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Un bubbone da estirpare


   
     
   
                                                         
                                                                         di Guido Colomba
 Il neoministro Saccomanni è stato di parola. Ha nominato l'economista Daniele Franco nuovo Ragioniere Generale dello Stato al posto di Mario Canzio. La Ragioneria è una struttura cui fanno capo ben cinquemila dipendenti pubblici che dovrebbero elaborare, controllandolo, il bilancio dello Stato. Canzio, in carica dal 2005 (in sostituzione di Vittorio Grilli) si è lamentato della sostituzione. Eppure i nodi da sciogliere sono innumerevoli a cominciare dal conflitto di interesse (controllori-controllati) poiché alla Ragioneria dello Stato fanno capo incarichi e nomine relative alla aziende di Stato ed gli altri Enti pubblici decentrati. Francesco Giavazzi è intervenuto oggi sul "Corriere della Sera" ricordando che "il fatto che le pubbliche amministrazioni continuino a non pagare quanto devono alle imprese (circa 100 miliardi pari al 6% del Pil) è francamente criminale". La Ragioneria oggi rappresenta un bubbone pieno di erbacce da estirpare. Vediamo perché: 1. Come mai la spesa pubblica è aumentata di 30 miliardi durante la gestione Canzio? 2. Come mai non si conosce nei dettagli il debito dello Stato verso imprese e fornitori tanto che la Ragioneria ha chiesto il soccorso della Banca d'Italia? 3. Perché la Ragioneria ha tirato il freno a mano anche nell'ultima settimana cercando in tutti i modi di rinviare l'attuazione del decreto Monti che rimborsa in due anni i primi 40 miliardi (di cui 20 nel 2013) sui cento dovuti alle imprese? 4. Come si raccorda questa situazione con la denuncia formulata ieri dal presidente del Senato Grasso contro le lobby al soldo delle multinazionali? Già durante il governo Monti sono circolate insistenti voci di attacchi preordinati contro aziende strategiche italiane (Eni-Saipem, Finmeccanica ecc.) classificabili come esempi di concorrenza sleale o peggio ancora. Forse c'è veramente troppa polvere sotto il tappeto. Altrimenti il rischio è la Francia del '36. Cosa dice il Documento economico e finanziario (Def), ultimo atto del governo Monti? Mario Baldassarri, ex viceministro dell'Economia, fa riferimento ai 100 miliardi di entrate in più rispetto al 2012 raggiungendo nel 2017 gli 852 miliardi di euro. Il nuovo debito scenderà dai 48 miliardi del 2012 a 18 miliardi, cioè di 30 miliardi. Dove vanno gli altri settanta miliardi di maggiori entrate? E' previsto un aumento di 75 miliardi di spese correnti e una diminuzione di 5 miliardi di spesa in conto capitale. Altro che riduzione del perimetro della spesa pubblica. Ecco perché è fallita la "spending review" di Monti con la conseguente cacciata di Bondi (il risanatore di Parmalat) né è stato attuato il rapporto Giavazzi, pur commissionato dal governo tecnico, che annullava gli aiuti a pioggia dello Stato per concentrare gli incentivi in una razionale visione di politica industriale. Secondo Baldassarri ciò significa che "il Pil del 2007 dovrebbe recuperare nel 2019 e la disoccupazione del 2007 verrebbe recuperata nel 2020". La risposta di Giavazzi è molto più concreta poiché, citando il comunicato del 18 marzo scritto dai due vicepresidenti (Rehn e Tajani) della commissione europea "la maggior parte dei debiti commerciali della PA (esclusi quelli per investimenti) sono già registrati "per competenza" nei conti pubblici. In pratica il Tesoro, per pagare, emetterà titoli pubblici senza cambiare il debito corrente ma alzando lo stock del debito. Restano fuori circa 20 miliardi, il che significa che la somma rimborsabile senza effetti sul deficit è di circa 80 miliardi. Perché allora la Ragioneria continua a parlare di mancanza di copertura e si inventa 36 passaggi burocratici prima che una impresa ottenga il rimborso nell'ambito dei primi 20 miliardi del decreto Monti? Eppure l'impatto di 80 miliardi di rimborso, pari al 5% del Pil, nel circuito dell'economia reale avrebbe un effetto moltiplicatorio gigantesco. Purtroppo i guasti provocati dalla Ragioneria sono molto radicati. Essa infatti ha tollerato una continua confusione tra spese di cassa e spese di competenza. Quegli 80 miliardi di spese di competenza sono stati classificati quasi sempre come spese di cassa. Questo è il pasticcio che la Ragioneria non vuole confessare. Vi sono responsabilità da accertare al più presto possibile. Se necessario è bene spiegare alla Commissione europea come stanno le cose e trovare subito un rimedio. (Guido Colomba)