Alberto Pasolini Zanelli
Una Germania in
piccolo, una “seguace” non un leader. Una “imitazione” a ruoli, forse,
capovolti. Ma soprattutto un test. L’Austria che va oggi alle urne per
rinnovare il Parlamento è infatti la prima nazione ad avere l’occasione di
esprimere, oltre alle preferenze e scelte del “mercato” interno, un giudizio e
dei sentimenti dopo il test elettorale tedesco che, una settimana prima, ha
consegnato ad Angela Merkel la sua terza laurea ad honorem. A Berlino si deve
ancora decidere quale governo uscirà dalle consultazioni del lunedì mattina,
quale coalizione raccoglierà l’eredità, non certo troppo ardua, della
maggioranza democristiana-liberale che ha governato la Germania negli ultimi
quattro anni e che ha, scegliendo la continuità, impresso invece una svolta ai
Paesi vicini, soci, collaboratori o “vittime” dell’era di austerità germanocentrica
che potrà cambiare la faccia dell’Europa, le sue aspettative, le sue regole, le
sue speranze.
Non che l’Austria
sia un “campione” indicativo degli umori continentali: i suoi legami con il
vicino del Nord sono antichi, robusti, ineguagliati e ineguagliabili;
nell’Europa “a due velocità” emersa dalla “crisi del debito” pochi hanno motivi
di soddisfazione: lo dimostra fra l’altro la statistica della disoccupazione, che
è aumentata ovunque tranne che in Germania e in piccoli Paesi come il
Lussemburgo. L’Austria è un caso a parte, sospesa. Non si è arrampicata e non è
affondata. Non è tranquilla ma non è angosciata. Deve, semplicemente, risolvere
certi suoi problemi strutturali, ma è psicologicamente preparata. Non è certo a
Vienna che nascerà un nuovo focolare di contestazione alla leadership di
Berlino.
Anche il quadro
politico è molto simile. In Germania si sono affrontati il 22 settembre otto
partiti su scala nazionale, quattro dei quali sono entrati nel Bundestag e
quattro no. In Austria una settimana dopo i concorrenti sono nove e potrebbero
farcela in cinque. L’“ordine d’arrivo” sarà simile, con una differenza
importante: i tedeschi hanno collocato al primo posto i democristiani e al
secondo i socialdemocratici, gli austriaci potrebbero fare il contrario. Di
conseguenza la Grande Coalizione che si profila a Berlino potrebbe non avere
alternative a Vienna. È anche diversa la sua storia: le alleanze fra
democristiani e socialisti tedeschi sono nate ogni volta da situazioni di
emergenza, almeno parlamentare, e costituiscono l’eccezione. In Austria esse
sono la regola nel secondo dopoguerra, dettata dalle tragiche esperienze
successive alle prime fra la caduta dell’Impero Asburgico e l’Anschluss hitleriano.
Spo e Ovp si presentano alle urne già al potere assieme, con eccellenti
prospettive di mantenere, sommate, una forte maggioranza parlamentare. Le
alternative, che a Berlino sono poche, difficili e necessarie, sono a Vienna
possibili, difficili, controverse. All’alleanza fra Cdu e Spd al Bundestag
possono concorrere due altre formule imperniate sul partito più conservatore: socialdemocratici
o Verdi. C’è una teorica maggioranza di sinistra, che però dipenderebbe dai
voti comunisti ed è quindi da escludersi; i dc austriaci potrebbero invece
governare con l’appoggio di partiti alla loro destra, i nazional-liberali
sopravvissuti alla leadership del defunto Joerg Haider e il Team Stronach,
fondato da un eccentrico magnate austro-canadese che propone fra l’altro la
reintroduzione della pena di morte. I socialdemocratici potrebbero a loro volta
ricorrere all’appoggio dei Verdi, ma soprattutto come “bilancia” alla
cooperazione con i democristiani.
I temi del dibattito
sono stati soprattutto economici, sulla scia del governo attuale che ha posto
come traguardo un deficit zero entro il 2016, da ottenere eventualmente anche
con l’introduzione di una tassa sulla casa. Il tema economico è anche in
Austria dominante, mentre gli atteggiamenti dei partiti sull’Europa sono
differenti dai tedeschi: i partiti di sinistra a Vienna sono filoeuropei mentre
il campo degli euroscettici è coltivato dai nazional-liberali e dai due
movimenti alla loro destra. Essi raccoglieranno i voti di protesta, che
dovrebbero però avere dimensioni modeste. Così come limitate si prevedono le
perdite di consensi dei due partiti maggiori e, dunque, delle loro ritrovate
nozze.