituì il "Nucleo di Valutazione" degli investimenti pubblici
(attualmente presso il Ministero dello Sviluppo) diretto da Paolo Savona.
Marsullo definisce il manuale "la pietra miliare" per la
valutazione degli investimenti pubblici. Sarà bene che il governo delle
larghe intese, guidato da Enrico Letta, lo distribuisca a tutti i ministri e
costringa la Ragioneria
generale dello Stato a farne uso immediato ogni volta che cerca la
"copertura" della spesa. Lo faccia facendo rispettare le priorità
derivanti dall'analisi dei costi e dei benefici da parte di tutti i livelli
di governo (Amministrazioni centrali, Regioni, Province, Comuni, Asl ecc.).
Una vera "spending review", per essere seria, deve partire da
questo criterio operativo. Non a caso Paolo Savona, nel presentare il saggio
di Luigi Marsullo, ha ricordato il "principio di equivalenza"
utilizzato per stabilire la fattibilità di un'opera pubblica: "I ricavi
previsti - ha detto - dovevano essere tali da pagare la rata del mutuo".
Se ciò non si verificava allora era lo Stato a dover integrare stabilendo un
criterio di priorità (costi e benefici) rispetto a tutte le altre iniziative
proposte. La Bei,
nell'esame dei vari progetti presentati dagli Stati membri, è in grado di
fare questo tipo di calcoli. Purtroppo in Italia, le opere pubbliche costano
in media due-tre volte la media europea e i tempi di attuazione sono spesso
interminabili in presenza di 5-6 livelli di governo anziché un'unica cabina
di regia. Non solo la contrattazione "politica" tra governo e
regioni paralizza il Paese ma a tutto ciò si aggiunge il ruolo negativo della
Ragioneria dello Stato nel condizionare e frenare l'esecuzione delle opere.
Il problema dei 100 miliardi di debiti che la
PA ha nei confronti delle imprese è sotto gli occhi di tutti.
Il presidente di Confindustria chiede che gli otto miliardi, che emergono
dallo sblocco europeo (è previsto per il 29 maggio) della procedura di
infrazione per eccesso di debito, vengano utilizzati per saldare almeno una
parte di questi debiti (finora solo 20 miliardi sono previsti nel 2013). Accanto
a ciò, la stessa Confindustria deve capire che il tema della "spending
review" non è più rinviabile e deve avere come obiettivo anti-crisi non
tanto quello di spendere meno ma di fare più cose (socialmente utili) con le
stesse risorse.
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